Scozia: attacchi alla cristiana Forbes, avanti nei sondaggi
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Sono tre i candidati alla leadership dell'Snp: il vincitore è destinato a succedere alla premier scozzese dimissionaria Nicola Sturgeon. I media attaccano Kate Forbes, “rea” di difendere il matrimonio. Il primo ministro uscente sostiene il musulmano - pro “nozze gay” - Humza Yousaf.
Saranno tre i candidati alla leadership del Partito nazionale scozzese (Snp, nell’acronimo inglese): il vincitore dovrebbe essere nominato primo ministro al posto della dimissionaria Nicola Sturgeon. Ieri, a mezzogiorno, si sono chiuse le candidature alla carica.
I tre candidati sono il segretario scozzese alla Sanità, Humza Yousaf; la segretaria alle Finanze, Kate Forbes, e l'ex ministro per la Sicurezza delle comunità Ash Regan. Il voto, già ci sono contestazioni, si svolgerà nelle sezioni di partito e il risultato sarà annunciato solo il prossimo mese, il 27 marzo. La campagna elettorale è stata finora dominata, a pochi giorni dalle dimissioni della Sturgeon (di cui vi abbiamo descritto le ragioni sulla Nuova Bussola), da un accanimento stomachevole contro la candidata trentaduenne Kate Forbes, per le sue opinioni su matrimonio gay, transgender e aborto. Prima ancora che la Forbes annunciasse formalmente la sua candidatura, i media discutevano furiosamente sulla questione centrale della sua candidatura: cosa pensa la Forbes del sesso prematrimoniale, delle riforme educative pro-Lgbt, dell’aborto? Kate Forbes crede (come la maggior parte delle persone nella storia dell'umanità) che il matrimonio sia tra un uomo e una donna e che non si possano introdurre privilegi verso le persone transessuali a scapito dei diritti di bambine, ragazze e donne.
La Forbes, membro della Chiesa Libera di Scozia, era e rimane in vantaggio sui concorrenti, anche dopo aver dichiarato che non avrebbe votato a favore del cosiddetto “matrimonio omosessuale”, legalizzato in Scozia nel 2014. Le polemiche suscitate sull’aborto, sul fatto che avere figli al di fuori del matrimonio è sbagliato e che una “donna trans”, in realtà, è biologicamente un uomo, non hanno per nulla ridotto i suoi consensi tra gli elettori del partito; ma certo per l’establishment, le lobby Lgbt e i mass media la Forbes è diventata la nemica da abbattere. Nel sondaggio condotto da Opinion Matters e reso noto ieri, a cui hanno risposto gli elettori dell’Snp e i membri del partito che voteranno il prossimo leader, la Forbes ha ottenuto il 28% dei consensi, con un vantaggio dell’8% su Yousaf e del 7% sulla Regan, ma ancora un terzo degli elettori è indeciso. La Forbes, difesa a spada tratta in questi giorni sia dalla Chiesa cattolica scozzese sia dalla Chiesa Libera di Scozia, si dice assolutamente certa che sia «possibile essere una persona di fede e difendere i diritti degli altri a non avere fede o ad avere una fede diversa» e, al momento, lo crede anche la maggioranza dei suoi elettori.
Le polemiche feroci sulla morale cristiana della Forbes sono la conseguenza della grottesca discriminazione di qualunque testimonianza della cultura cristiana, una cultura inaccettabile per la società il-liberale contemporanea. Non a caso, nella Scozia che è stata stravolta da Nicola Sturgeon per un ventennio, si registra un sistematico sradicamento della religione in generale e della fede cristiana in particolare (nel 2011 il 53% delle persone in Scozia si identificava come cristiano, mentre nel 2022 tale percentuale sarebbe scesa al 33%).
Di fatto il modello dottrinale, sociale e civile imposto dalla Sturgeon - sostenuto dalle lobby Lgbt e abortiste e diffuso in gran parte dei Paesi occidentali - stabilisce che i politici debbano dimostrare di non avere convinzioni cristiane e/o di sapervi abiurare prima di poter ricoprire un’alta carica pubblica e, talvolta, poter sedere in parlamento. Lo stiamo vedendo col trattamento riservato sinora a Kate Forbes, ma sin dai tempi del “caso Buttiglione” nel 2004, sono ad oggi molti gli esempi e i fatti che provano la progressiva marginalizzazione e discriminazione dei cristiani.
La signora Ash Regan, altra candidata, si è dimessa dalla carica di ministro per ragioni di coscienza, la prima volta che questo avviene nella storia del governo scozzese: lo ha fatto lo scorso 27 ottobre, dopo la discussione parlamentare e le votazioni sul Gender Recognition Reform Bill (normativa sull’autoidentificazione del genere sessuale), dicendo di essere incompatibile con un governo che decide di mettere in pericolo le donne e i loro diritti. Nell’annunciare la sua candidatura ha dichiarato al Sunday Mail che, con lei alla guida, «i diritti delle donne non saranno mai compromessi» e che si concentrerà sui servizi pubblici e sull’economia piuttosto che su «nuove leggi che ostacolano le imprese e interferiscono con la vita familiare».
Il terzo candidato, sostenuto fortemente dalla Sturgeon, è l’islamico Humza Yousaf, che ha votato a favore della legge sull’autoidentificazione del genere e ha detto di essere «un sostenitore del matrimonio egualitario, orgoglioso di esser musulmano» e di non considerare la fede come fonte d’ispirazione per l’impegno politico. Tuttavia, oltre ad essere al centro delle polemiche furenti sulla gestione del sistema sanitario scozzese e delle emergenze post-Covid, Yousaf è stato deliberatamente assente dall’aula nel 2014 in occasione dell’approvazione delle “nozze gay”. Intanto, è l’intera famiglia Sturgeon sotto accusa: oltre all’appoggio dell’attuale premier a Yousaf, la candidata Ash Regan ha denunciato il «chiaro conflitto di interessi» di Peter Murrell, marito di Nicola Sturgeon e amministratore delegato dell’Snp, che sarà il responsabile della gestione delle elezioni. Una gestione che appare sempre più familistica.