Leggi per i trans e contro le religioni, cade la premier scozzese
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Nicola Sturgeon, longeva premier scozzese, si è dimessa perché ha fallito la sua missione: Londra ha bocciato le leggi gender e il referendum per l'indipendenza. Coccolata dalla stampa internazionale, ha fatto della Scozia un laboratorio progressista: matrimoni per "tutte le coppie", eutanasia, aborto libero. E ha provato, senza riuscirci, a imporre una legge sperimentale sull'auto-identificazione del sesso, senza consulto medico o dei genitori.
- FAVALE: GENDER, IDEOLOGIA PERICOLOSA di Luca Marcolivio
Nicola Sturgeon, longeva premier scozzese, si è dimessa perché ha fallito la sua missione: la bandiera nazionale rimane la ‘croce di Sant’Andrea’ e non l’arcobaleno e non ci sarà nessun referendum per l'indipendenza. Il 15 febbraio la leader indiscussa del partito nazionalista scozzese (SNP), al governo negli ultimi 8 anni come premier e vice-premier, nonché ministro per buona parte degli otto anni precedenti (dal 2007), ha lasciato il suo incarico. Il mondo globalista, favorevole alle nuove ideologie gender e alla decomposizione del Regno Unito, ha definito la decisione “improvvisa” e frutto della “politica brutale” che avrebbe segnato gli ultimi mesi di governo in Scozia.
La conferenza stampa della Sturgeon a Edimburgo lo ha dimostrato in modo convincente: ha descritto la sua decisione in termini che la fanno apparire come una specie di martire. Ma non è affatto così e la sua permanenza ‘dietro le quinte’ potrebbe aggravare le decisioni assurde da lei prese in questi anni. Nel suo discorso integrale, ripreso parzialmente dal comunicato ufficiale del sito del Governo, la Sturgeon ha mostrato per l’ennesima volta il proprio egocentrismo ripetendo 153 volte le parola "io", "me" e "mio" e solo 11 volte il nome della patria che governa: la Scozia. Si è detta convinta della giustezza della sua decisione di dimettersi per sé, per il proprio partito e per il Paese. Le ragioni delle dimissioni, nell’edulcorata versione della Sturgeon, a cui nemmeno i giornali di sinistra hanno creduto (The Guardian, Politico, DW, El Pais ed in parte NYTimes, LeMonde, Repubblica e La Stampa) non sarebbero gli schiaffi ricevuti dal governo britannico che ha stoppato la demenziale legge di auto-definizione della sessualità (intercambiabile e temporanea), né la decisione della Alta Corte di Londra di bocciare sul nascere l’ennesimo tentativo di celebrare un referendum di secessione dal Regno Unito, né la calante popolarità. Per la Sturgeon, “...la decisione deriva da una valutazione più profonda e a lungo termine... ci sto lottando... da alcune settimane”. Lungo termine, alcune settimane?
Certo in molti altri passaggi del suo discorso le ragioni accampate per le dimissioni sono sufficientemente ridicole: “fare la zia”, “prendere un caffè con gli amici”, “fare una passeggiata da sola”... “la responsabilità di guidare il Paese nel periodo del Covid”. A sentire la Sturgeon, quindi, il suo gesto è per “depolarizzare un po' il dibattito pubblico, per concentrarsi più sulle questioni che sulle personalità”, ma la Premier non intende lasciare la politica. Anzi, rimarrà a compiere la sua “missione nazionale” a “favore dei giovani, dei bambini e... per la conquista dell'indipendenza ”.
In realtà Nicola Sturgeon non aveva molte alternative alle dimissioni e non c’era bisogno di ricordarsi di essere “zia” di nipoti adolescenti, cresciuti sinora senza la sua presenza, o del piacere di stare con amici o quello di fare passeggiate. In realtà, in vista delle prossime elezioni nel Regno Unito (2024) e, soprattutto, per il rinnovo del parlamento scozzese nel 2026, la premier Sturgeon ha preso atto di ciò che da mesi dimostrano i sondaggi: eletta nel 2021, dopo meno di due anni, 4 scozzesi su 10 volevano le sue dimissioni. Dopo decenni di potere assoluto dell’SNP, nelle scorse settimane si è registrato un 53% di contrari all'indipendenza contro un 47% di favorevoli. Un momento difficile per la causa, “la triste verità è che né il nazionalismo scozzese né l'unionismo britannico sono abbastanza forti da trionfare - non a causa di qualche problema di personalità, ma a causa di profonde debolezze strutturali da entrambe le parti”, scriveva ieri l’editorialista politico della rivista Unheard Tom McTague.
Certo la Sturgeon ha cercato, ed in parte è riuscita, di controllare la narrazione, ma ha anche mostrato le incoerenze del racconto: il fallimento del tentativo di un nuovo referendum indipendentista (bocciato nel novembre scorso dalla Corte Suprema del Regno Unito), le polemiche di genitori e femministe, la forzata approvazione (con alcuni ministri e pezzi del suo partito contrari) della Legge Trans e la successiva bocciatura senza appello del governo di Londra. Inoltre, tutti i leader religiosi scozzesi ed i fedeli ben ricordano le misure eccessive e limitanti della libertà religiosa imposte dal governo a causa Covid, così come le proposte sostenute dalla premier a favore dei matrimoni per “tutte le coppie”, l’eutanasia, l’aborto libero. Gli e le scozzesi sanno come la Sturgeon abbia sempre imposto l’ideologia LGBTI come fosse la ‘dottrina di Stato’: nelle scuole, senza il consenso dei genitori, le cliniche di “transizione di genere”, fino alla nuova legge sulla auto-identificazione del sesso, senza consulto medico o dei genitori, che ha diviso il paese sin dallo scorso autunno, denunciata anche dall’Onu a novembre e poi bocciata il 16 gennaio dal governo di Londra.
Hanno lasciato il segno le polemiche dei giorni scorsi sull’ennesimo stupratore maschio condannato (Adam Graham) che si dichiarava femmina (Isla Bryson) per essere condotto in un carcere femminile e poi (a seguito dell'insolita protesta della polizia, responsabili delle carceri e stampa internzionale) trasferito in un carcere maschile, con tardiva decisione del governo scozzese. Nicola Sturgeon ha un suo elettorato affezionato, fatto di multinazionali LGBTI e lobby trans, che non solo ne hanno esaltato la determinazione, ma hanno già messo in guardia il partito SNP: “seguite il percorso della Sturgeon e non fate scherzi!”