Satnam, il cinismo svela l'altra faccia dell'accoglienza
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La morte del bracciante Satnam Singh rivela l'abisso di disdegno verso la persona a cui può arrivare il cuore dell'uomo. Ma impone di riflettere anche sull'altra faccia dell'accoglienza, che alimenta schiavi a 4 euro all'ora.
Il modo in cui il giovane bracciante Satnam Singh è morto dopo essere stato amputato da una macchina agricola nelle campagne di Latina fa inorridire. Attualmente Antonio Lovato, il datore di lavoro del trentunenne indiano, che era in Italia con la moglie senza un permesso regolare di lavoro, è indagato per omicidio colposo dalla procura laziale. Sarà dunque il procuratore generale Giuseppe De Falco a fare luce sulla dinamica dei fatti e sul grado di eventuale o parziale omissione di soccorso che il giovane ha subìto dopo essere stato letteralmente scaricato a casa e non in ospedale.
Di certo c’è che Satnam è stato abbandonato a casa in fin di vita e con il braccio in una cassetta quando ben diversi dovevano essere i soccorsi. Ad esempio, allertando subito il 118 e a poco serve la giustificazione del datore di lavoro, e cioè che fosse nel panico e che la moglie continuasse a dire «casa, casa». Oppure, come tentando di giustificarsi ha detto il padre del titolare, che «io gliel’avevo detto di stare lontano da quella macchina, ma lui ha fatto di testa sua. È stata una leggerezza», quasi a voler scaricare sul poveretto la colpa di essersi cercato l’amputazione del braccio nella macchina stendi teli per le cocomere e i meloni. Parole choccanti che denotano un cinismo e un’insensibilità preoccupanti.
Sono giustificazioni che in uno Stato di diritto come il nostro potranno essere ben presto inquadrate. Perché l’Italia è ancora uno Stato di diritto e c’è da stare certi che la sua morte, che ha suscitato una profonda reazione non solo nel sindacato, ma anche tra i ministri (Lollobrigida e Calderone tra i primi), non resterà impunita.
Proprio perché questo è uno stato di diritto, però, non si può fare finta di nulla sul tragico cinismo che questa vicenda rivela.
È sconcertante come il cuore dell’uomo possa spingersi ad abissi tali di insensibilità. Al di là delle indagini che faranno il loro corso e metteranno chiarezza i fatti, è evidente che in questa omissione di soccorso ha giocato una partita importante il cinismo umano che si è fatto ormai irrazionale, privo di pietà e che denota una mancanza di rispetto verso la dignità di ogni persona che si riflette nella perdita di ogni riferimento morale e religioso verso l’intangibilità umana. Perché ogni uomo è un riflesso di Dio e come tale va guardato. Il fatto che ci siano italiani che con sufficienza scaricano sul portone di casa dei poveretti con il braccio amputato e li lascino morire così, è rivelatore di una crudeltà che è andata ben oltre il disinteresse umano per trasformarsi in bieco utilitarismo.
Il Cristianesimo ha portato nella cultura pagana proprio questo innesto di dignità verso la persona prima assente, che ha fatto progredire l’umanità per duemila anni eliminando la schiavitù. Oggi questa linfa, abbandonato il messaggio evangelico più genuino, si sta spegnendo e i risultati prim’ancora che nell’economia si vedono nel cuore dell’uomo.
Proprio perché questa vicenda rivela l’abisso di mancanza di dignità umana, bisogna però d’altra parte anche constatare un fatto che è sotto gli occhi di tutti e che sta sfuggendo nell’emotività del momento. Il povero Satnam era arrivato con la moglie dall’India, ma era clandestino. Quindi non era in regola con il lavoro, che perciò non poteva essere lavoro, ma era caporalato vero e proprio, sfruttamento a 4 euro all’ora senza alcun tipo di copertura assicurativa, formazione professionale, tutele previdenziali etc…
Certo, può essere anche vero che gli era stato detto di non avvicinarsi alla macchina, ma chissà i vincoli della lingua o di una mancata formazione professionale possono aver inciso anche in un comportamento errato sul lavoro. Ma non è colpa della povera vittima, bensì di chi, approfittando della sua condizione di indigenza e debolezza, lo ha sfruttato a 4 euro all’allora servendosi di un fenomeno sociale increscioso che si chiama sfruttamento di manodopera clandestina, altrimenti detto schiavismo moderno. Una piaga contro cui la Cgil protesta giustamente da tempo, ma che si fatica a individuare in una delle sue cause originarie.
Oggi che serve per corroborare la tesi dell’abbandono, fa comodo chiamare Satnam un “irregolare”, un “clandestino”. Però non si usa lo stesso metro per chiamare “irregolari” o “clandestini” i tanti Satnam che arrivano sulle nostre coste e che una politica dell’accoglienza scriteriata fa sbarcare secondo i collaudati metodi che passano anche dagli interessi di scafisti senza scrupoli. Lì non sono clandestini, ma per i giornali sono migranti da far sbarcare senza regole d contenimento. Purtroppo, però, la vicenda di Latina ci mostra che i clandestini, se non cadono nelle braccia dei vari racket in mano alla malavita, finiscono a raccogliere meloni a 4 euro all’ora.
È una spietata legge di mercato che vede un’offerta così scadente a fronte di una domanda così alta dal sistema dell’accoglienza.
Ecco l’altra faccia dell’accoglienza. Se non ci fossero sul mercato disperati pronti a lavorare come schiavi nessun datore di lavoro si permetterebbe di assumere le persone a 4 euro all’ora e se questo accade non è solo per il cinismo di negrieri delle campagne senza scrupoli, ma perché un mercato dell’accoglienza permette loro di spingersi a farlo vista la quantità di manodopera a basso costo che viene sbarcata settimanalmente nel nostro Paese con il timbro di benvenuto: arrangiatevi.
Satman è arrivato a toccare con mano l’ultima tappa di una filiera dell’indegnità umana che inizia sulle coste africane - o in Asia nel suo caso - e, con la compiacenza di professionisti dell’immigrazione, compie tutto il percorso per far arrivare schiavi freschi per il mercato.