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il ministro e i vaccini

Sarà anche un tecnico, ma fa politica: a chi risponde Schillaci?

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Schillaci rivendica il suo primato di tecnico per sottrarre la Salute al dibattito politico. Il solito gioco del tecnico prestato alla politica. Ma anche la Salute è politica. A chi risponde il ministro della Salute?

Editoriali 15_09_2025

Ma insomma: a chi rende conto il ministro della Salute Orazio Schillaci? Chi sono – per usare un termine a lui caro – i suoi stakeholders? I suoi portatori di interessi? La domanda viene quasi automatica dopo aver letto il suo colloquio – definirla intervista è troppo generoso – con il Messaggero pubblicato sabato. Perché è da lì che si capisce che l’estate bollente del titolare della Salute, prima con il caso Nitag e poi con la sua assenza al Meeting di Rimini, ha lasciato degli strascichi.  

Si lascia sfuggire un “io sono tranquillissimo, vediamo cosa succede”, che fa chiaramente intendere che il suo ruolo dentro l’esecutivo lo percepisce ben diversamente da quello dei suoi colleghi in Consiglio dei ministri. Rivendica il suo essere un tecnico e con lo sprezzo tipico dei tecnici che abbiamo già visto nei Monti e nelle Fornero, prende le distanze da quella politica che invece lo ha messo lì a governare le politiche sanitarie del Paese.  

Ha detto cose tipo “la salute andrebbe tolta dall’agone politico” e “la salute è il tema che più interessa alle persone”. Oppure ha rivendicato che “la sanità è di tutti e non dovrebbe essere politicizzata”. Però inciampa – e si vede che la stoffa del politico non ce l’ha - nel nascondersi dietro la politica quando gli si chiede se rivedrà gli obblighi vaccinali della Lorenzin: “Non se ne parla, non è nel programma politico e nessuno me ne ha mai parlato”. Dunque, la politica evidentemente gli fa comodo se c’è da difendere le sue opinioni in materia di vaccini.  

Argomento, quest’ultimo, che cerca di schivare senza portare elementi di competenza, la stessa competenza che rimprovera di non avere a Paolo Bellavite e Eugenio Serravalle (i due medici sui quali è piovuta addosso la vicenda Nitag), che dice di non conoscere nemmeno mentre con la sicumera di chi sa di avere qualcuno in alto che lo protegge afferma che “di vaccini e di vaccinazione deve parlare chi conosce la materia”. Il fatto è che Bellavite sui vaccini ha una competenza certificata da numerose pubblicazioni scientifiche al suo attivo, mentre la maggior parte delle nomine nel Nitag non ne aveva e nemmeno la gran parte di coloro che, dando vita alla grancassa mediatica contro di lui, lo hanno affossato a colpi di no vax.  

A proposito, neppure Schillaci dal suo curriculum universitario sembra avere particolare competenza in ambito vaccinale, eppure può con certezza affermare che “il mondo scientifico ha le sue regole”. Ma nelle sue regole c’è anche il confronto tra esperti, proprio quello che Schillaci ha certificato di non voler favorire.

Dunque, si torna sempre al quesito iniziale: a chi risponde Schillaci? Non sembra voler rispondere alla maggioranza di centrodestra né al premier Giorgia Meloni con la quale presto o tardi dovrà confrontarsi.

Il fatto è che le sue parole svelano senza ombra di dubbio che il tecnico prestato alla politica non accetta ordini di partito, ma non basta schermarsi dietro alla salute, che non deve diventare argomento politico. E chi lo ha detto? La salute, invece è argomento politico eccome, perché la politica riguarda proprio ciò che interessa alle persone, come lui romanticamente afferma. Così come riguardano le persone le politiche economiche e quelle sulle infrastrutture del Paese, tutto è politica dentro un esecutivo di governo perché tutta la politica è riferita al bene comune.

Non era forse politica la decisione di non sottoscrivere il trattato pandemico dell’Oms che pure il ministro ha portato avanti? E non era politica la decisione di cancellare le multe ai cittadini over 50 sprovvisti di Green pass? Certo che era politica, come è politica il riuscire o meno a ridurre le liste d’attesa o il volere o no una riforma del Servizio Sanitario Nazionale che ridisegni il ruolo dei medici di base.

Solo che il suo essere sganciato dai partiti lo mette al riparo da qualunque critica, da ogni tipo di equilibrio e gli dà il vantaggio di non sporcarsi le mani con quella politica che invece è la sola ragione per la quale questo professore universitario fino a ieri sconosciuto è diventato ministro.

Certo, a qualcuno, se non a Meloni, dovrà pur rendere conto. C’è chi dice il Presidente della Repubblica e forse la cosa non sarebbe poi così strana. Del resto, si sa che Sergio Mattarella sia stato il principale sostenitore delle politiche vacciniste durante la pandemia, tenace sostenitore contro ogni evidenza scientifica dell’utilità del Green pass, colui che disse “non si invochi la libertà per sottrarsi alla vaccinazione”. Non sarebbe certo la prima volta che l’inquilino del Quirinale si mette a protezione di un ministro che non piace alla compagine politica di un Governo.

Solo che stavolta è quanto mai chiaro che Schillaci non può portare avanti le proposte politiche di Fratelli d’Italia e Lega in tema di libertà vaccinale, ma non perché la “scienza ha le sue regole”, ma solo perché Orazio Schillaci, di professione ministro della Salute, è espressione di un’altra politica, la stessa, guarda caso, che ha governato l’Italia in pandemia, creando la “gestapo” vaccinista e l’insabbiamento dei numerosi danneggiati da vaccino, fantasmi nel Paese mai incontrati da Schillaci. E questa non è la posizione di un tecnico, ma di un politico. Anzi, di un politicante, se proprio vogliamo essere precisi.