Sant’Antonio Abate all’Esquilino, una storia ricca
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Vicino a Santa Maria Maggiore, la chiesa di Sant’Antonio Abate all’Esquilino si trova in un’area dove sorgeva una basilica del IV secolo. L’interno è decorato con affreschi che raccontano la vita di sant’Antonio.
Un piccolo slargo vicino alla grande piazza della basilica romana di Santa Maria Maggiore; un popoloso andirivieni di turisti che si dirigono verso la vicina stazione ferroviaria di Roma Termini affolla quest’area urbana che sembra quasi nascosta in confronto a quella della più nota delle basiliche dedicate alla Vergine Maria: è questo lo scenario che si apre attorno alla chiesa di Sant’Antonio Abate all’Esquilino. La storia di questo piccolo luogo di culto, dedicato al santo di cui oggi ricorre la memoria liturgica, è colma di episodi che si intrecciano con la storia della città di Roma. Una storia che nel corso dei secoli ha visto questo luogo oggetto di diverse trasformazioni.
L’area in cui si trova la chiesa di Sant’Antonio Abate all’Esquilino è quella dove sorgeva un’antica basilica romana del IV secolo fatta costruire da Giunio Basso, un consul ordinarius, secondo l’iscrizione sulla lastra di marmo risalente proprio alla basilica originaria: «IUNIUS BASSUS V.C. CONSUL ORDINARIUS PROPRIA IMPENSA A SOLO FECIT ET DEDICAVIT FELICITER». Successivamente la basilica venne trasformata nella chiesa di Sant’Andrea Catabarbara e, vicino a quest’ultima, sorse poi l’ospedale omonimo. Dell’originaria struttura ospedaliera rimane solamente il portale romanico inserito nella facciata della chiesa di Sant’Antonio Abate. L’ospedale venne creato nel 1259 per volere del cardinal Pietro Capocci: serviva ad accogliere i malati affetti dalle malattie della pelle e, in particolare, di coloro che soffrivano del cosiddetto “fuoco di Sant’Antonio”.
Fin qui, quella che potrebbe considerarsi la preistoria dell’attuale chiesa. La grande trasformazione del luogo sacro avvenne nel 1308, sotto il pontificato di Bonifacio VIII. La chiesa di Sant’Antonio Abate «fu fondata et eretta l’anno 1308 sotto il regno di Filippo IV re X.mo sopra la piazza di S. Maria Maggiore», così scrive l’archeologo e storico Mariano Armellini nel suo Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX. Su questa prima chiesa eretta nel 1308 le notizie sono poche e confuse. L’unica notizia certa è la presenza di una cappella dedicata al Santissimo Sacramento.
Nella storia di questa piccola chiesa un ruolo fondamentale lo ebbe padre Charles Anisson, priore dell’ordine degli Antoniani. Il priore, nel 1593, trovò il luogo sacro in forte degrado. Fu così che bandì un concorso per una nuova cappella da far costruire sul lato destro dell’ingresso. Il concorso venne vinto dall’architetto Domenico Fontana che progettò per la cappella un impianto architettonico sobrio, elegante, che molto ricorda lo stile delle ville padovane del Palladio.
Ma l’opera maggiore di padre Anisson fu quella di far decorare l’interno della chiesa con delle storie del santo anacoreta egiziano: fece giungere a Roma un antichissimo libro in cui erano custodite delle preziose miniature con scene di vita di sant’Antonio Abate. Il libro era costituito da 200 miniature di formato 18 x 20 centimetri. Saranno queste miniature ad essere d’ispirazione ai due pittori chiamati a decorare la chiesa: Nicola Pomarancio e Giovanni Battista Lombardelli. Quest’ultimo, in particolare, raccontò grazie ai suoi colori i punti salienti della vita di sant’Antonio: gli affreschi da lui creati sono disposti sul lato destro della chiesa e interessano tutta la navata. Terminano con la scena della morte del santo. Ci troviamo di fronte, dunque, a una sorta di biografia pittorica: La vittoria sul diavolo nero in figura del bambino orrendo; La guarigione di un indemoniato; La caccia dei rettili, questi sono solo alcuni titoli del ciclo di affreschi. Importante ricordare che questi dipinti saranno poi restaurati da un artista ignoto nel XVIII secolo.
La chiesa è stata sottoposta nel tempo a diversi lavori di ristrutturazione. Molto è stato rielaborato nel XVIII secolo: nel 1724, venne costruito il coro; e sempre dello stesso secolo è il magistrale affresco de La Crocifissione ad opera di Giovanni Odazzi; inoltre, alle raffigurazioni del santo eseguite da Pomarancio e Lombardelli, si aggiunsero La nascita di S. Antonio e S. Antonio fanciullo eseguite da autori ignoti. Dopo lo scioglimento dell’ordine degli Antoniani, la chiesa venne affidata ai Camaldolesi e, successivamente, alle Suore della Carità.
Dal 1932 la chiesa è stata affidata ai sacerdoti russi di rito bizantino che detengono ancora oggi il luogo di culto. A seguito di questa nuova destinazione sono sopraggiunti altri lavori: il coro è stato isolato da un’iconostasi, opera del pittore russo Grigorij Pavlovic Maltzeff. Inoltre, gli spazi dell’antico ospedale sono stati trasformati per accogliere il Collegio Pontificio Russicum, centro dedicato agli studi sulla cultura e la spiritualità russa e orientale affidato alla Compagnia di Gesù.