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IL BELLO DELLA LITURGIA

Sant’Anna, la grazia di essere nonna di Gesù

La madre della Vergine Maria è una delle sante più venerate al mondo. Una delle iconografie più interessanti e diffuse è quella di “Sant’Anna Metterza”, in cui la santa compare insieme alla figlia che tiene in braccio Gesù Bambino. In particolare, agli Uffizi di Firenze è custodita una bellissima tavola attribuita a Masaccio e al suo maestro Masolino, in cui Anna indossa una veste dal color rosso intenso, simbolo dell’amore materno.

Cultura 27_07_2019

Masaccio e Masolino da Panicale, Sant’Anna Metterza, Firenze - Galleria degli Uffizi

Innalziamo lodi a Gioacchino e Anna nella loro discendenza;
il Signore ha dato loro la benedizione di tutti i popoli
(antifona d’ingresso, festa liturgica dei SS. Gioacchino e Anna)


Il nome Anna, dall’ebraico Hannah, significa grazia, misericordia, pietà. Della madre di Maria parlano i testi apocrifi, tra cui il Protovangelo di Giacomo, uno dei più antichi, risalente al II secolo, che ha contribuito a diffonderne il culto in Oriente e in Occidente fino a che papa Gregorio XIII, nel 1584, decise di inserirne la celebrazione nel Messale Romano. La memoria liturgica ricorre il 26 luglio: è una delle sante più venerate al mondo, e in Italia non c’è città che non abbia un santuario, una chiesa, una cappella a lei dedicata.

Dai mosaici dell’arco trionfale di Santa Maria Maggiore del V secolo agli affreschi di Santa Maria Antiqua a Roma, di due secoli più tardi, la sua figura ha cominciato a fare capolino nelle opere d’arte disseminate ovunque, essendo la sua immagine strettamente correlata a quella della Madonna. Compare nei cicli pittorici o plastici dedicati alla Vita della Vergine, nelle rappresentazioni della Natività di Maria o della Presentazione di Maria Bambina al Tempio; è raffigurata nelle vesti di educatrice, mentre spiega le pagine della Bibbia alla figlia oppure, spesso, accanto alla Sacra Famiglia o al marito, Gioacchino, con cui è protagonista del celebre episodio dell’incontro alla Porta Aurea di Gerusalemme. Quando è sola, è rappresentata come una donna anziana, con un velo in testa: gli attributi più ricorrenti sono il libro, la Bibbia, e l’albero, quello di Jesse, da cui trae origine la stirpe di Maria e di Gesù.

Una delle iconografie più interessanti e diffuse è quella di Sant’Anna Metterza: l’ormai desueto aggettivo deriva dal dialetto toscano due-trecentesco e significa “mi è terza” ovvero sta in terza posizione, indicando il grado di parentela tra Cristo e la Sua nonna. Questa scelta ne valorizza il ruolo di progenitrice, sottolineandone l’importanza. A Firenze, città devotissima ad Anna fin dai tempi della Repubblica fiorentina, è conservata una celeberrima pala con questo tema, concepita probabilmente per la chiesa di Sant’Ambrogio, dove il Vasari, per primo, la vide attribuendola a Masaccio. 

La tavola, che rappresenta un imprescindibile punto di arrivo del primo Rinascimento fiorentino, fu, in realtà, frutto della collaborazione con Masolino da Panicale, di cui Masaccio era allievo, cui gli studiosi attribuiscono specifiche parti del dipinto. Davanti a un prezioso drappo damascato sorretto da una manciata di angeli, che ha la funzione di sbalzare in primo piano le figure, Maria e sua madre, l’una davanti all’altra, siedono su un trono presumibilmente composto da due scranni: il gruppo sacro è completato da Gesù Bambino saldamente adagiato sulle ginocchia divaricate della Sua Mamma. 

La predominanza che l’iconografia tradizionale assegnava a sant’Anna viene capovolta dall’intervento di Masaccio che con crescente realismo fa di Maria una donna vera che occupa una porzione precisa dello spazio e che stringe con gesto eloquente, formando un cerchio, le gambe del Figlio, per ancorarlo a sé. Lo stesso realismo si coglie nel suo sguardo, meditabondo perché presago del destino di Gesù, presenza di cui il pittore evidenzia, attraverso un sapiente e moderno uso del chiaroscuro, la volumetrica fisicità.

E poi c’è Anna, vertice della piramide compositiva, la cui figura, attribuita a Masolino, è ancora espressione di un linguaggio medievale, più attento alla fluidità delle linee che alla sostanza della forma. Qui indossa una veste dal rosso intenso, simbolo di amore materno. La sua aureola, che riporta l’iscrizione Sant’Anna è di Nostra Donna fastigio, è, comunque, più grande rispetto a quella di Maria con la quale contribuisce a ricordarci che il Dio fatto carne non è avulso dal contesto storico ma discende da stirpe umana.