San Vincenzo Pallotti, un apostolato con Gesù a modello
Ascolta la versione audio dell'articolo
Nei suoi scritti, Pallotti indicava Gesù, apostolo del Padre, quale modello perfetto per l’apostolato, a cui tutti i battezzati sono chiamati. Il fedele deve fondarsi su preghiera e studio, unificando sé stesso a Gesù.
San Vincenzo Pallotti (Roma, 21 aprile 1795 – Roma, 22 gennaio 1850), del quale oggi ricorre la memoria liturgica, può apparire un santo complesso, ma non certamente distante: anzi, è vicinissimo alla nostra contemporaneità più di quanto possa sembrare. Il perché è semplice: san Vincenzo Pallotti parla al mondo di oggi con una spiritualità che vuol dire anche pragmatismo. Un pragmatismo che, in estrema sintesi, può essere così definito: camminare assieme al Signore e testimoniare la Sua grandezza, il Suo amore a tutte le persone facendo così apostolato.
Preghiera e apostolato: questi sono i due pilastri sui quali si regge tutta la spiritualità di san Vincenzo Pallotti. Bisogna partire però da un dato fondamentale: l’apostolo di Dio Padre, Gesù, è il modello e la via di perfezione che il santo propone nei suoi scritti. Implicita e chiara, poi, è la ferma convinzione del Pallotti di essere tutti chiamati a questo apostolato. Ma come viverlo? Il santo propone un programma di vita non facile ma possibile: unificare sé stessi a Cristo e al Suo amore. Questo pensiero rimane il fondamento del suo intero edificio spirituale. Negli innumerevoli scritti del santo, infatti, si fa continuo riferimento all’impegno di ogni battezzato che grazie alla sua maturazione spirituale, allo studio e all’impegno apostolico può «crescere nella santità».
Pallotti elenca, inoltre, i campi in cui il fedele deve impegnarsi a istruirsi costantemente: la Sacra Scrittura, la storia ecclesiastica, la teologia dogmatica e fondamentale, la teologia dei sacramenti, la liturgia e la teologia morale. Il percorso è assai simile a quello di un sacerdote, se vogliamo. È questa unione di intenti – tra sacerdoti e laici – che costituisce un altro punto fermo della proposta spirituale di san Vincenzo Pallotti.
Dietro a questa proliferazione di intenti, troviamo un santo che è soprattutto maestro, docente: il carattere pedagogico non può e non deve essere dimenticato. Basterebbe pensare alla stessa sua biografia costellata da alcune tappe importanti che lo vedono impegnato in prima persona nell’insegnamento: le ripetizioni all’Accademia di Teologia all’Università La Sapienza di Roma; il suo impegno presso l’Oratorio e la congregazione di Santa Maria del Pianto; la Lega Antidemoniaca e l’istruzione religiosa all’istituto agrario (sempre di Roma) di Santa Maria della Misericordia. A coronamento poi di tutto questo percorso, nel 1833, s’interesserà anche del Collegio di Propaganda Fide: sarà qui confessore e dopo, nel 1835, direttore spirituale. Presso questa importante istituzione, così attenta all’apostolato di Cristo nel mondo, san Vincenzo Pallotti avrà la possibilità di venire in contatto con molti giovani sacerdoti.
Ed è alla gioventù che il santo rivolge molto spesso lo sguardo, rivolge i suoi insegnamenti spirituali: «Voi che vivete su questa terra, facendo il bene amando Dio nostro buon Padre celeste, impegnatevi a far ciò che fareste, se da morte sorgeste a nuova vita; anzi, cercate di far tutto ciò che farebbero tutte le creature, se, infinitamente moltiplicate, tornassero a nuova vita. Intanto, con umiltà e semplicità di cuore, mettiamoci a fare ciò che facevano e fanno adesso Gesù e Maria; e faremo grandi cose per la gloria di Dio. Voi che siete giovani, cercate di far ciò che nella vostra vecchiaia vorreste aver fatto, per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime».
Impressa profondamente nel suo animo è poi la verità di Dio Uno e Trino. In una lettera, colpisce molto come Pallotti definisca Gesù, «primogenito Fratello Gesù Cristo». La serie di preghiere intitolate Dio mio, Chi siete Voi, e chi sono io, datata probabilmente 1840, inizia con una preghiera alla Santissima, Beatissima e Augustissima individua Trinità. E in una meditazione su Gesù annotata in alcuni suoi esercizi spirituali (novembre 1841) troviamo: «Gesù, intendo adesso e sempre in unione di tutte le creature passate, presenti, future e possibili, di amare Voi, il Padre e lo Spirito Santo collo stesso amore del vostro Cuore divino. Ah, Gesù mio Amore, Amore infinito, resti infinitamente glorificata la vostra infinita misericordia, e l’amore infinito del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo».
A un fedele, tale Andrea Castrati, in una lettera datata 6 dicembre 1826, prima di congedarsi, il santo scrive delle parole in cui è possibile trovare un viatico per noi contemporanei, una preghiera da fare nostra: «La potenza del Padre ci fortifichi contro gli assalti dei nemici dell’anima nostra; la sapienza del Figliuolo c’illumini a conoscere le vie di Dio per giungervi colla più eminente perfezione, e la carità dello Spirito Santo si diffonda nello spirito nostro per operare sempre per amore di Dio, per glorificare il Figlio di Dio fatto uomo, per onorare Maria s[antissi]ma nostra innamoratissima Madre unitamente agli Angeli, e ai Santi di cui è Regina. La Pace di Gesù Cristo sia la nostra eredità».