San Pio X
«Restaurare tutto in Cristo» fu il principio ispiratore degli 11 anni di pontificato di san Pio X (1835-1914), il Papa di umili origini che seppe analizzare lucidamente e condannare gli errori del modernismo, riconoscendone la radice malvagia e profetizzando che esso avrebbe condotto a una società atea
«Restaurare tutto in Cristo» fu il principio ispiratore degli 11 anni di pontificato di san Pio X (1835-1914), il Papa di umili origini che seppe analizzare lucidamente e condannare gli errori del modernismo, riconoscendone la radice malvagia e profetizzando che esso avrebbe condotto a una società atea. Il Santo Padre affrontò organicamente la questione nella sua enciclica più celebre, la Pascendi Dominici Gregis (8 settembre 1907), in cui definì il modernismo «sintesi di tutte le eresie» poiché aveva ben chiaro che questa corrente pseudocristiana, sorta verso la fine del XIX secolo con la pretesa di adattare il messaggio eterno di Cristo ai cambiamenti sociali, attaccava le fondamenta stesse della fede, inchinandosi al pensiero del mondo e strizzando l’occhio alla massoneria.
Ieri come oggi, i modernisti rifiutavano i dogmi e l’insegnamento degli antichi Padri, rigettavano l’autorità del Papa, teorizzavano l’indifferentismo religioso e l’assoggettamento della Chiesa allo Stato, esaltavano la filosofia moderna disprezzando la Scolastica, slegavano fede e ragione dipingendo la religione come ‘sentimento’, negavano la verità delle Sacre Scritture, l’istituzione dei Sacramenti da parte di Cristo, i miracoli e l’operare di Dio nella storia. Perciò san Pio X scriveva: «L’errore dei protestanti dié il primo passo in questo sentiero; il secondo è del modernismo: a breve distanza dovrà seguire l’ateismo». Sapendo di dover agire per la salvezza delle anime, durante il suo pontificato furono scomunicati o sospesi a divinis i maggiori esponenti del modernismo e rimossi dai seminari e dalle università cattoliche gli insegnanti - religiosi e laici - che favorivano quel sistema di eresie. Antepose al consenso del mondo la ricerca e il compimento della volontà di Dio, sempre con l’umiltà che l’aveva portato a definirsi «un povero parroco di campagna».
Al secolo Giuseppe Sarto, secondo di dieci figli, era nato a Riese (in provincia di Treviso) da una famiglia di modeste condizioni. Il padre Giovanni Battista era un fattore e la madre, Margherita Sanson, una sarta ricca di fede, che alla morte del marito non volle che il suo secondogenito lasciasse il seminario per aiutare in famiglia. Giuseppe venne ordinato sacerdote a 23 anni, senza mai avere alcun incarico nella Curia romana prima di divenire pontefice. Dopo essere stato cappellano, arciprete, canonico, direttore spirituale in un seminario, venne nominato a 49 anni vescovo di Mantova, distinguendosi per la centralità data alla formazione religiosa. «Dottrina cristiana! Dottrina cristiana!», andava gridando durante le sue visite pastorali nelle varie parrocchie, in quanto cosciente che «frequentare la Messa e ignorare le verità della fede sono cose che si elidono a vicenda, perché non è possibile accettare verità che non si conoscono».
Nel 1889 partecipò al primo Congresso catechistico nazionale e nell’occasione votò a favore di un nuovo «catechismo popolare storico-dogmatico-morale redatto in domande brevi e risposte brevissime». Fu questo il fatto all’origine del testo dialogico da lui composto nel corso del suo ministero episcopale a Mantova e da cui poi derivò il famoso Catechismo Maggiore, in seguito detto Catechismo di San Pio X, la cui prima edizione - fatta di 993 domande e risposte - venne pubblicata nel terzo anno del suo pontificato (1905) e seguita da due versioni più brevi. La sua elezione al soglio pontificio, preceduta da un decennio come patriarca di Venezia, avvenne il 4 agosto 1903. Due mesi più tardi espose il suo programma nella prima delle sue 16 encicliche (E Supremi): «Le ragioni di Dio sono le ragioni Nostre; è stabilito che ad esse saranno votate tutte le Nostre forze e la vita stessa. Perciò se qualcuno chiederà quale motto sia l’espressione della Nostra volontà, risponderemo che esso sarà sempre uno solo: Rinnovare tutte le cose in Cristo».
In questo stesso solco il neo pontefice sostenne con la sua autorità il Movimento Ceciliano, che intendeva ridare il meritato spazio nella liturgia al canto gregoriano e alla polifonia classica, nella consapevolezza che «la musica sacra, come parte integrante della solenne liturgia, ne partecipa il fine generale, che è la gloria di Dio e la santificazione ed edificazione dei fedeli» (Inter Sollicitudines).
La grande devozione alla Vergine e l’amore per l’Eucaristia erano il nutrimento della sua santità. Raccomandò di partecipare alla Messa quotidiana e riportò l’età della Confessione e della prima Comunione «all’età dell’uso della ragione» (7 anni), ben sapendo dell’intensificarsi degli attacchi all’innocenza dei bambini e la necessità, insegnata pure da altri santi, di farli accostare il prima possibile al Corpo di Nostro Signore. Un fatto tra tanti ricorda quanto grande fosse la sua fede e come Cristo fosse il centro della sua vita. Aveva molta stima di sant’Annibale Maria di Francia e, pochi giorni dopo aver ricevuto dal fondatore dei Rogazionisti il manoscritto con le rivelazioni di Gesù all’umilissima Luisa Piccarreta, gli disse: «Fai subito dare alle stampe L’Orologio della Passione della Piccarreta. Leggetelo in ginocchio, perché è Nostro Signore che parla!».