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San Pietro Canisio

L'eredità maggiore di san Pietro Canisio, proclamato Dottore della Chiesa da Pio XI, è rappresentata dai tre Catechismi, scritti tra il 1555 e il 1558, in cui la dottrina cattolica è esposta con domande e risposte. In Germania, come ricordava Benedetto XVI, «ancora nella generazione di mio padre, la gente chiamava il Catechismo semplicemente il Canisio»

Santo del giorno 21_12_2019

Alla Riforma cattolica, senza san Pietro Canisio (1521-1597), sarebbe mancato un tassello fondamentale. Basti pensare che con il suo Catechismo - anzi, con i suoi tre, perché tanti ne scrisse - i fedeli tedeschi si sono formati per secoli: in Germania, come ricordava Benedetto XVI, «ancora nella generazione di mio padre, la gente chiamava il Catechismo semplicemente il Canisio».

Il santo era figlio del borgomastro di Nimega, città olandese che allora si trovava nella parte germanica del Sacro Romano Impero. Da giovane, mentre studiava all’università di Colonia, era entrato in contatto con i certosini del luogo. In quegli anni si svolse l’incontro decisivo con san Pierre Favre, che aveva fatto parte del nucleo di fondazione della Compagnia di Gesù e gli fece conoscere gli esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola. Pietro si decise così a entrare tra i gesuiti, divenendone il primo membro dell’area germanica.

Per la sua competenza teologica, già nel 1547, il vescovo di Augusta lo volle al Concilio di Trento come consigliere. L’anno successivo sant’Ignazio lo inviò in Italia per completare la sua formazione spirituale e dottrinale prima a Roma, poi al Collegio di Messina e a Bologna, destinandolo infine all’apostolato in Germania, centro di propagazione dell’eresia di Lutero. Canisio si recò da Paolo III e andò a pregare nella Basilica di San Pietro per chiedere l’intercessione dei due apostoli martirizzati a Roma: «Là io ho sentito che una grande consolazione e la presenza della grazia mi erano concesse per mezzo di tali intercessori [Pietro e Paolo]. Essi confermavano la mia missione in Germania e sembravano trasmettermi, come ad apostolo della Germania, l’appoggio della loro benevolenza».

Per diversi anni il centro del suo ministero fu la Baviera, dove riuscì a rafforzare la fede cattolica che lì era ancora maggioritaria, come poi avrebbe fatto a Vienna, Praga e in Polonia, riuscendo inoltre a mantenere vivo il cattolicesimo nelle regioni in cui il protestantesimo era dilagato. Tentò anche una riconciliazione con gli esponenti protestanti, tra cui Filippo Melantone, partecipando all’ultimo Colloquio di Worms (1557), ma il tentativo sfumò quando fece presente le loro differenze interne sulla dottrina del peccato originale e della giustificazione. Nella sua opera a difesa dell’ortodossia Canisio unì sempre la fermezza alla carità (in tal senso è molto bella la sua Preghiera per conservare la vera fede), sgorgante in lui dalla devozione al Sacro Cuore e da un’intima amicizia con Gesù, che lo aiutava a discernere tra gli apostati consapevoli, cioè che avevano abbandonato la Chiesa per superbia, e coloro (la maggioranza) che erano passati al protestantesimo a causa delle circostanze, che cercava di aiutare esponendo i fondamenti della fede in Cristo.

La sua eredità maggiore è rappresentata dai tre Catechismi, scritti tra il 1555 e il 1558, in cui la dottrina cattolica è esposta con domande e risposte: il primo era rivolto agli studenti già a conoscenza delle basi della teologia, il secondo ai fanciulli senza istruzione e il terzo a quelli con una formazione scolastica. I tre Catechismi ebbero una diffusione enorme e solo nel corso della sua vita si contarono 200 edizioni. Scrisse anche commenti sui Vangeli, un trattato sulla Beata Vergine e fu editore dell’opera omnia di san Leone Magno e san Cirillo d’Alessandria. Alla luce di questo immenso lavoro per Dio, Leone XIII lo ha nominato secondo Apostolo della Germania dopo san Bonifacio e Pio XI lo ha proclamato Dottore della Chiesa.

Per saperne di più:

Catechesi di Benedetto XVI su san Pietro Canisio (udienza generale del 9 febbraio 2011)