San Matteo
Il suo Vangelo, scritto verso il 40-50, è rivolto soprattutto ai Giudei. Malgrado ci sia pervenuta solo un’edizione greca (già conosciuta nel I secolo), sappiamo che Matteo scrisse originariamente in aramaico, come riporta tra gli altri Eusebio di Cesarea nella sua Storia Ecclesiastica
Prima pubblicano, poi apostolo ed evangelista, infine santo. Matteo, che Luca e Marco chiamano anche Levi, descrive così la radicale svolta della sua vita: «Andando via di là, Gesù vide un uomo seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì» (Mt 9, 9). Come commentò Benedetto XVI, «in questo ‘alzarsi’ è legittimo leggere il distacco da una situazione di peccato e insieme l’adesione consapevole a un’esistenza nuova, retta, nella comunione con Gesù», alla luce dell’esortazione del Signore di non accumulare tesori sulla Terra, bensì nel Cielo.
I pubblicani collaboravano infatti con gli occupanti Romani per la riscossione delle imposte e a volte praticavano l’usura, motivi per i quali venivano considerati pubblici peccatori. Significativamente, nell’enumerare i Dodici, l’evangelista si definisce «Matteo il pubblicano». Secondo san Girolamo, lo fa «per dimostrare ai lettori che nessuno deve disperare della salvezza, se si converte a una vita migliore».
Il primo Vangelo, scritto verso il 40-50, è rivolto soprattutto ai Giudei, come notavano già gli antichi Padri. In questo senso si possono leggere la scelta di iniziare con una genealogia di Gesù che risale fino ad Abramo e le frequenti citazioni dell’Antico Testamento, per mostrare che Cristo è il Messia profetizzato nelle Scritture. Malgrado ci sia pervenuta solo un’edizione greca già conosciuta nel I secolo, sappiamo che Matteo scrisse originariamente in aramaico, come riporta tra gli altri Eusebio di Cesarea nella sua Storia Ecclesiastica: «Matteo, che dapprima aveva predicato tra gli ebrei, quando decise di andare anche presso altri popoli scrisse nella sua lingua materna il Vangelo da lui annunciato; così cercò di sostituire con lo scritto, presso coloro dai quali si separava, quello che essi perdevano con la sua partenza».
Patrono di: banchieri, contabili, doganieri, finanzieri, ragionieri
Per saperne di più:
Catechesi di Benedetto XVI (udienza generale del 30 agosto 2006)