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San Luigi Orione

«Solo la carità salverà il mondo», diceva san Luigi Orione, fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza, che già nel nome rivela due tratti salienti del sacerdote piemontese: la sua umiltà e l'incrollabile fiducia nell’operare di Dio nella storia

Santo del giorno 12_03_2020 English Español

«Solo la carità salverà il mondo», era il programma di vita di san Luigi Orione (1872-1940), il fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza, l’istituto propagatosi a macchia d’olio in Italia e all’estero e che già nel nome rivela due tratti salienti del sacerdote piemontese: la sua umiltà e la sua incrollabile fiducia nell’operare di Dio nella storia.

Testimone di un Paese che si andava secolarizzando con passo accelerato, il santo, stimatissimo da tutti i pontefici conosciuti nell’arco della sua esistenza terrena (da Leone XIII a Pio XII) e familiare a personaggi di ogni ceto sociale, leggeva così quei tempi difficilissimi per la società e la fede: «Solo la carità potrà ancora condurre a Dio i cuori e le popolazioni, e salvarle. Bisogna prepararci con un grande amore di Dio e riempirci il petto e le vene della carità di Gesù Cristo».

Nacque in Piemonte da un selciatore di strade e una contadina analfabeta, che gli trasmisero un’educazione cristiana e l’attitudine al lavoro e alla fatica. Nell’ottobre 1886 entrò nell’oratorio di don Bosco (1815-1888), a Torino, e dal grande santo educatore apprese degli insegnamenti che custodirà sempre dentro di sé. Tre anni più tardi fece il suo ingresso nel seminario di Tortona, dove studiò filosofia e teologia e per mantenersi lavorò come custode, alloggiando in una stanzetta sopra le volte del Duomo. Fu in questo periodo che iniziò, ancora giovanissimo, a riunire ragazzi per insegnare loro il Catechismo, inaugurò il suo primo oratorio e aprì un collegio per fanciulli poveri, desiderosi di studiare. Il 13 aprile 1895 fu ordinato sacerdote e negli anni successivi andò intensificando il suo apostolato, coinvolgendo diversi altri chierici: nacque così la Piccola Opera della Divina Provvidenza, benedetta da Leone XIII nel 1902 e approvata l’anno successivo dal vescovo di Tortona.

Furono molteplici le opere di carità in cui si prodigò don Orione, dalle visite agli ammalati al sostegno ai bisognosi, dalla predicazione alla diffusione della stampa cattolica. Dopo il terremoto che devastò Messina e Reggio Calabria il 28 dicembre 1908, il santo fu fondamentale nell’organizzazione degli aiuti, accolse molti orfani nelle case del suo istituto e ricevette da san Pio X l’incarico di vicario generale della diocesi di Messina. Identico slancio verso il prossimo mostrò nell’assistere i terremotati della Marsica, nel 1915, quando scavò lui stesso tra le macerie e requisì un’auto al seguito di Vittorio Emanuele III per mettere al sicuro alcuni fanciulli. Tra gli orfani abruzzesi a cui diede asilo ci fu anche Ignazio Silone, nemmeno quindicenne all’epoca del sisma, al quale un giorno l’umile prete disse: «La mia vera vocazione, è un segreto che voglio confidarti, sarebbe poter vivere come autentico asino di Dio, come un autentico asino della Divina Provvidenza».

Sempre nel 1915 iniziò ad aprire in tutta Italia i «Piccoli Cottolengo», cioè delle case per l’educazione e la cura di malati e disabili, e nello stesso anno fondò le Piccole Suore Missionarie della Carità. Al ramo femminile affiancò nel 1927 le Sacramentine non vedenti, alle quali chiese di sostenere con la preghiera e l’adorazione eucaristica tutte le attività della famiglia orionina, che intanto si era già radicata all’estero. Tutta la sua vita fu perciò guidata dalla volontà di portare conforto ai sofferenti, educare la società alle virtù cristiane e salvare le anime. Celebre è l’episodio del 1909, quando, per non essere bloccato da tre massoni che impedivano l’accesso ai sacerdoti, si travestì da infermiere e assistette spiritualmente l’ex presidente del Consiglio, Alessandro Fortis, affiliato alla massoneria e a lungo anticlericale, che si convertì e ricevette i Sacramenti poco prima di morire.

Devotissimo alla Madonna, sapeva che il suo istituto non era nato per caso: «La Piccola Opera della Divina Provvidenza, o cari benefattori, si può dire che dopo Dio è tutt’opera di Maria. È sorta per opera di Maria, si mantiene per opera di Maria. […] Questa forza che abbiamo, queste parole che vi fanno del bene, la buona volontà che ci anima: è la Madonna che ce le dà, o cari figlioli!».