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San Lorenzo da Brindisi

Per il suo Mariale e altri scritti sulla Madonna, san Lorenzo da Brindisi (1559-1619), Dottore della Chiesa, è stato definito «il più importante mariologo del suo tempo». Il Doctor Apostolicus sottolineava il ruolo della Madre al fianco e al servizio del divin Figlio, come mediatrice di ogni grazia e Corredentrice

Santo del giorno 21_07_2020 English Español

San Lorenzo da Brindisi (1559-1619) fu insieme un ambasciatore di pace, uomo d’azione e grande teologo, proclamato Dottore della Chiesa da Giovanni XXIII. Non si sottrasse alle sfide del suo tempo. Andò perfino sul campo di battaglia, dove guidò spiritualmente le truppe cristiane alla liberazione della città ungherese di Albareale (Szekesfehervar), allora occupata dai musulmani.

Battezzato con il nome di Giulio Cesare, era rimasto orfano del padre nell’infanzia, ucciso in una scorreria dei Turchi in terra pugliese. Durante la prima adolescenza aveva perso anche la madre. Ormai privo dei suoi affetti più cari, studiò nella sua città natale dai francescani conventuali, che secondo l’uso dell’istituto lo fecero predicare da bambino in particolari celebrazioni. Si trasferì poi a Venezia presso uno zio sacerdote. A 15 anni e mezzo vestì l’abito dei cappuccini assumendo il nome di fra Lorenzo.

Studiò filosofia, logica, teologia. Mostrò un grande talento nelle lingue e una profonda conoscenza delle Sacre Scritture, che apprese in ebraico, greco e latino. In Europa era ormai dilagante il protestantesimo e il santo, ordinato sacerdote a 23 anni, mise a frutto la sua solida formazione per confutare le eresie, specialmente di matrice luterana. Allora tutta la Chiesa era in fermento per dare seguito ai decreti tridentini. I molteplici impegni derivanti dagli incarichi affidatigli via via all’interno dell’Ordine lo portarono a fondare case a Graz, Madrid, Monaco di Baviera, Praga, Vienna, oltre a occuparsi dell’assistenza degli infermi e soprattutto degli appestati. Padre Lorenzo non mancava mai di celebrare piamente la Santa Messa: il mistero del sacrificio di Cristo, perennemente rinnovato nell’Eucaristia, lo induceva a una tale commozione che a volte passavano tre ore prima della benedizione finale ai fedeli, dopo lacrime, estasi e altri fenomeni mistici.

Proprio l’amore per l’Eucaristia e la devozione tenerissima verso la Beata Vergine furono le sorgenti della sua santità, nonché temi costanti della sua predicazione. Per il suo Mariale e altri scritti sulla Madonna, ancorati ai passi biblici e alla Tradizione, è stato definito «il più importante mariologo del suo tempo». Il Doctor Apostolicus sottolineava il ruolo della Madre al fianco e al servizio del divin Figlio, come mediatrice di ogni grazia e Corredentrice. «Come immaginare una stella del firmamento o un sole che sia privo della potenza di comunicare la sua luce?», scriveva meditando sulla Vergine, la piena di grazia «ricolma di ogni beatitudine», la quale consiste «nel possesso e nel godimento di ogni bene e, in gran parte, anche nel comunicare agli altri lo stesso bene».

Mentre era in corso la guerra austro-ottomana (1593-1606) sul suolo dell’Europa danubiana, papa Clemente VIII e l’imperatore Rodolfo II chiesero l’aiuto di Lorenzo. L’obiettivo era convincere i principi tedeschi a unirsi contro i Turchi, che anni dopo la sconfitta di Lepanto continuavano i loro progetti espansionistici nel Vecchio Continente. Nel 1600 il sultano Mehmet III, famoso per aver fatto uccidere i suoi 16 fratelli, era arrivato a dire che avrebbe trasformato l’altare di San Pietro in un trogolo per i suoi cavalli. Il santo non solo si impegnò nella predicazione della crociata ma chiese di essere uno dei cappellani dediti all’assistenza spirituale dei soldati.

Durante la vittoriosa battaglia di Albareale, nel 1601, nessuno riuscì a ferire Lorenzo che cavalcava portando una grande croce per sollevare gli animi delle truppe cristiane, inferiori di numero. Lui attribuì il merito della vittoria a Dio e alla Madonna, a cui aveva rivolto intense preghiere. L’anno dopo venne eletto vicario generale dei cappuccini. Ricoprì la carica per un triennio, rifiutando poi la rielezione e continuando a essere impegnato in varie missioni. L’ultima la compì nel 1619, quando morì a Lisbona, dopo aver esposto al re spagnolo Filippo III i problemi che affliggevano i suoi sudditi nel Regno di Napoli.