San Gregorio di Nissa
Con il fratello Basilio Magno e l’amico Gregorio Nazianzeno, san Gregorio di Nissa (c. 335-395) fa parte del gruppo dei Padri cappadoci, uniti dalla comune provenienza geografica e soprattutto dallo spessore teologico e filosofico
Con il fratello Basilio Magno e l’amico Gregorio Nazianzeno, san Gregorio di Nissa (c. 335-395) fa parte del gruppo dei Padri cappadoci, uniti dalla comune provenienza geografica e soprattutto dallo spessore teologico e filosofico. Il Nisseno, il più giovane dei tre, fu inizialmente educato dalla madre Emmelia e dalla sorella Macrina la Giovane, entrambe sante. In particolare, la venerazione che nutriva per quest’ultima si manifesterà in seguito nella scrittura di una Vita di Macrina, nella quale ricorderà l’ascetismo della sorella proponendola come modello di virtù. In Gregorio, comunque, non si manifestò subito la vocazione religiosa e anzi in gioventù si mostrò più attratto dalla letteratura classica (di cui sottolineò taluni aspetti conciliabili con il cristianesimo) e dalla retorica, tanto da ricevere un fraterno rimprovero da parte del Nazianzeno che gli obiettò di preferire i libri profani a quelli sacri.
Dopo un periodo di crisi spirituale e attrazione per il mondo, intorno al 360 Gregorio si decise ad andare nel Ponto nel monastero fondato da Basilio, dove visse una decina d’anni dedicandosi alla vita contemplativa sotto la guida del fratello che definirà «padre e maestro», indicando come altri riferimenti della sua maturazione «Paolo, Giovanni e il resto degli Apostoli e dei profeti». In questo periodo concepì il De Virginitate, trattato in cui esaltò la verginità consacrata come via per la perfetta unione con Dio. Fu poi eletto vescovo di Nissa e per la sua ferma lotta all’eresia ariana venne accusato ingiustamente dagli avversari di sperperare i beni ecclesiastici: deposto nel 376 durante una temporanea assenza, poté tornare nella sua sede episcopale, tra il giubilo dei fedeli, solo due anni più tardi, cioè alla morte dell’imperatore Valente che sosteneva l’arianesimo.
Del tutto diverso fu il rapporto con il nuovo imperatore Teodosio, che lo proclamò «difensore della fede» e nel 380 promulgò l’editto di Tessalonica grazie al quale il cristianesimo divenne la religione ufficiale dell’impero, secondo la dottrina professata nel Credo niceno. Poiché intanto si era diffusa anche l’eresia dei macedoniani, che negava la divinità dello Spirito Santo, il primo Concilio di Costantinopoli (convocato nel 381 dallo stesso Teodosio) diede alla Chiesa il modo di integrare la dottrina trinitaria già delineata a Nicea: il contributo di Gregorio, che sull’esempio di Basilio (morto due anni prima) parlava della Trinità come «una sostanza in tre persone», fu tra i più importanti e per questo motivo il santo si meritò l’appellativo di «colonna dell’ortodossia».
Oltre ai vari trattati per confutare le principali eresie dell’epoca, Gregorio scrisse opere esegetiche e morali, lettere, sermoni liturgici, panegirici e fu tra i primissimi autori dell’antichità a fare una critica sistematica della schiavitù. Dai suoi scritti emerge tutto il suo amore per Dio e la gratitudine per il dono fatto all’uomo: «Non il cielo è stato fatto a immagine di Dio, non la luna, non il sole, non la bellezza delle stelle, nessun’altra delle cose che appaiono nella creazione. Solo tu [anima umana] sei stata resa immagine della natura che sovrasta ogni intelletto, somiglianza della bellezza incorruttibile, impronta della vera divinità». E per vincere il peccato, che rovina l’anima e l’allontana dal suo fine ultimo, san Gregorio indicava una via sicura: «Attraverso la preghiera riusciamo a stare con Dio. Ma chi è con Dio è lontano dal nemico. La preghiera è sostegno e difesa della castità, freno dell’ira, acquietamento e dominio della superbia. La preghiera è custodia della verginità, protezione della fedeltà nel matrimonio, speranza per coloro che vegliano».
Per saperne di più:
Catechesi di Benedetto XVI su san Gregorio di Nissa (udienza generale del 5 settembre 2007)