San Giovanni Berchmans, modello per la gioventù
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L'incontro con la Compagnia di Gesù e una biografia di san Luigi Gonzaga: un “colpo di fulmine” che ha plasmato la santità del giovane gesuita fiammingo di cui oggi ricorre la memoria liturgica.
Le dita affusolate stringono con forza un piccolo libricino, un crocifisso e una corona del Santo Rosario. Il libro ha come titolo: Regulae Societatis Iesu, le regole per la Compagnia di Gesù. Probabilmente si tratta dell’edizione realizzata nel 1606 dal Collegio Romano, il collegio di formazione religiosa per i giovani Gesuiti. Ecco il tratto iconografico, inconfondibile, per riconoscere san Giovanni Berchmans (Diest, 12 marzo 1599 - Roma, 13 agosto 1621) del quale oggi ricorre la memoria liturgica. Il tondo che lo ritrae in questo modo è quello posto sopra il sarcofago nel quale è deposto il corpo del santo custodito nella chiesa di Sant’Ignazio a Roma, a pochi passi dal Pantheon. Si entra con rispettoso silenzio in questa chiesa in cui “si respira” la fede, la storia e l’arte.
La cappella di san Giovanni Berchmans si trova di fronte alla cappella di un altro giovane: è san Luigi Gonzaga (Castiglione delle Stiviere, 9 marzo 1568 - Roma, 21 giugno 1591). La collocazione fa meditare, riflettere: due giovani, due religiosi gesuiti. I due volti, in fondo, sembrano quasi confondersi per quanto sembrano simili. Potremmo definirli, infatti, “i gigli” della Compagnia di Gesù, i fiori più delicati e giovani dell’ordine fondato da sant’Ignazio di Loyola nel 1540.
12 marzo 1599. Nasceva a Diest, nelle Fiandre, Giovanni, il primogenito di cinque figli di Giovanni Berchmans, calzolaio e conciatore di pelli, e di Elisabetta, figlia del borgomastro Adriano Van den Hove. Nel 1609, la madre Elisabetta fu colpita da una malattia incurabile. Fu così che Giovanni venne affidato, insieme ai suoi fratelli, alle cure di due zie e poi a un pensionato retto dal premostratense Pietro Van Emmerick, parroco della chiesa di Nostra Signora di Diest. La vita di questo giovane venne segnata, dunque, fin dal principio da un tratto da sottolineare: la sua educazione fu subito affidata a un religioso. Principi e regole determinate dalla Parola. Una vita da condurre sui passi del Vangelo, alla sequela di Cristo. E fu proprio questa educazione a spingere Giovanni ad intraprendere la vita ecclesiastica: iniziò gli studi latini nella Scuola Grande di Diest, anche se nel 1612 – per ragioni economiche familiari – il ragazzo fu costretto ad abbandonare gli studi per imparare un mestiere. Solo con l’aiuto offerto da alcuni familiari si riuscì a mandare Giovanni, successivamente, nella casa del canonico Froymont, a Malines, per poter finalmente continuare i suoi studi presso la Scuola Grande della stessa città.
Il 1615 per san Giovanni Berchmans rappresenta un anno chiave: è l’incontro con la Compagnia di Gesù. Presso Malines, città belga situata vicino ad Anversa, i Gesuiti avevano fondato un collegio: Giovanni, allora, entrò in questo collegio per condurre gli studi di retorica. È in questo periodo che il giovane si dedicò a una lettura che cambierà per sempre la sua vita: il libro in questione era una biografia di san Luigi Gonzaga. “Un colpo di fulmine” così si direbbe oggi: ed ecco palesarsi nella sua mente (e soprattutto nel cuore) il desiderio di appartenere alla Compagnia di Gesù. Una volta conclusi gli studi umanistici, Giovanni iniziò a Malines il noviziato sotto la direzione di Antoine Sucquet (1574 - 1627), studioso belga e membro di spicco dei Gesuiti nei Paesi Bassi: era l’autore della famosa opera Via Vitae Aeternae (1620). Un noviziato in cui è possibile trovare tutta la semplice spiritualità del giovane: quotidianamente, oltre al Santo Rosario, offriva alla Vergine Maria una coroncina di 12 Ave Maria, per poter conquistare sempre di più la virtù della purezza, e chiedeva la grazia di saperla infondere nei cuori di altri suoi coetanei. Poco dopo la fine del noviziato, nel gennaio del 1619, fu mandato a studiare presso il Collegio Romano a Roma: fu in questa occasione che incontrò padre Virgilio Cepari (1564-1631), fine intellettuale della Compagnia di Gesù.
31 luglio del 1621, memoria del santo fondatore Ignazio di Loyola. Gli alunni del Collegio Romano si recarono alla Chiesa del Gesù a Roma per poter partecipare alla Santa Messa solenne e pregare sulla tomba di sant’Ignazio. In una biogafia del santo scritta da padre K. Schoeters S.J. – del 1940 – si legge la descrizione di quel giorno importante: «Cammin facendo il compagno di Berchmas, Bruno Bruni, gli domandò: “Ebbene Giovanni quale grazia avete chiesta al nostro Beato Padre Ignazio?” “Di morire nella Compagnia senza far mai cosa contro le regole della Compagnia”, fu la risposta».
Le regole: ancora una volta ritornano nella narrazione della sua biografia. Quelle stesse regole che hanno legato inesorabilmente il santo all’istituto religioso: ritorna nella memoria, come un flashback, il tondo posto sopra la sua tomba nella chiesa di Sant’Ignazio. La visita a sant’Ignazio fu l’ultima azione che Berchmans fece prima di morire il 13 agosto 1621: il clima di Roma – al quale il giovane non era abituato – lo provò molto nel corpo tanto che il 7 agosto era stato preso da febbri violente, letali per il giovane. Tutto era iniziato con sant’Ignazio di Loyola e tutto terminava con il santo fondatore: doveva a lui, la sua vocazione di religioso gesuita.
San Luigi Gonzaga, il patrono dei giovani spiegato da don Bosco
In uno dei suoi scritti più noti, Il giovane provveduto, don Bosco indica ai ragazzi un programma di vita per farsi santi, proponendo come modello san Luigi Gonzaga. Il quale, in Paradiso, gode di una gloria così grande che stupì una mistica come santa Maddalena de’ Pazzi.
San Luigi Gonzaga, un modello contro la promiscuità odierna
La vita di san Luigi Gonzaga, patrono dei giovani e dei malati di Aids, amante della castità e della penitenza, è da modello per esercitarsi nel dominio delle passioni carnali disordinate, veicolo di malattie fisiche e spirituali.
Le stanze dove sant’Ignazio contemplava l’Eterno
A pochi passi da Piazza Venezia si trova la casa da cui Ignazio di Loyola guidò, fino alla morte, la Compagnia di Gesù. Tre stanze, dove il santo spagnolo meditava, scriveva e, nell’apposita cappellina, celebrava l’Eucaristia. Dopo la Santa Messa si soffermava poi per due ore in preghiera, e il suo volto, racconta un testimone, diventava così splendente da lasciare attoniti.