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IL BELLO DELLA LITURGIA

San Francesco, colui che portò i segni di Gesù Crocifisso

La tradizione riferisce che Francesco si trovava presso il Sacro Speco di Subiaco quando fu realizzato il suo primo ritratto. Secondo il biografo Tommaso da Celano, il santo non aveva un bell’aspetto e perciò risulta più verosimile l’affresco all’eremo di Greggio. Anche Cimabue dipinse il Poverello di Assisi, raffigurandolo con le stimmate in una splendida Maestà.

Cultura 05_10_2019

Cimabue, Maestà, Assisi – Basilica Inferiore del Santo


Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli (Mt 5,3).

Il viaggio di san Francesco presso il Sacro Speco di Subiaco non è documentato dalla sua agiografia ma è verosimile che il nostro patrono abbia voluto raggiungere i luoghi calcati dal padre del monachesimo occidentale, san Benedetto. Lo racconta la tradizione e lo testimonia, forse, l’affresco sulla parete della cappella di San Gregorio, nella chiesa inferiore del monastero benedettino. Quando venne realizzato, Francesco era ancora vivente e già in fama di santità, motivo per cui si decise di immortalarne l’effigie in ricordo della venuta. Se tutto questo corrisponde a verità, questa immagine è, a tutti gli effetti, il suo più antico ritratto.

Inserita in un riquadro rettangolare, la figura a tutto campo del Poverello di Assisi spicca su un fondo bruno. Francesco, a piedi nudi, è vestito col saio, l’abito dei pellegrini e dei penitenti, stretto in vita da un cordone nodoso, il viso incorniciato dal cappuccio. Non ha aureola e non presenta le stimmate che, come si sa, ricevette sul monte Verna nel 1224, termine ante quem si data la preziosa pittura murale. L’autore, un anonimo “Maestro di Frate Francesco”, ritrae il santo con un cartiglio tra le mani che così recita “Pax huic domui”. La sua fisionomia, pur semplice e dolce riesce, comunque, a esprimere una grande forza spirituale.

I cronisti antichi, in primis Tommaso da Celano, suo biografo ufficiale, affermano che Francesco non aveva un bell’aspetto. A suo riguardo, riferiscono della “statura mediocre, la carnagione tendente allo scuro, la testa rotonda, la faccia protesa, la fronte piana e piccola, le braccia brevi, i piedi piccoletti”.

Sembra rispettare precisamente questi connotati l’affresco dell’eremo di Greggio, realizzato quando già nel santo erano state impresse le sacre piaghe, di cui compare l’evidente segno sulla mano destra. Il frate qui si mostra sofferente e leggermente incurvato, nell’atto di asciugarsi, con un panno, gli occhi afflitti da una grave infezione. Probabilmente questo è il secondo più antico ritratto di Francesco, rispetto al primo meno ieratico e più rispondente al vero. La pittura originale, commissionata dalla terziaria Jacopa de’ Settesoli poco prima della morte del santo, è andata, purtroppo, perduta e quella in loco è una copia risalente al XIV secolo. Anche questa è di autore anonimo.

Celeberrimo, invece, fu Cimabue che ritrasse Francesco accanto alla Maestà dipinta nella Basilica Inferiore di Assisi. Il pittore fiorentino si confrontò con questo tema a cinquant’anni dalla morte del santo, quando, dunque, per volere dell’Ordine, era già consolidata una precisa iconografia. Lo ritrae un po’ distaccato dal gruppo principale, a destra del trono fastoso, facendone, così, risaltare la sobrietà della figura.

Francesco è un giovane chierico, vestito di un semplice saio squarciato all’altezza del costato dove compare, come pure sulle mani, la stessa ferita di Gesù Crocifisso. Tiene stretto a sé un libro, quella Regola da lui scritta per aiutare i suoi compagni nella sequela di Cristo. Che lui per primo seguì: il Francesco di Cimabue è, infatti, un uomo che guarda oltre sé e vive del riflesso del Figlio di Dio che qui compare ancora Bambino tra le braccia della Madre.