San Damaso I
Fu denso di avvenimenti il pontificato di san Damaso I (304-384), che salì al soglio petrino nel 366 e resse la Chiesa in una fase in cui infuriavano le eresie sulla Divina Trinità, da lui energicamente combattute con l’aiuto tra gli altri di san Girolamo che per qualche tempo ebbe come segretario e incaricò di tradurre la Bibbia in latino
Fu denso di avvenimenti il pontificato di san Damaso I (304-384), che salì al soglio petrino nel 366 e resse la Chiesa in una fase in cui infuriavano le eresie sulla Divina Trinità, da lui energicamente combattute con l’aiuto tra gli altri di san Girolamo che per qualche tempo ebbe come segretario e incaricò di tradurre la Bibbia in latino. Già il pontificato del suo predecessore Liberio era stato contraddistinto da forti contrasti con gli ariani, che sebbene fossero stati dichiarati eretici dal concilio di Nicea del 325 godevano ancora di grande influenza grazie anche al sostegno dell’imperatore Costanzo II (†361), tra i maggiori responsabili della persecuzione di sant’Atanasio, il più fermo oppositore dell’eresia ariana, negatrice della divinità di Cristo.
Dal momento della sua elezione, Damaso dovette fronteggiare i tentativi di usurpazione dell’antipapa Ursino, che per anni agì assieme ai suoi seguaci macchinando contro il legittimo pontefice. Tra i suoi più importanti sostenitori ci fu sant’Ambrogio, vescovo di Milano dal 374 e autore della celebre massima Ubi Petrus, ibi Ecclesia («dove è Pietro, ivi è la Chiesa»), il quale al concilio di Aquileia del 381 ebbe un ruolo decisivo nel far dichiarare Ursino usurpatore. Da parte sua, per difendere l’unità della Chiesa e la strettamente correlata autorità della Sede romana, Damaso ricordò che il primato petrino si fonda teologicamente sulle stesse parole del Signore e in particolare su quelle del passo di Matteo 16, 17-19; e che Roma era stata il luogo in cui Pietro e Paolo avevano terminato il corso della loro vita terrena, subendo il martirio nello stesso giorno durante le persecuzioni di Nerone.
Nella sua azione di lotta alle eresie, Damaso convocò due sinodi a Roma in cui furono condannati l’apollinarismo, che ereticamente formulava l’idea di una natura umana incompleta in Gesù Cristo, e il macedonianismo, altra eresia che asseriva la subordinazione dello Spirito Santo rispetto al Padre e al Figlio. In conseguenza del sinodo di Antiochia del 378, depose tutti i vescovi seguaci dell’arianesimo, che sotto il suo pontificato si indebolì notevolmente sia per il suo carisma e l’aiuto di personalità come Ambrogio, Basilio Magno e Girolamo, sia per la politica favorevole degli imperatori Graziano e Teodosio I, che con l’editto di Tessalonica del 380 dichiararono il cristianesimo religione ufficiale dell’impero. L’anno successivo si svolse inoltre un evento di assoluto rilievo nella storia della Chiesa e cioè il primo concilio di Costantinopoli (Damaso non vi prese parte personalmente, ma vi inviò i suoi legati), che integrò il Credo niceno esplicitando alcuni fondamenti della Divina Trinità e confermò la condanna delle principali eresie.
Damaso è ricordato anche per l’attenzione alla liturgia (promosse il latino come lingua ufficiale), il restauro di diversi edifici sacri e la devozione verso i martiri a cui dedicò vari epigrammi, man mano che ne andava identificando i sepolcri nelle catacombe. Il suo decreto De explanatione fidei, promulgato in occasione del concilio di Roma del 382, è il primo atto papale a noi noto contenente l’intero canone della Bibbia, conforme a una lettera del 367 di sant’Atanasio che a sua volta aveva sistematizzato in modo organico un lavoro iniziato dai Padri dei secoli precedenti. E sempre nel 382 sollecitò Girolamo alla traduzione in latino delle Sacre Scritture, universalmente nota con il nome di Vulgata.