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IL CASO

Salvini e il Vangelo? Lo giudicheremo su quello

Salvini ha giurato sul Vangelo, l’abbiamo visto tutti: se ne ricordi allora, perché su quello lo giudicheremo.

Politica 27_02_2018

Matteo Salvini, leader leghista, in Piazza Duomo a Milano ha esposto il suo programma, firmando verbalmente una specie di patto con gli elettori. Fin qui nulla di strano. Solo che, a un certo punto, ha cavato un Vangelo e un rosario e, brandendo la Costituzione nell’altra mano, ha giurato di volersi basare nella sua azione politica su questi due testi, uno sacro di suo e l’altro considerato tale da una quantità di politici, soprattutto quelli di cultura dossettiana. Non l’avesse mai fatto.

Come si permette, Salvini? Naturalmente, i commenti più indignati sono stati quelli del clero che si riconosce nell’area «democratica» e nel nuovo corso bergogliano. Salvini ha fatto il gran gesto davanti al Duomo di Milano, spazio nel quale i musulmani possono pregare (ricordate le foto delle centinaia di schiene curve ai tempi di Tettamanzi?), ma se ti azzardi a giurare sul Vangelo come minimo devi aspettarti una bella presa di distanze da parte dei preti. Ha iniziato l’arcivescovo di Milano, Delpini, il quale ha in pratica detto al Salvini di scherzare coi fanti e lasciar stare i santi («Nei comizi si parli di politica»).

Così, se il capo leghista avesse giurato, che so, su Das Kapital di Marx, nessuno avrebbe avuto da ridire. Il consiglio è che, la prossima volta, giuri sul codice penale, parole di passo: ordine & giustizia. Ci sono Costituzioni (atti politici quant’altri mai) che invocano Dio nel preambolo, pensiamo a quella irlandese. Fin a poco tempo fa i ministri spagnoli prestavano giuramento sui Vangeli e in ginocchio davanti a un gran crocifisso. I presidenti degli Stati Uniti giurano con la mano, la destra anche se sono mancini, sulla Bibbia. In Italia, eh, questo è Paese laico. Dunque, sarebbe stato consono che a protestare per il gesto di Salvini fossero stati i laicisti. Invece no, questi hanno fatto spallucce, anche perché al momento sono tutti concentrati sul «pericolo fascista».

Chi si è alzato a protestare è stato, tra gli altri, il direttore di Civiltà cattolica, il gesuita padre Spadaro, che a ricordato un suo articolo, scritto insieme al pastore protestante argentino Marcelo Figueroa, nel quale si allarmava per il sorgere, negli Usa, di «fondamentalismi evangelicali e integralismi cattolici». Così, ha twittato che quell’articolo «si rivela utile anche oggi per capire perché  un uomo politico usi il Vangelo e il Rosario come strumento di propaganda». Salvini integralista cattolico? Ma va’.

Non c’è spazio per fare l’elenco di tutti gli altri, quelli che hanno ricordato all’incauto che nel Vangelo c’è scritto di accogliere lo straniero. Il che significa due cose: una, che l’interpretazione delle Scritture viene ormai fatta alla luterana, cioè col libero esame, talché l’adagio tot capita tot sententiae va modificato in tot capita tot theologi; due, che l’accoglienza al migrante deve essere totale e incondizionata (non dice così il Vangelo?). Infine, segnaliamo anche Mario Adinolfi, il quale dichiara: «Consiglio a Salvini, prima di giurare sul Vangelo, di leggerlo». Vabbe’, forse era meglio quando i leghisti andavano a fare i riti celtici con le ampolle d’acqua sul Po. Allora nessuno si indignava né consigliavano a Bossi di andare a leggersi la storia dei Camuni.

Qualcuno, tuttavia, ha fatto notare che un altro Matteo, Renzi disse, quand’era presidente del consiglio, di aver giurato sulla Costituzione, mica sul Vangelo. Ma sì, diamo a Cesare quel che è di Cesare e lasciamo il Vangelo fuori dal Parlamento, non sia mai che a qualcuno venga in mente di applicarlo anche lì.

Quanto a Salvini, ha giurato sul Vangelo, l’abbiamo visto tutti: se ne ricordi, perché su quello lo giudicheremo. In fondo, aveva anche il rosario, «l’arma più potente» (copyright Padre Pio).