Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Caterina d’Alessandria a cura di Ermes Dovico
EDITORIALE

Salvate il Papa dai suoi interpreti

Le reazioni alla visita di papa Francesco a Lampedusa sono state in genere improntate a una riduzione politica e a una clamorosa strumentalizzazione. Non è un fatto nuovo, ma proprio per questo sarebbe importante che in Vaticano ci si ponesse il problema di una comunicazione corretta. 

Editoriali 10_07_2013
Il Papa a Lampedusa

“Speriamo che capiscano questo gesto”, avrebbe confidato papa Francesco ai suoi collaboratori all’inizio della sua visita a Lampedusa, secondo quanto riportato da alcuni vaticanisti. Frase che esprimerebbe la consapevolezza del rischio fraintendimento che una presenza del Papa nell’isola dei naufraghi avrebbe comportato.

Rischio puntualmente trasformatosi in realtà, visto che spesso e volentieri parole e gesti del papa – ma sarebbe meglio dire di tutti i Papi –vengono ridotti a uso e consumo di chi li riferisce. Figurarsi su un tema come quello dell’immigrazione. Così abbiamo assistito a un balletto indecoroso sulle parole del Papa che, in alcune interpretazioni, avrebbe addirittura inteso dare una spallata alla legge Bossi-Fini.

Come abbiamo già detto ieri, in realtà il Papa ha posto la questione su tutt’altro piano, per cui appare piuttosto patetica la reazione – ad esempio - del presidente della Camera Laura Boldrini, ben contenta di poter affermare che il Papa è d’accordo con lei. Ma chissà se la Boldrini ha ascoltato quel passaggio dell’omelia in cui papa Francesco dice che l’origine della violenza sta nel peccato di Adamo, l’uomo che pretende di essere Dio, l’uomo che cancella Dio dal suo orizzonte. Invece di iscrivere d’ufficio il Papa nel partito di Vendola, la Boldrini farebbe molto meglio a pensare alle sue responsabilità nelle tragedie del mare, come di tutti quelli come lei che in questi anni hanno favorito in tutti i modi l’arrivo di immigrati illegali. Né si capisce come il ministro Cecile Kyenge ne abbia tratto spunto per riaffermare la necessità di garantire la cittadinanza per nascita. L’accoglienza umana, la partecipazione al dolore e alla sofferenza di chi vive certe esperienze, è altra cosa dal garantire l’impossibile, ovvero casa, lavoro e cittadinanza a tutto il mondo che eventualmente decidesse di sbarcare a Lampedusa.

Bisogna ridire con chiarezza che una cosa è l’attenzione alla singola persona (e in questo non sono mai stati ringraziati abbastanza i militari italiani che hanno sempre fatto di tutto per trarre in salvo e accudire gli immigrati in pericolo di vita, anche quando era in vigore la politica dei “respingimenti”); e un’altra sono le politiche migratorie che - nel decidere il numero di immigrati a cui dare la possibilità di risiedere in un Paese - devono tenere conto di tanti fattori diversi che permettano una reale integrazione, oltre che delle norme di diritto internazionale.

E quando il Papa ha fatto riferimento alle scelte socio-economiche che favoriscono migrazioni e tragedie, è assurdo ridurlo a una critica dell’Occidente o della globalizzazione. Dal punto di vista economico la globalizzazione ha portato vantaggi per tutti, anche se il processo non è privo di contraddizioni. Ma soprattutto, per la maggior parte di coloro che approdano sulle coste siciliane le scelte politiche dei paesi occidentali hanno avuto un rilievo marginale, se l'hanno avuto. Prendiamo il caso degli oltre 500 profughi arrivati solo ieri a Lampedusa: arrivano da Pakistan, Nigeria, Eritrea, Somalia. Vale a dire fuggono da povertà e persecuzione provocate dal fondamentalismo islamico o dagli ultimi residui di comunismo africano. E allora, la soluzione non è far arrivare mezza Asia e Africa in Italia, ma adoperarsi perché in quei paesi si creino quelle condizioni politiche ed economiche per cui fuggire non sia più necessario.

Perché – dobbiamo tenerlo sempre a mente – coloro che muoiono in mare cercando di raggiungere le coste italiane non muoiono a causa della mancata accoglienza nostra, ma perché qualcuno ne ha facilitato la partenza dalle coste tunisine o libiche. E se non ci fossero state le nostre motovedette il bialncio sarebbe enormemente più grave. 

La reazione alle parole e ai gesti del Papa – in questa come in altre occasioni - pone però un problema di comunicazione che non può essere eluso. La quasi totalità dell’opinione pubblica si forma un giudizio su quanto il papa fa e dice leggendo i giornali o guardando i servizi in tv: sono un’infima minoranza coloro che seguono direttamente i suoi interventi o leggono integralmente i suoi discorsi. Nella fattispecie la stragrande maggioranza degli italiani ha un’idea di cosa ha detto il papa a Lampedusa dalle dichiarazioni della Boldrini o della Kyenge, tanto per fare un esempio. Questo dovrebbe spingere chi in Vaticano si occupa di comunicazione a trovare i modi per trasmettere il reale contenuto del messaggio del papa e, più in generale, del Magistero, non ultimo intervenendo quando ci sono distorsioni così plateali. Purtroppo si ha invece l’impressione,che a volte chi di dovere quasi si compiaccia di certe interpretazioni.