Salario minimo garantito, ennesimo bluff a 5 Stelle
L’intento del Movimento Cinque Stelle, che preme per il salario minimo orario, è quello di limitare lo sfruttamento dei lavoratori, soprattutto giovani. Ma è l’ennesimo provvedimento a sfondo elettoralistico destinato a non creare le premesse per la crescita economica.
Sono venuti a dircelo a casa nostra che è una misura sbagliata. I rappresentanti dell’Ocse tra marzo e giugno sono intervenuti sia al Senato che alla Camera per bocciare l’idea del governo gialloverde di introdurre per legge il salario minimo garantito. In una fase in cui l’Europa è scettica sulle scelte di politica economica del nostro Paese e teme che esse equivalgano più a mance elettorali che non a provvedimenti finalizzati alla crescita, puntare sull’ennesima misura assistenzialistica appare la strada sbagliata. Tanto più che anche la cifra proposta dall’esecutivo, vale a dire 9 euro all’ora, appare superiore a quella di tutti gli altri Stati nei quali il salario minimo è presente.
L’intento del Movimento Cinque Stelle, che preme per il salario minimo orario, è quello di limitare lo sfruttamento dei lavoratori, soprattutto giovani. E’ innegabile che esistano in tutt’Italia e in tutti i settori produttivi e merceologici esempi di abusi ai danni di lavoratori che rendono tanto e che meriterebbero ben più della paga che viene loro riconosciuta. Per non andare lontano, anche nel mondo del giornalismo, che peraltro si qualifica come professione intellettuale, da anni si combatte per il riconoscimento effettivo, non solo sulla carta, dell’equo compenso, inteso come congrua remunerazione dei freelance e dei collaboratori che producono articoli o servizi audio-video per i media tradizionali o online. Il problema, dunque, c’è, ma in questo caso è il passaggio successivo che manca. Siamo sicuri che il salario minimo garantito sia in grado di accrescere il potere d’acquisto dei lavoratori e di stimolare i consumi e quindi la crescita dell’economia? E’ la stessa scommessa fatta con il decreto dignità (stabilizzazione dei posti di lavoro precari) e con il reddito di cittadinanza, ma finora gli indicatori dicono che l’auspicato salutare scossone non c’è stato. La gente non spende comunque perché ha paura del futuro e quindi ogni forma di sussidio non genera ulteriore flusso di denaro e non incentiva la crescita.
La proposta pentastellata è in commissione lavoro del Senato e incontra il consenso della Cgil, che ricorda come l’Italia sia uno dei sei Paesi dell’Unione europea a non avere il salario minimo orario garantito per legge. Gli altri cinque sono: Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia.
Va però detto che in Inghilterra il salario minimo è pari a 7,8 euro all’ora, in Spagna è pari a 5,8 euro all’ora e, complessivamente, nel resto del Vecchio Continente oscilla tra i 4 e i 6 euro. Negli Stati Uniti è a sei euro e mezzo all’ora. Solo la Germania ha un salario minimo di 9,3 euro orari, ma li’ le retribuzioni medie sono decisamente più alte di quelle italiane e, in ogni caso, la misura non sta dando grandi risultati. C’è addirittura chi auspica che il salario minimo orario diventi una misura europea, con un livello uniforme in tutti gli Stati Ue, ma ciò cozzerebbe con le diversità di costo della vita nelle singole nazioni. Ci sono peraltro tantissime aziende, anche italiane, che esternalizzano le loro attività nei Paesi dell’Europa orientale proprio per pagare meno tasse sul lavoro, e queste dinamiche potrebbero essere influenzate dall’introduzione di un salario minimo orario europeo.
In Italia anche il presidente Istat, Gian Carlo Blangiardo ha criticato l’idea grillina perché la ritiene insostenibile. Ci vorrebbero quasi 5 miliardi ogni anno per finanziarla, e non è affatto detto che essa riuscirebbe a rianimare i consumi nel ceto medio. Il rischio, al contrario, è che finisca per implementare il lavoro nero.
Se passasse così come è ora il testo di legge scritto dai senatori del Movimento Cinque Stelle, a beneficiare dell’aumento orario sarebbero 2,9 milioni di lavoratori, in prevalenza cuochi, camerieri, guardie notturne, centralinisti, operai. Secondo l’Inps equivalgono al 21% dei lavoratori dipendenti.
La sensazione è che si tratti dell’ennesimo provvedimento a sfondo elettoralistico destinato a non creare le premesse per la crescita economica. La Lega peraltro è contraria al salario minimo orario garantito e preme per una riduzione del cuneo fiscale, affinchè nelle tasche dei lavoratori entrino più soldi, mantenendo inalterato il costo lordo per i datori di lavoro. Il salario minimo garantito potrebbe dare forse una boccata d’ossigeno ad alcune categorie di lavoratori, ma penalizzerebbe ancora di più il sistema imprenditoriale, favorendo una progressiva delocalizzazione delle attività delle aziende italiane all’estero. E alla fine a perdere, nel complesso, sarebbe il sistema Italia.