Sabato Santo
Il Sabato Santo è un giorno detto aliturgico perché la Chiesa non celebra l’Eucaristia. I fedeli sono chiamati a rivivere in silenzio e meditare sul mistero di Cristo nel sepolcro e sulla sua discesa agli inferi, in anima e divinità, per annunciare la salvezza ai giusti.
Il Sabato Santo è un giorno detto aliturgico perché la Chiesa non celebra l’Eucaristia. I fedeli sono chiamati a rivivere in silenzio e meditare sul mistero di Cristo nel sepolcro e sulla sua discesa agli inferi, in anima e divinità, per annunciare la salvezza ai giusti. In attesa della Veglia Pasquale, che liturgicamente è una celebrazione propria della Domenica di Pasqua (da tenersi dopo il tramonto del Sabato Santo ed entro l’alba del nuovo giorno), tutte le chiese, rimaste al buio dopo la Messa vespertina del Giovedì Santo, continuano a essere nell’oscurità, a simboleggiare la mancanza della luce di Cristo che tornerà a rivelarsi in tutta la sua gloria con la Risurrezione.
La mistica attesa dello Sposo, crocifisso in espiazione dei nostri peccati, spiega poi perché il Sabato Santo sia l’unico giorno in cui non si può ricevere l’Eucaristia (né nel Rito ambrosiano né nel romano), con l’eccezione del viatico per gli ammalati gravi.
L’evento di Cristo nel sepolcro si collega anzitutto alla pietà avuta da Giuseppe d’Arimatea, venerato come santo, che alla sera del venerdì si presentò da Pilato per chiedere il corpo di Gesù e potergli dare degna sepoltura prima che sopraggiungesse il sabato, con la prescrizione del riposo. Gli evangelisti riferiscono del lenzuolo in cui Giuseppe, seguito fino al sepolcro dalle pie donne, avvolse Cristo morto (Giovanni aggiunge che l’accompagnava Nicodemo, il quale “portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre”, cioè gli oli aromatici per la sepoltura). Qui si può ricordare brevemente che il racconto evangelico della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù è del tutto compatibile con la figura impressa sulla Sacra Sindone custodita nel Duomo di Torino.
Il Sabato Santo dà l’occasione di pensare alla prova che vissero gli apostoli e tutti gli amici di Gesù. Essi, in ragione dei suoi miracoli e della sua Parola, avevano creduto davvero che Gesù fosse il Salvatore annunciato dai profeti; e tuttavia erano disorientati di fronte alla sua morte. Una morte avvenuta, per di più, tra le terribili sofferenze e l’ignominia della croce: non si capacitavano del perché Lui, vero Dio e vero uomo, non l’avesse evitata, andandovi anzi incontro come aveva annunciato. Ne comprenderanno il senso alla sua Resurrezione, abbracciando nella loro vita la Divina Volontà sull’esempio di quanto già fatto da Maria Santissima, la creatura che più di ogni altra soffrì per la croce del Figlio. E che pure accettò liberamente quell’immenso dolore, necessario nel disegno salvifico e premessa per la glorificazione.
Come professiamo con il Simbolo degli Apostoli, Cristo morto discese agli inferi. Ma che cosa significa esattamente? Insieme ai diversi passi biblici - come per esempio il Salmo 15, in cui Davide benedice il Signore “perché non abbandonerai la mia vita negli inferi”, citato pure in un discorso di Pietro (cfr. At 2, 31) - ci viene in aiuto il Catechismo: “Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con la sua anima nella dimora dei morti. Ma egli vi è disceso come Salvatore, proclamando la Buona Novella agli spiriti che vi si trovavano prigionieri”, cioè ai giusti: “Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati né per distruggere l’inferno della dannazione, ma per liberare i giusti che l’avevano preceduto”. Ai quali annunciò la sua vittoria sulla morte.
Per saperne di più:
Punti 631-637 del Catechismo, sul significato della discesa di Gesù agli inferi