"Russiagate" all'italiana sgonfiato. Lega innocente
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La Lega prendeva soldi dalla Russia? Tante testate giornalistiche per 4 anni hanno sostenuto questa tesi come se fosse verità, gettando fango su Savoini, presunto "intermediario" con Mosca, Salvini e la Lega. Ora la magistratura ha archiviato l'inchiesta. Ma il danno di immagine resta.
Russiagate? Rubli alla Lega? Finanziamenti illeciti al Carroccio da ambienti putiniani? Corruzione internazionale? Tutte accuse infondate. Solo aria fritta. Peccato averlo scoperto dopo quattro anni di ricostruzioni dietrologiche, accuse risibili e tanto, tanto fango mediatico nei confronti del leader della Lega, Matteo Salvini, di Gianluca Savoini, fondatore dell’associazione Lombardia-Russia, dell’avvocato d’affari Gianluca Meranda e dell’ex bancario del Monte Paschi di Siena, Francesco Vannucci, indagati per corruzione internazionale per il presunto affare russo avvenuto all’hotel Metropol di Mosca. Il gip di Milano Stefania Donadeo ha accolto la richiesta dei pm e ha archiviato l’inchiesta sulla presunta trattativa per far arrivare nelle casse del Carroccio 65 milioni di dollari di fondi russi.
Nessuno avrà la pazienza di recuperare i titoloni sensazionalistici fatti per giorni e giorni dai principali quotidiani cartacei italiani per avvalorare la tesi secondo la quale il Carroccio avrebbe ricevuto aiuti sostanziosi e illeciti dalla Russia. Nessuno, soprattutto, chiederà mai scusa di tutto questo e si cospargerà il capo di cenere ammettendo, nella migliore delle ipotesi, una buona dose di superficialità e, nelle peggiori, una acrimonia preconcetta e una gigantesca malafede.
Non si tratta di destra o sinistra, non è questione di colore politico, bensì di civiltà giuridica e di equilibrio mediatico. Massacrare per anni una forza politica con accuse tutte da provare non è giornalismo ma spettacolarizzazione di illazioni e teoremi.
Dopo 3 anni e mezzo di indagini si chiude così l’inchiesta su quel famoso incontro nell’hotel di Mosca, a cui prendono parte sei persone, e che secondo l’ipotesi iniziale della procura avrebbe visto protagonista un’operazione sospetta di corruzione legata all’importazione in Italia di una grande quantità di petrolio che, nelle parole di chi starebbe trattando, in un anno dovrebbe far affluire 65 milioni di dollari nelle casse della Lega e permettere così al partito guidato da Matteo Salvini di affrontare la campagna elettorale delle ultime europee. Ipotesi – lo ribadiamo – definitivamente archiviata. Palese l’intento di abbattere un nemico politico utilizzando ancora una volta la questione morale e l’esplosivo cocktail della persecuzione mediatico-giudiziaria.
Giusta, quindi, l’esultanza dei protagonisti. “Archiviata l’inchiesta sui presunti fondi russi del caso Metropol. Adesso aspettiamo le scuse di tanti, e prepariamo le querele per molti”, scrive sui social Matteo Salvini, leader della Lega e attuale Ministro delle infrastrutture.
Di questo scandalo finito in nulla, come tanti nella storia italiana, chiederà scusa qualcuno? “Abbiamo appreso con viva soddisfazione che il gip di Milano ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dai pm con riferimento al caso cosiddetto Metropol, che tanto clamore e dietrologie aveva creato nell’estate del 2019. La difesa di Gianluca Meranda e di Francesco Vannucci non ha mai coltivato dubbi in merito all’estraneità dei propri assistiti in ordine al reato contestato, cosi come, nel silenzio che la serietà che il sistema penale richiede nel rispetto del lavoro della magistratura, ha sempre confidato nella giustizia. Si mette la parola fine dunque ad una vicenda dai tratti squisitamente giornalistici e certamente priva di rilevanza giuridica”, commenta l’avvocato Ersi Bozheku, difensore di due degli indagati per i quali il gip di Milano ha chiesto l’archiviazione.
Ma le parole più eloquenti e significative arrivano proprio da uno dei più flagellati dai media per quello scandalo montato sul nulla. “Sin dall’inizio si sapeva che sarebbe andata così, un nulla di fatto, nato dopo un tentativo ben orchestrato di aggressione mediatica internazionale, la Lega di Salvini al 34% dava troppo fastidio”, commenta Gianluca Savoini, ex portavoce di Matteo Salvini e uomo dei rapporti con Mosca del Carroccio.
Savoini si sente vittima di una macchinazione delle centrali globaliste e mondialiste che vedevano l’ascesa della Lega come fumo negli occhi. Ha pagato con la gogna mediatica la sua vicinanza trentennale a Matteo Salvini, di cui per lunghi periodi è stato uno strettissimo collaboratore. Probabilmente volevano colpire il Capitano e si sono serviti di lui per raggiungere lo scopo. “Tutto scoppia con le registrazioni illecite dell’ottobre del 2018 - ricostruisce Savoini - cinque mesi dopo la nascita del primo governo Conte, di cui Salvini era vicepremier. In cinque mesi mettono in piedi una macchinazione perfetta per fermare la Lega, rivolgendo al nostro partito le stesse accuse già rivolte al presidente Trump”.
Tra i particolari più raccapriccianti della vicenda anche l’atteggiamento vile e profondamente anti-professionale e anti-deontologico di quelle testate giornalistiche che più di altre si sono cimentate per anni nell’arte della sistematica denigrazione dei protagonisti del Russiagate e oggi non danno alcun risalto mediatico alla notizia dell’archiviazione. L’ennesima brutta pagina di certo giornalismo fazioso e a senso unico.