RU486, la FDA ha sottostimato gli effetti avversi
Un articolo sulla rivista scientifica Health Services Research and Managerial Epidemiology mostra che l’agenzia americana per i farmaci ha fornito dei dati non attendibili sugli effetti collaterali del mifepristone, di molto inferiori a quelli registrati nientemeno che da Planned Parenthood. Eppure, la pillola abortiva viene sempre più liberalizzata, tanto negli Usa quanto in Italia.
Parliamo delle complicanze che provoca la pillola abortiva RU486 o, meglio, degli effetti collaterali assai gravi provocati dal suo principio attivo, il mifepristone. Ricordiamo i principali: abbondanti e prolungate emorragie, svenimenti, aumento della pressione, nausea, vomito, dolori e crampi addominali, endometriosi, aborto incompleto e morte [cfr. R.M. De Hart, M. S. Moreheade, Mifepristone, in. Ann. Pharmacother, 2001 Jun 35 (6), studio che analizza tutti gli studi in inglese dal 1966 al 2000]. L’uccisione del bambino nel grembo materno non è invece un effetto collaterale, ma l’unico effetto ricercato direttamente.
In genere i difensori di questa pillola, al fine di sostenere la sostanziale innocuità del mifepristone, sbandierano i dati pubblicati dalla Food and Drug Administration (FDA) americana, che è il corrispettivo statunitense della nostrana Aifa. Un organo quindi deputato, tra le altre cose, a praticare una sorveglianza stretta sugli eventi avversi provocati dai farmaci.
Le ricercatrici Cristina Circucci, Kathi Aultman, Donna Harrison hanno pubblicato a fine dicembre scorso sulla rivista scientifica Health Services Research and Managerial Epidemiology un articolo dal titolo “Eventi avversi del Mifepristone identificati da Planned Parenthood nel 2009 e nel 2010 rispetto a quelli presenti nel sistema di segnalazione degli eventi avversi della FDA e quelli ottenuti attraverso il Freedom of Information Act”. La conclusione è questa: il numero di complicanze provocate dal mifepristone segnalate tra il 2009 e il 2010 da Planned Parenthood - un’organizzazione che promuove l’aborto nel mondo - è assai maggiore di quello pubblicato dalla FDA, numero quest’ultimo che, tra l’altro, comprende tutti gli aborti chimici avvenuti nel Paese, non solo quelli praticati nelle cliniche di Planned Parenthood. Dunque, i dati della FDA non sono attendibili. Ma procediamo con ordine.
La FDA ha approvato il mifepristone come principio farmacologico abortivo nel 2000. In quell’occasione ha chiesto ai medici, oppure alle organizzazioni abortive come Planned Parenthood, di segnalare ai produttori delle pillole abortive gli effetti avversi (nel caso della Planned Parenthood il produttore è la Danco Laboratories). Questi poi avrebbero dovuto segnalarli alla FDA.
Ora le autrici dell’articolo sono andate a leggersi un articolo scientifico della dottoressa Kelly Cleland dal titolo “Eventi avversi significativi ed esiti dopo l’aborto medico” pubblicato su Obstetrics & Gynecology che riguardava le complicanze degli aborti provocati con la pillola a base di mifepristone tra il 2009 e il 2010 somministrata nelle cliniche di Planned Parenthood. Il numero di queste complicanze segnalate da Planned Parenthood ammontava a 1530. Quante sono invece quelle che compaiono on line sul sito della FDA? 664. E fate bene attenzione: FDA include in quel numero tutte le complicanze di tutti gli aborti chimici avvenuti negli Usa, non solo quelli avvenuti nelle cliniche di Planned Parenthood che sono “solo” il 37% del totale. Ma c’è di più: l’articolo di Cleland riguarda solo alcuni eventi avversi, non tutti. L’autrice ad esempio non segnala gli effetti collaterali più comuni (non espulsione del feto ed emorragie che non comportano trasfusioni). Invece i dati della FDA includono tutti i tipi di complicanze, quindi il numero di complicanze indicato dalla FDA dovrebbe essere assai maggiore.
Inoltre è possibile ottenere dei rapporti ufficiali su tali complicanze grazie ad una legge, il Freedom of Information Act, rapporti che si basano sui dati trasmessi dalla FDA. Il numero di effetti collaterali presente nel rapporto ufficiale dovrebbe perlomeno coincidere con quello pubblicato sul sito della FDA ed invece le cose non stanno così. Infatti il numero di 664 eventi avversi prima indicato e presente sul sito della FDA, numero che abbiamo visto non essere attendibile, diminuisce ancora nel suddetto rapporto e scema a 330. Le autrici concludono che “queste discrepanze […] dimostrano che il Sistema di Report degli Eventi Avversi [della FDA] è inadeguato per valutare la sicurezza del mifepristone”.
Le ricercatrici sottolineano che tutto il sistema di segnalazione è poco affidabile. Infatti molte pazienti accusano effetti collaterali, ma non li comunicano ai medici. Inoltre non è certo che il medico o la struttura che ha procurato l’aborto sia a conoscenza delle complicanze che possono verificarsi anche a distanza di molto tempo, che il medico o la struttura informi di tali complicanze il produttore della pillola e che quest’ultimo a sua volta le comunichi alla FDA.
Le autrici, al fine di verificare l’attendibilità dei dati pubblicati dalla FDA, hanno dovuto prendere uno studio che riguardava il biennio 2009-2010 e non un periodo a noi più vicino perché “nel 2016 la FDA ha eliminato l’obbligo di segnalare gli eventi avversi derivanti dal mifepristone diversi dalla morte”. Dunque, dal 2016 l’unica complicanza conoscibile verificatasi sul suolo statunitense è la morte.
Giustamente poi le autrici si pongono questo dubbio: “Non ci è noto se l’inesattezza del Sistema di Report degli Eventi Avversi [della FDA] si estenda alla segnalazione richiesta per altri farmaci, ma i risultati presenti in questo articolo hanno implicazioni significative per la valutazione della sicurezza dei farmaci in generale”. In breve, c’è poco da fidarsi della FDA.
Nonostante queste gravi lacune dei dati pubblicati dalla FDA, la stessa a dicembre ha dato il via libera alla somministrazione della pillola abortiva per posta. La liberalizzazione sempre più spinta di questo preparato chimico con effetti abortivi è un obiettivo perseguito non solo negli Usa, ma a livello mondiale. Per citare il caso italiano ricordiamo solo il ministro Roberto Speranza - tanto premuroso verso la vita dei già nati tanto da sopprimere molte libertà costituzionali causa pandemia, ma non altrettanto premuroso verso la vita dei non ancora nati - che nell’agosto del 2020 decise che l’aborto tramite RU486 da allora in poi sarebbe dovuto avvenire in regime di day hospital e non tramite ricovero ordinario (clicca qui per un approfondimento).