RS, un'altra vita eliminata. Ma è l'amore che vogliono uccidere
RS, il cittadino polacco "prigioniero" di un ospedale inglese, è morto. Un’altra vita se ne è andata. Soppressa da un nuovo totalitarismo che non tollera la vita. È lo Stato che decide chi ha diritto di vivere e chi deve morire, ma che soprattutto non tollera l'amore gratuito di persone che si prendono cura dell’altro non per un interesse o per un tornaconto, ma solo perché l’altro esiste. È l’amore che si vuole bandire dalla società tecnocratica, la gratuità dell’amore.
Un’altra vita se ne è andata. Soppressa da un nuovo totalitarismo che non tollera la vita. È lo Stato che decide chi ha diritto di vivere e chi deve morire. Un’altra esecuzione di un innocente che aveva solo il torto di essere disabile, senza una speranza di guarire, di tornare efficiente secondo i criteri del mondo. Ucciso negandogli perfino la dignità di un nome e di un volto da mostrare. RS, iniziali fittizie imposte da un giudice: «per tutelarne la privacy», recita l’ipocrita sentenza.
No, è per evitare che le coscienze dell’opinione pubblica si sveglino dal torpore. È difficile commuoversi e lottare per delle iniziali senza volto, rende tutto astratto e lontano. Il Potere lo sa bene: è molto più difficile nascondere la barbarie quando tutti hanno davanti il volto di un uomo che dà segni di vita, con un nome e una storia in cui tanti si possono riconoscere, quando è evidente che si sta deliberatamente uccidendo un uomo, impedendo perfino che altri se ne prendano cura. Con il nome della vittima, vengono cancellati anche il nome e il grido di genitori, mogli, figli, sorelle e fratelli che si vedono strappare una persona amata.
Non solo si vuole uccidere la vita, si vuole uccidere anche l’amore; l’amore gratuito di persone che si prendono cura dell’altro non per un interesse o per un tornaconto, ma solo perché l’altro esiste. È l’amore che si vuole bandire dalla società tecnocratica, la gratuità dell’amore. Solo così si spiega l’ostinazione di un Potere – un intreccio di complicità tra medici, giudici, politici – nel far morire un uomo che sarebbe stato molto più semplice consegnare ai suoi familiari polacchi per riportarlo nel suo paese natìo.
All’ospedale di Plymouth non sarebbe costato nulla, il posto letto sarebbe stato liberato subito, si sarebbero evitati tanti costi per le cause in tribunale, si sarebbe evitato anche il fastidio di una querelle diplomatica con il governo della Polonia. E dopo i casi di Charlie Gard, Alfie Evans e tanti altri il Regno Unito avrebbe evitato di riproporsi ancora come il paese che elimina i deboli e i malati, lasciandoli morire di fame e di sete.
Non c’era niente di conveniente nell’impedire che RS fosse trasportato in Polonia dai suoi familiari, neanche l’orgoglio di una nazione sovrana che si sente criticata nel suo Sistema Sanitario che è il fiore all’occhiello del paese.
No, l’unico motivo è che si vuole impedire l’amore, come è stato per Eluana Englaro in Italia, come è stato per Vincent Lambert in Francia e per centinaia e migliaia di vittime senza volto che in questi anni sono stati messi a morte ovunque in Europa. Si vuole cancellare l’amore, la gratuità, è per questo che anche il mondo combatte la famiglia, perché l’amore, la gratuità, il dono di sé incondizionato nascono proprio da lì.
Facciamo fatica ad ammetterlo, ma quello di staccare la spina a chi è in condizioni di grave disabilità giudicate irreversibili (anche se a volte invece l’esperienza ci dimostra che le condizioni migliorano), quello di far morire di fame e di sete pazienti indifesi, è diventato un fenomeno diffuso nelle nostre società occidentali; è un fenomeno che si consuma nel silenzio, interrotto di tanto in tanto da familiari che si rendono conto della barbarie e reagiscono, cercano di fermare questo terribile sistema, come è accaduto più volte in Inghilterra in questi anni.
Incompresi, sempre più incompresi: dai medici, dai giudici, dai politici, dai pastori, ma anche da un’opinione pubblica sempre più convinta che, in fondo, in fondo, alcune vite siano davvero inutili e insostenibili.
Si è cominciato con i bambini non ancora nati, una strage continua diventata un diritto; ci si può sorprendere che ora si passi ad altre vite giudicate indegne di essere vissute? E il confine si sposta sempre più in là: prima i malati terminali, poi quelli gravi, poi i casi irreversibili, poi chiunque soffra, e ancora, e ancora…. Verso una società di “pochi, ma buoni”. Vi ricorda qualcosa?
No, non il nazismo, ma quello che ha generato il nazismo: l’eugenetica che, partita dal mondo anglosassone, si è affermata in tutto il mondo occidentale all’inizio del XX secolo; quella ideologia e quella cultura che hanno concepito una società per soli sani ed efficienti. Il nazismo ne è stata solo un’applicazione radicale, ma le stesse cose sono accadute prima anche negli Stati Uniti e nel Nord Europa, dove aborti e sterilizzazioni forzate per le persone considerate “insane” erano legge. La vergogna per la tragedia del nazismo e della Seconda guerra mondiale hanno solo creato una pausa, ma oggi l’eugenetica è di nuovo mentalità dominante.
È una strana ironia del destino che piangiamo la morte di RS proprio nel Giorno della Memoria. Si dovrebbe ricordare quanto accaduto per impedire che l’Olocausto accada ancora; e tutti a fare discorsi, pistolotti moralistici e proclami sul “mai più”. E invece quella storia si sta ripetendo, forse in una versione ancora peggiore. Con la complicità di tutti, noi cattolici compresi: molto più preoccupati di non turbare gli equilibri, di non essere troppo divisivi, di sacrificare ogni cosa alla stabilità dei governi. E così puntelliamo un sistema orribile, assassino, contro l’uomo e contro Dio, anzi: contro l’uomo perché è contro Dio. E tra poco ne raccoglieremo tutti i frutti mortiferi, già qui sulla terra.
Per non parlare del dopo, perché l’ultimo giorno dovremo rispondere anche di tutti gli RS che abbiamo volutamente ignorato per mantenere la nostra tranquillità, ci verrà chiesto conto di tutte le omissioni e i silenzi che hanno permesso all’ingiustizia di farsi sistema e potere oppressivo. Ci verrà chiesto conto dell’amore che abbiamo contribuito a cancellare dalla terra.