Rose rosse e preghiere salvano un'altra vita
Azione anti-abortista di quattro attivisti pro life della Red Rose Rescue a Trenton (New Jersey) in una clinica di Planned Parenthood. Un sacerdote francescano e tre laici sono riusciti a parlare con madri che si accingevano ad abortire, e a regalare una rosa rossa. Un bambino salvato.
Una preghiera, una frase detta con carità, e trasmessa al prossimo magari con l’aiuto di una rosa rossa, possono salvare delle vite. Lo sanno bene le quattro persone - un sacerdote francescano e tre laici - che pochi giorni prima del Natale sono state arrestate dopo essere riuscite a entrare in una clinica della Planned Parenthood di Trenton, nel New Jersey, per dare delle rose rosse e consegnare libri pro vita a sei donne in sala d’attesa e a rischio di sottoporsi a una procedura abortiva: almeno un bambino è stato verosimilmente salvato grazie a quest’azione coraggiosa, portata avanti dal movimento del Red rose rescue, traducibile come il «Soccorso (o salvataggio) della rosa rossa».
L’intervento degli attivisti pro life è avvenuto alle 9 di mattina del 22 dicembre, come riferisce Life Site News, in una clinica sita sulla State Street. I quattro arrestati, ma presto rimessi in libertà, sono padre Fidelis Moscinski dei Frati francescani del rinnovamento, Matthew Connolly, William Goodman e Patrice Woodworth. La loro è stata la prima azione realizzata dal Red rose rescue in una struttura della Planned Parenthood, famigerata multinazionale abortista, e complessivamente l’undicesima di questo tipo dal settembre 2017, quando cioè i «soccorritori» pro life hanno ripreso a operare con continuità. Nello specifico è stato Goodman, che verso la metà del 2018 aveva già scontato una pena detentiva di 34 giorni, a riuscire a conversare con la donna, accompagnata dal suo fidanzato, consegnarle la rosa insieme a del materiale utile e parlarle dell’umanità del bambino che porta nel grembo. Dopo ciò la coppia si è alzata e ha lasciato la clinica.
Secondo Monica Migliorino Miller, responsabile dei Citizens for a pro-life society e anche lei in precedenza arrestata, «per noi è stata una vittoria il fatto che se ne siano andati. Stavano compilando la modulistica (per un aborto)», dunque tutta la procedura formale per porre a termine la gravidanza, e con essa la vita del bambino, era in dirittura d’arrivo. «Non sappiamo se torneranno», ha spiegato la Miller al Trentonian, un quotidiano locale, «tutto quello che possiamo dire è che se ne sono andati durante il periodo del “soccorso”. Siamo stati molto incoraggiati da questo. Se non fossimo andati lì dentro e non avessimo parlato con quella coppia, quel bambino sarebbe probabilmente morto».
In quei momenti delicatissimi il personale della Planned Parenthood, dopo aver allertato la polizia, aveva cercato di far spostare i quattro attivisti in un’altra stanza dell’edificio, ma padre Moscinski e gli altri tre pro life sono rimasti nella sala d’attesa pregando e intonando inni sacri fino all’arrivo degli agenti. I quali poi li hanno arrestati con l’accusa di violazione di domicilio, salvo rilasciarli non molto tempo dopo. Non appena liberati dal carcere, i quattro sono tornati all’esterno della clinica per pregare per le madri e lo staff e affinché non si pratichino più aborti.
Il Red rose rescue si può considerare come uno sviluppo delle prime azioni di «soccorso» messe in atto dal movimento pro vita americano e che raggiunsero il loro picco tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, sull’onda della straordinaria testimonianza di una donna, Joan Andrews Bell, che trascorse cinque anni - di cui quasi due in isolamento - in una prigione di massima sicurezza della Florida, prima della scarcerazione nel 1988. In quei tempi molti difensori della vita bloccavano con i propri corpi gli ingressi dei centri per l’aborto. Nel complesso vennero arrestate circa 75 mila persone del movimento pro life, ma il risultato della loro disobbedienza a una norma ingiusta fu il ravvedimento di migliaia di genitori e il salvataggio di migliaia di bambini. Questa ondata di «soccorsi» finì sostanzialmente nel 1994 quando Bill Clinton firmò un atto, il Freedom of access to clinic entrances Act (Face), che tra l’altro rese un crimine federale il bloccare fisicamente l’accesso a una struttura abortiva, inasprendo le sanzioni.
Nel settembre 2017, come detto, il movimento si è rinvigorito grazie alla formazione del Red rose rescue, che ha tratto ispirazione da un’altra eroina pro vita, la canadese Mary Wagner, arrestata più volte (il 25 dicembre 2018 è stato il suo primo Natale, dopo sette celebrati dietro le sbarre, da donna libera) per essere entrata nelle cliniche cercando di convincere le donne a non abortire, offrendo loro rose rosse e bianche, medaglie della Madonna, libri e volantini con i numeri utili a trovare aiuto per la maternità. Per questi innamorati della vita, la consegna della rosa rossa (peraltro uno dei simboli della Vergine Maria) alle madri è intesa a voler trasmettere la loro dignità di esseri umani. Finora, dopo 11 azioni di soccorso intraprese in circa 15 mesi, nessun membro del Red rose rescue ha subito sanzioni ricadenti sotto il Face, perché di volta in volta le accuse sono state rigettate, tanto che in un’altra occasione padre Moscinski ha espresso la sua meraviglia ringraziando la Divina Provvidenza.
All’azione pro life di Trenton era presente anche un altro sacerdote, Stephen Imbarrato, che non figura tra gli arrestati del 22 dicembre perché rimasto fuori dal centro abortista a recitare il Rosario. Padre Imbarrato, che era stato comunque fermato dagli agenti in un’azione simile fatta due giorni prima a Washington, ha spiegato a Life Site che vede la mano di Dio nel guidare lui e gli altri fedeli ad accedere a centri abortivi con molti piani e all’interno di strutture complesse, dove risulta difficile individuare e poter parlare con le donne intenzionate a interrompere la gravidanza. «La maggior parte delle cliniche della Planned Parenthood sono di difficile accesso. Anche quella a Trenton aveva una guardia. I quattro coraggiosi soccorritori hanno programmato bene il loro ingresso e raccolto molte benedizioni».
Benedizioni raccolte a costo di essere privati della propria libertà fisica, per un moto del cuore e un valore evidentemente più grandi. Volendo aiutare tanto i bambini quanto le donne, i «soccorritori» hanno due obiettivi: offrire incoraggiamento e speranza alle madri per dissuaderle dall’intento di sopprimere la vita cresciuta dentro di loro; stare accanto ai nascituri nel momento dell’abbandono. Per questo motivo, al momento dell’arrivo della polizia, che avvertiva i quattro pro life di essere in stato di violazione di domicilio, Goodman ha spiegato agli agenti che loro quattro non potevano lasciare quella clinica: «Non possiamo andarcene. Bambini innocenti non nati stanno per essere messi a morte e noi abbiamo deciso di rimanere con loro».