Rohingya, i rifugiati in Bangladesh rifiutano di tornare nel Myanmar
Il programma di rimpatrio dei Rohingya è stato sospeso dopo che i primi 150 rifugiati scelti dal governo bangladeshi hanno rifiutato di tornare a casa temendo per la loro sicurezza
Dovevano iniziare il 15 novembre con il trasferimento di 150 persone, scelte in un primo gruppo di 2.260, le operazioni di rimpatrio degli oltre 900.000 Rohingya fuggiti dallo Myanmar in Bangladesh nel 2016 e 2017. Ma tutti i rifugiati selezionati hanno rifiutato di tornare in patria temendo per la loro sicurezza. Il governo bangladeshi ha dichiarato che non costringerà nessuno a partire, ma ha anche ribadito che il paese non ha una politica di integrazione e che il futuro dei Rohingya è nel Myanmar. In effetti sia l’Unhcr che le organizzazioni umanitarie presenti nei campi di Cox’s Bazar hanno espresso dubbi sull’opportunità di avviare il programma di rimpatri ritenendolo del tutto prematuro e avventato dal momento che ancora non ci sono le condizioni nel Myanmar per garantire la sicurezza dei profughi. Anche se la tensione si è allentata, l’ostilità e le discriminazioni nei confronti dei Rohingya non sono diminuite nel corso dell’anno. Gli attivisti Rohingya nelle scorse settimane hanno esercitato pressioni contro il programma di rimpatrio e hanno anche minacciano gli operatori stranieri e gli anziani che si sono espressi a favore del rientro in patria. Per timore di essere rimpatriate a forza, già decine di famiglie sono fuggite dai campi dove perciò è stata intensificata la vigilanza.