Riscoprire il piano per la famiglia
Pur educati in scuole cattoliche, i giovani irlandesi hanno votato in massa per il "matrimonio" gay. E in Irlanda va già meglio che in Italia, dove solo il 10% degli studenti frequente le paritarie. Il problema è a monte ed è la famiglia. Se vogliamo un futuro dobbiamo rimettere la famiglia in condizioni di esercitare funzioni di maggior livello rispetto all'ambito in cui è chiusa.
Nella sua catechesi sulla famiglia - che è stata anche al centro dell’udienza di ieri - Papa Francesco ha ribadito e riaffermato la centralità della famiglia con tutta l’efficacia comunicativa che gli è propria, anche se poi è stato come al solito accuratamente censurato dai media più potenti e più diffusi. A parte infatti chi l’ha potuto ascoltare di persona, sono ben pochi i lettori e i telespettatori che sono venuti a saperlo. E tra questi i lettori della Nuovabq [“Se sparisce la famiglia viene giù tutto”].
Dopo l’esito del recente referendum irlandese l’arcivescovo di Dublino, mons. Martin, ha tra l’altro sconsolatamente affermato che il voto giovanile quasi del tutto a favore dello pseudo-matrimonio tra omosessuali proveniva da persone che per lo più avevano alle spalle dodici anni di frequenza in scuole cattoliche. In scuole di questo orientamento infatti studia la massima parte degli irlandesi. Dal punto di vista del sistema scolastico l’Irlanda sulla carta è un paradiso rispetto all’Italia, dove solo il 10% circa degli scolari e studenti accede a scuole non statali, per lo più di orientamento cattolico; e queste non godono di alcun consistente sostegno erariale, possono quindi venire frequentate solo a spese delle famiglie, molto spesso con grave sacrificio economico. In tanti casi per le famiglie si tratta di scegliere se mandare i figli alla scuola migliore per loro oppure se accumulare i risparmi che poi consentiranno di aiutarli, al momento in cui si sposeranno, ad acquistare la casa dove andranno a vivere. La sconsolata affermazione dell’arcivescovo di Dublino ci aiuta tuttavia a capire quale disastroso buco nell’acqua può essere la conquista della libertà d’educazione quando non è accompagnata da una capacità di educare in modo non succube all’ordine costituito culturale dell’Occidente. La Chiesa d’Irlanda è chiamata ora a domandarsi che cosa avrebbe dovuto fare negli ultimi decenni per evitare quella che, come ha giustamente detto il cardinale Parolin, è una sconfitta per l’umanità prima che per la Chiesa.
Senza restare muta in attesa di un’analoga catastrofe anche la gente di fede in Italia farebbe bene a cominciare a interrogarsi e quindi a ricomparire a viso aperto sulla scena della vita pubblica italiana con presenze sociali forti e attraenti e con proposte politiche originali, tali da suscitare l’attenzione di tutti gli strati più sensibili e attivi della società italiana.
Se è vero come è vero che “se sparisce la famiglia viene giù tutto”, allora occorre da un lato difenderla da chi la vuole snaturare e dall’altro contemporaneamente premere per una politica attiva di sostegno allo sviluppo della famiglia come risorsa. Osservo per inciso che c’è al riguardo un interessante “piano per la famiglia” a suo elaborato per iniziativa del senatore Carlo Giovanardi quando era sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle politiche familiari: un interessante documento che meriterebbe di venire riscoperto. Richiede degli ovvi aggiornamenti ma è un ottimo punto di partenza.
In tale prospettiva è urgente fare in primo luogo uno sforzo per ripensare alla famiglia come era in società meno atomizzate dell’attuale. Non basta insomma rivitalizzarla, ma solo entro l’esiguo perimetro cui oggi è stata ridotta. Va invece rimessa in grado di riesercitare funzioni di maggior rilievo e di più ampio raggio in ogni ambito, da quello economico a quello sociale, da quello culturale a quello scolastico. Riservandoci di soffermarci in future occasioni su altri ambiti facciamo qui accenno alla scuola, ovvero sull’educazione, la cui importanza è primaria. Sarebbe una colpa gravissima lasciare che le scuole pubbliche non statali - create con tanta fatica e scelte dalle famiglie spesso con grande sacrificio - si riducano a essere soltanto delle scuole di… buone maniere, magari bene ordinate, ma dove in fin dei conti si insegna in modo tributario alla cultura dominante nel segno di una malaugurata reverenza per la “razza padrona” della scuola pubblica di Stato (ministeriale o sindacale che sia). In tale quadro, nella misura in cui si vincesse la battaglia per la libertà d’educazione (traguardo pur remoto al momento) si farebbe la fine dell’Irlanda. Ci sarebbe poi da parlare di che cosa significa il principio di sussidiarietà seriamente inteso nella sfera sia delle istituzioni che della società, ma sarà per un’altra volta.