Rieducazione in grigioverde, il vero scopo della naja
A cosa servirebbe la nuova naja? Perché Lega e associazioni d'Arma reintrodotto nel dibattito politico la proposta di reintrodurre la leva obbligatoria? Non si trova alcun cenno alla funzione che spetta a un corpo militare: la difesa del paese. La funzione della nuova naja è dichiaratamente un’altra: l’educazione. Che però spetta alla famiglia.
A cosa servirebbe la nuova naja? Per quale motivo la Lega ha reintrodotto nel dibattito politico la proposta di reintrodurre la leva obbligatoria? Nelle motivazioni del ministro e vicepremier Matteo Salvini e dalle associazioni d’Arma che appoggiano la proposta non si trova praticamente alcun cenno alla funzione che spetta a un corpo militare: la difesa del paese. La funzione della nuova naja è dichiaratamente un’altra: l’educazione.
Salvini: “Così almeno si impara un po’ di educazione che i genitori non sono in grado di insegnare”. Associazione Nazionale Alpini: “Oggi, a 13 anni dalla sua sospensione (della leva obbligatoria, ndr), si avverte la necessità di colmare un vuoto educativo che sta toccando in maniera trasversale tutti gli ambiti della società, dalla scuola alla famiglia, dalla Chiesa alla politica”. Daniele Carozzi, Associazione Nazionale Bersaglieri: “Serve una cultura di responsabilità, soprattutto in un momento in cui la scuola è un parcheggio e la famiglia allo sfascio. Riportare il servizio di leva ha un costo? Io credo piuttosto che sia un investimento”.
Insomma, in estrema sintesi: si vuole reintrodurre la leva obbligatoria, perché lo Stato ci vuole rieducare. Nel ben articolato comunicato dell’Associazione Nazionale Alpini, si legge un piccolo studio sociologico: “Non sfugge, che il concetto educativo nelle nuove generazioni oscilla tra il polo delle competenze e quello del mito del buon selvaggio, ovvero l’idea che debbano crescere liberi perché poi arriverà la stagione delle responsabilità”. Soluzione? “L’idea è appunto quella di chiedere ai giovani di assumersi la responsabilità attraverso un servizio al Paese, incontrando una sensibilità che sta crescendo non solo nelle associazioni d’Arma ma anche tra la gente, nel popolo. Tale servizio non necessariamente deve essere un servizio armato ma sicuramente un ausilio alle istituzioni militari e non ma sempre rivolto al bene comune della Patria”.
Sono parole apparentemente di buon senso che constatano un’emergenza educativa che è sotto gli occhi di tutti. Solo apparentemente, però. Di emergenza educativa, Don Giussani parlava già dal 1961 e poi più approfonditamente nei tardi anni Novanta, anni in cui la leva obbligatoria c’era ancora. L’emergenza educativa nei cattolici è semmai motivata da una fede debole, come denunciava Don Giussani quasi sessant’anni fa. Nel caso dei laici, a creare il problema, è la progressiva ideologizzazione delle classi insegnanti a cui si assiste almeno dal ’68 in avanti. Il problema si è aggravato col venir meno del principio di sussidiarietà, secondo il quale l’educazione è prerogativa e vocazione naturale della famiglia. Un principio ben presente anche nella nostra Costituzione e nel nome del quale, per decenni, i cattolici hanno combattuto contro il monopolio tendenziale dello Stato nell’educazione, chiedendo più libertà di dare un’istruzione ai figli in scuole paritarie scelte dalla famiglia, o in scuole parentali formate dalle famiglie stesse.
Il concetto di educazione che viene proposto dalle associazioni d’Arma procede nel senso contrario, è estremamente accentratore. Si pretende che l’esercito diventi un surrogato di scuole e famiglia e, per l’Associazione Nazionale Alpini, anche della Chiesa. Da questo punto di vista, un sergente istruttore dovrebbe sostituirsi al padre e alla madre, all’insegnante e persino al prete, ormai ritenuti tutti inadeguati a formare i giovani. E' però una pia illusione che i giovani obbligati a prestare servizio militare siano educati da altri giovani (spesso coetanei o di età inferiore) diversi dalla norma. A meno che non si creda che i militari formatori arrivino da un altro mondo, con valori immacolati, essi stessi saranno prodotto della società attuale, non diversi dai loro viziati coetanei che si vorrebbero "raddrizzare". Un esercito è lo specchio della sua società. Gli Alpini della Prima e Seconda Guerra Mondiale, col loro stoicismo e spirito di sacrificio, erano prodotto delle comunità alpine del Novecento, con i loro valori profondamente patriottici e altrettanto profondamente cattolici. Oggi quelle comunità non esistono letteralmente più. Il nuovo esercito di leva avrebbe il volto dei nativi digitali nati negli anni 2000 e rispecchierebbe la loro indole. Perché sono le buone persone che fanno il buon esercito. Invertendo l'ordine dei fattori, non si ottiene lo stesso risultato.