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LETTERE

Don Giussani, profeta dell'emergenza educativa

Don Giussani è stato il primo, alla fine degli anni Novanta, a parlare di “emergenza educativa”, di fronte all’evidente sfascio di ideali e di moralità. Ma già dal 1961, nell'articolo Crisi e possibilità della gioventù studentesca parlava di “crisi di educatori” cristiani, dovuta ad “assenza di convinzioni” e ad “assenza di eticità”. Profetico.

Ecclesia 12_09_2016
Don Giussani

Caro direttore,

se ricordo bene, il servo di Dio don Giussani è stato il primo, alla fine degli anni Novanta, a parlare di “emergenza educativa”, di fronte all’evidente sfascio di ideali e di moralità che caratterizza questi nostri anni tribolati. Leggendo il suo libro Porta la speranza (Marietti, 1997), noto che già negli anni Sessanta (potenza dei profeti) don Giussani aveva posto prepotentemente tale problema. Questo libro, molto prezioso, raccoglie i “primi scritti” del sacerdote brianzolo, molti dei quali affrontano proprio il problema educativo, a lui sempre caro ed al quale ha dedicato instancabilmente tutta la vita. In particolare, nelle pagine 16-27, troviamo riportato uno scritto del 1961 intitolato Crisi e possibilità della gioventù studentesca, nel quale sono riassunte le preoccupazioni di don Giussani circa un’educazione cristiana che sia effettivamente efficace e già allora parlava di “crisi di educatori”, dovuta ad “assenza di convinzioni” e ad “assenza di eticità”.

Don Giussani, in pratica, accusava gli educatori cristiani di non offrire ai giovani un “aiuto per la scoperta di una ipotesi esplicativa unitaria” e, in secondo luogo, un aiuto per “riferire il giovane ad un impegno esistenziale, unica possibilità di verifica”. Sotto il primo profilo, Don Giussani sottolineava come “l’assenza di una ipotesi come criterio esplicativo unitario implica addirittura, per noi insegnanti cristiani, l’assenza della figura di Cristo come chiave di volta di tutto il reale”. Sotto il secondo profilo, possiamo leggere che “l’insegnamento oggi manca per quel razionalismo d’impostazione che dimentica l’importanza dell’impegno esistenziale come condizione inevitabile per una genuina esperienza di verità e, quindi, per una convinzione. Non si può capire la realtà se non ‘ci si sta’ “ (pagina 20-21). A pagina 22, poi, si legge, a conferma, che l’educazione deve “spingere il giovane a confrontare con quel criterio (quello di Cristo, ndr) ogni incontro, ad impegnarsi cioè in una personale esperienza, in una verifica esistenziale”.

In conclusione dell’articolo, don Giussani scrive: “riassumerei così i punti lungo i quali si potrebbe muovere una nostra energica azione educativa: 1) proporre Cristo come ‘principio risolutore’ di ogni cosa. 2) impegnare i ragazzi in un ‘fare cristiano’, unico modo per verificare vitalmente quella proposta che è Cristo. 3) ridestare a prospettive di ‘responsabilità universali’, perché la prospettiva senza responsabilità è una astrazione. 4) instillare il profondo senso della ‘comunità’ “.

Caro direttore, sono impressionato dall’attualità di queste cose scritte da don Giussani 45 anni fa, che confermano la sua genialità educativa, che siamo chiamati a seguire tanto più oggi. A pagina 20 dello stesso libro qui citato, egli scriveva. “oggi più che mai l’educatore, o il diseducatore sovrano è l’ambiente con tutte le sue forme espressive. Perciò la crisi degli educatori si profila in primo luogo come inconsapevolezza che rende gli educatori stessi collaboratori magari incoscienti delle deficienze dell’ambiente, e, in secondo luogo, come mancata vitalità nell’atteggiamento educativo che non li fa combattere con sufficiente enegia le negatività dell’ambiente, in quanto li attesta su posizioni schematicamente tradizionali, formalistiche, invece che portarli a rinnovare l’eterno Verbo redentore nello spirito della nuova lotta”.

Anche oggi, penso, occorre riprendere la grande lotta educativa, se è vero, come è vero, che la più grave emergenza è proprio questa.