Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
LO SCANDALO FINANZIARIO

Riciclaggio, la strada in salita del nuovo corso Vaticano

Dopo le dimissioni del presidente dell'Authority antiriciclaggio, a seguito dello scandalo londinese, il nuovo presidente Carmelo Barbagallo si troverà a guidare l'Aif con un direttore sospeso per "sospetti di non buona amministrazione" e due membri del Consiglio direttivo dimessi. Ma le parole del Papa sembrano dare ragione a Parolin che aveva accusato il cardinale Becciu. 

Ecclesia 28_11_2019

Il contenuto del dialogo del papa con i giornalisti sul volo Tokyo-Roma è particolarmente degno d'attenzione per quanto rivelato sui recenti scandali finanziari che hanno fatto finire il Vaticano sui giornali di tutto il mondo. All'immagine di questo pontificato, che ha puntato molto sull'idea di "Chiesa povera per i poveri", non ha certo giovato la vicenda dell'acquisto dell'immobile di lusso londinese pagato anche con i soldi dell'Obolo di San Pietro. Così come più di un grattacapo lo hanno provocato le conseguenze legate a quest'operazione immobiliare che lo stesso Segretario di Stato, cardinale Parolin, non ha esitato a definire "opaca": la perquisizione al Palazzo Apostolico, la 'manina' che ha passato ai giornali l'ordinanza con le foto segnaletiche dei cinque funzionari sospesi, le dimissioni del comandante della Gendarmeria, l'autodifesa dell'Aif (Autorità di Informazione Finanziaria) di fronte all'indagine della magistratura vaticana.

Un affaire che ha fatto fare le valigie a personaggi considerati intoccabili fino a poco tempo fa all'interno delle Sacre Mura. L'ultimo è stato René Brülhart, ormai ex presidente dell'Authority antiriciclaggio voluta da Benedetto XVI nel 2010, l'organismo chiamato a svolgere funzioni di vigilanza e di Unità di intelligence finanziaria. 

Che il clima non fosse dei migliori per la permanenza dell'avvocato svizzero lo si era visto all'indomani dell'inusuale comunicato emesso il 23 ottobre scorso per difendere l'operato di Tommaso Di Ruzza, direttore dell'Aif e uno dei cinque funzionari indagati nell'inchiesta del Promotore di Giustizia sul "pasticciaccio" di Sloan Avenue 60. Nella nota ufficiale, che non dovrebbe aver fatto piacere alla massima carica giudiziaria della Città del Vaticano, si dichiarava chiusa l'indagine interna sulla vicenda con un'assoluzione piena del dirigente di Aquino.

La prova di forza dell'Authority antiriciclaggio, su cui Brülhart ha messo la faccia ma che probabilmente deve esser stata una decisione collettiva, almeno a giudicare dall'insistenza con cui nel documento si sottolineava la consultazione ed il consenso di tutto il Consiglio Direttivo, non dovrebbe esser piaciuta molto nemmeno al papa. E' stato lo stesso Francesco, rispondendo - come di consueto - con totale libertà alle domande dei giornalisti accreditati sul volo di ritorno dal Giappone, a confermare questo fastidio che - presumibilmente - potrebbe aver concorso al mancato rinnovo del mandato dell'avvocato svizzero, sostituito con Carmelo Barbagallo, nuovo presidente Aif.

Il Santo Padre ha detto che Brülhart "si è fatto forza con il gruppo Egmont" - l'organismo che riunisce le Unità di Informazione Finanziaria di oltre 130 Paesi - "per riprendere la documentazione" sequestrata dai pm vaticani a seguito delle perquisizioni all'Aif. Bergoglio ha raccontato di essersi consultato con "un magistrato italiano di livello" e che quest'ultimo gli avrebbe ricordato che "la giustizia davanti a un’accusa di corruzione è sovrana in un Paese" e che "nessuno può immischiarsi".

Dunque, neppure il gruppo Egmont che, secondo il pontefice, costituirebbe "una cosa non ufficiale internazionale; (...) un gruppo privato". Parole con cui, in un certo senso, ha voluto anche ridimensionare la sospensione del Vaticano dallo scambio di informazioni 'sensibili' nel forum globale che riunisce le unità d'informazione finanziaria. 

La ricostruzione fatta dal papa sul volo dal Giappone lascerebbe intendere che Brülhart provò a riottenere dalla magistratura vaticana il materiale sequestrato a seguito della perquisizione del 1 ottobre scorso, facendo presente che quella misura avrebbe comportato una prevedibile reazione di Egmont perché l'Aif, in qualità di membro del gruppo, era chiamato a garantire la piena riservatezza delle informazioni sensibili condivise dalle altre unità di intelligence finanziaria aderenti. In un articolo del 22 novembre pubblicato sul Corsera, il generalmente informatissimo Massimo Franco aveva parlato di "un colloquio gonfio di imbarazzo col procuratore di giustizia della Santa Sede, Gian Piero Milano". E dell'allarme scattato nel gruppo Egmont per la perquisizione ai danni di Aif aveva scritto anche Nicole Winfield di Associated Press, sostenendo che i Paesi aderenti "sarebbero probabilmente meno disposti a condividere informazioni riservate" con l'Authority antiriciclaggio della Santa Sede se "in futuro tali informazioni potessero finire così facilmente nelle mani della polizia vaticana". 

Davanti alla linea della fermezza sposata da Francesco e rivendicata nella conferenza sull'aereo,  Brülhart deve aver deciso di fare un passo indietro, rinunciando all'incarico di presidente e addirittura "dando buca" alla convocazione del papa avvenuta pochi giorni prima della scadenza del suo mandato ("io l’ho chiamato alcuni giorni prima e lui non se n’è accorto, mi ha detto in seguito", ha raccontato in volo Francesco).

Il nuovo presidente, Carmelo Barbagallo, si troverà ora a guidare l'Authority in un momento delicatissimo, ritrovandosi con un direttore sospeso per "sospetti di non buona amministrazione" e due membri del Consiglio direttivo dimessi e dovendo affrontare il problema della sospensione dall'Egmont. Nel suo dialogo con i giornalisti, poi, il pontefice argentino - senza venir mai meno al rispetto della presunzione d'innocenza, più volte sottolineato - non ha però escluso la possibilità di una responsabilità dell'Aif sullo scandalo finanziario scoppiato all'interno delle Sacre Mura dal momento che, ha detto Bergoglio, il "suo dovere  era controllare" sui "delitti degli altri".

Uno scandalo che ha avuto origine dall'acquisto dell'immobile londinese per il quale la prima sezione Affari Generali della Segreteria di Stato avrebbe sottoscritto quote per 200 milioni di dollari con il fondo Athena Global Opportunities. Sull'aereo che lo ha riportato a Roma, il papa non si è tirato indietro davanti ad una domanda su questa vicenda: nella sua risposta, ha voluto precisare che, di per sé, non è sbagliato utilizzare l'Obolo di San Pietro, ovvero l'offerta di denaro fatta dai fedeli per le iniziative di bene del Vescovo di Roma, per investimenti sicuri e non immorali, ma al tempo stesso ha anche decisamente sconfessato l'operazione di Sloan Avenue 60 affermando che sono state fatte "cose che non sembrano pulite" e non esitando a dire che "c'è corruzione" e "si vede".

Se il cardinale Parolin aveva usato l'aggettivo "opaco" per definire l'investimento immobiliare nella capitale britannica, il suo "superiore" è stato anche più duro, definendolo "uno scandalo" e congratulandosi perché - dal suo punto di vista - il fatto che la vicenda sia emersa da un'indagine portata avanti dal Promotore di Giustizia dimostrerebbe che "il sistema di controllo vaticano funziona bene". Dopo le dichiarazioni di Parolin, il cardinale Angelo Becciu, che all'epoca dei fatti contestati nell'indagine avviata dal pm Gian Piero Milano ricopriva la carica di sostituto agli Affari generali in Segreteria di Stato, contestò la definizione utilizzata dal porporato veneto, sostenendo che "non c'era niente di opaco" e che "l'investimento era regolare e registrato a norma di legge". Le parole del papa di ritorno dal viaggio apostolico, però, sembrano decisamente sposare la linea del suo Segretario di Stato.