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RIFORME

Responsabilità civile: fine del "partito dei giudici"

Responsabilità civile dei magistrati. Qualcuno si è accorto che è in vigore dal 1988? No? Le condanne di magistrati si contano sulla punta delle dita di una mano. Con la riforma varata questa settimana, invece, la responsabilità diventa una cosa seria. E finisce così l'alleanza fra Pd e "partito dei giudici".

Editoriali 26_02_2015
Tribunale

La responsabilità civile dei magistrati vige nel nostro Paese da oltre un quarto di secolo, ma finora non se ne è accorto quasi nessuno. In tutto questo tempo infatti in forza di essa si è giunti, soltanto secondo alcune fonti, a cinque, secondo altre a sei condanne, non una di più.

L’altro ieri - con il voto favorevole della maggioranza, l’astensione di Forza Italia, Lega, Sel e altri, e il solo voto contrario del Movimento Cinque Stelle -  la Camera ha definitivamente approvato la modifica di cinque cruciali articoli della legge nota come “legge Vassalli” con cui, nel 1988, la responsabilità civile dei magistrati era stata introdotta nel nostro ordinamento. Innanzitutto le Corti d’Appello non sono più chiamate a decidere sull’”ammissibilità” delle cause in materia: un filtro che aveva sin qui contribuito a ridurle al minimo. Finora poi il magistrato era punibile solo per “dolo o colpa grave” mentre adesso può esserlo anche per “inescusabile negligenza”, concetto positivamente ben più ampio. Inoltre gli si può imputare il “travisamento del fatto o delle prove”. Tenuto poi conto di quanti e quali danni materiali e morali accade subiscano in fase istruttoria nel nostro Paese imputati in seguito prosciolti in sede di giudizio, è molto importante che, in forza delle modifiche ora introdotte nella legge Vassalli, sia colpa grave per il magistrato anche l’emissione di un “provvedimento cautelare personale o reale al di fuori dei casi consentiti dalla legge” o comunque senza adeguato motivo. Tra l’altro, in forza di tale innovazione non dovrebbero più essere possibili iniziative obiettivamente sconsiderate come, ad esempio, il sequestro cautelare in quanto “corpi del reato” dei prodotti delle acciaierie di Taranto pronti per la consegna, con conseguenti danni all’azienda per svariati milioni di euro.

Felice del risultato, il ministro Guardasigilli Andrea Orlando - che, in grazia dell’impiego, dovrebbe essere malgrado tutto l’”avvocato d’ufficio” dei magistrati -  è arrivato a dire che d’ora in avanti “la giustizia sarà meno ingiusta”. Il che è comunque vero, perché dovrebbe esser finito il tempo in cui un giudice poteva senza adeguati motivi avviare un’indagine, iscrivere qualcuno al registro degli indagati, sequestrare, arrestare e rinviare a giudizio. Commentando l’entrata in vigore delle nuove norme, il ministro Orlando ha anche parlato di “momento storico”. E si può essere d’accordo con lui, non tanto e non solo per il fatto in sé, ma anche e soprattutto perché l’episodio è sintomatico del venir meno della principale eredità di “Tangentopoli”, ossia l’alleanza fra il Pd e il “partito dei giudici”. Di fronte al procedere del disegno di modifica della legge Vassalli dapprima l’Associazione Nazionale Magistrati, ossia il “sindacato unico” dei giudici, aveva minacciato lo sciopero, poi rinunciandovi avendo compreso che la stampa amica del governo era pronta a prenderne spunto per lanciare una campagna contro la magistratura, e poi aveva  chiesto invano di venire ricevuta da Napolitano e poi da Mattarella. Prendendo la parola a Firenze alla Scuola Superiore della Magistratura, proprio alla vigilia del voto sul provvedimento, Mattarella aveva anzi fatto un discorso ammonitore in cui aveva tra l’altro invitato i giudici a essere “terzi, autonomi e imparziali” sottolineando che non devono essere “né protagonisti né burocrati nel processo”. 

Tutto questo insieme di fatti e di parole aiuta a capire che insieme a Silvio Berlusconi stanno tramontando anche i motivi di un’alleanza ormai divenuta ingombrante. Meglio così e complimenti a Renzi per essere riuscito in un’impresa non meno ardua dell’analogo processo di distacco del Pd dai sindacati storici, e dalle procedure neo-corporative che erano riusciti ad imporre a tutti i precedenti governi. Il Pd di Renzi sta ricuperando spazi alla politica, anche se ovviamente lo fa pro domo sua.  Resta da vedere se anche nell’area di centro-destra, oggi allo sbando e dove nessun nuovo leader credibile si delinea all’orizzonte, finirà per apparire qualcuno in grado di dare rappresentanza politica a un’area  che pur essendo maggioranza del Paese è oggi minoranza nelle istituzioni.