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QUALE EUROPA

Renzi e Merkel, lo scontro vero è sul North Stream

Il gasdotto North Stream che dovrebbe collegare la Russia alla Germania è la vera causa della protesta di Renzi contro la Merkel: la Germania si avvantaggia del rapporto con Mosca mentre l'Italia subisce un danno dalle sanzioni alla Russia. La posta in gioco, però, è più alta: riequilibrare un'Europa troppo a trazione tedesca.

Politica 21_12_2015
Angela Merkel e Matteo Renzi

Senza per questo nient’affatto ritirare il nostro giudizio complessivamente negativo sul progetto politico di Matteo Renzi, segnato da uno statalismo e da un relativismo culturale a lungo andare comunque disastrosi, dobbiamo tuttavia apprezzare vivamente la svolta che il premier sta dando alla politica del nostro Paese nei confronti dell’Unione Europea; e quindi nei confronti della Germania.

Diciamo ancora una volta che l’Europa non è una sola, ma sono almeno tre: l’Europa nord atlantica che, a seguito dell’esito della Seconda guerra mondiale è stata fino a poco tempo fa così predominante da sembrare l’unica Europa possibile; l’Europa baltica di cui la Russia è il primo interlocutore; l’Europa mediterranea e danubiana che la storia e la geografia volgono verso l’Oriente attraverso il Levante. Poi queste tre Europe devono imparare a fare positivamente sintesi delle loro diverse linee di gravitazione. Per sintesi però non si può intendere l’assoluto prevalere di una di esse a spese delle altre due. Fino un recente passato la grande vittoria delle potenze nord atlantiche nella Seconda guerra mondiale si è riflessa simmetricamente anche in seno alle istituzioni europee. In seguito, da quando è iniziato il disimpegno degli Stati Uniti dall’area euro-mediterranea, i membri nord atlantici dell’Unione Europea ha perso peso di conseguenza. Da allora la Germania, in quanto capofila dell’Europa baltica, punta a un cambio della guardia, ma senza cambio del metodo. Tende cioè a imporre l’interesse baltico con la medesima perentorietà con cui in precedenza veniva imposto l’interesse nord atlantico. 

I precedenti governi italiani non avevano forse capito che cosa stesse accadendo, e comunque non si erano resi conto che il nostro Paese, in quanto capofila dell’Europa mediterranea, doveva cogliere l’occasione per riaprire la partita del riequilibrio geopolitico complessivo dell’Ue senza accettare che si passasse da un assetto nell’insieme a noi sfavorevole a un assetto nuovo e diverso, ma per noi altrettanto sfavorevole. Le relazioni tra Roma e Berlino si stavano già complicando da diversi mesi fino all’annuncio di quello che si potrebbe definire il casus belli (anche se per fortuna non certo di guerra si tratta). Mentre persistono le sanzioni dell’Ue contro la Russia in risposta alla crisi innescata in Ucraina, e in particolare all’annessione della Crimea, delle quali tra l’altro è soprattutto l’export italiano a fare le spese, ecco che arriva la notizia di un accordo russo-tedesco in vista del raddoppio del gasdotto North Stream che nasce per collegare, snodandosi sul fondo del Mar Baltico, la Russia alla Germania aggirando l’Ucraina, la Polonia e gli altri Paesi del nordest europeo. E tutto questo mentre, grazie a una complessa ma efficace manovra economico-diplomatica cui anche la Commissione europea ha dato una mano, “qualcuno”, diciamo così, è riuscito a bloccare il progetto dei grandi gasdotti che da sudest dovrebbero portare gas dall’Asia centrale in Europa: in primo luogo il South Stream dalla regione del Mar Nero attraverso i Balcani, e poi anche il Turkish Stream dalla Russia alle rive del Mare Egeo.

Dopo avere per diverso tempo mantenuto al riguardo un basso profilo, adesso il governo italiano ha fatto sapere che chiederà la sospensione delle sanzioni dell’Unione Europea contro la Russia. Non ha infatti senso da un lato mantenere tali sanzioni (che tra l’altro, come dicevamo, colpiscono soprattutto l’’export italiano) e dall’altro fare amichevoli accordi con Mosca in campo energetico.

Adesso però si tratta di vedere se anche questo sarà uno dei tanti fuochi di paglia che troppo spesso caratterizzano l’azione del governo Renzi ogni volta che si discosta positivamente dal peggio del suo progetto e del suo programma politico. Assumere un atteggiamento più coerente con i legittimi interessi dell’Italia, e dell’Europa mediterranea e danubiana in genere, è un lodevole proposito ma, tenuto conto del peso degli interessi in gioco, non è qualcosa che si possa fare in quattro e quattr’otto. Occorre tessere delle alleanze non estemporanee con gli altri Stati membri interessati, spiegare le proprie ragioni, comporle con quelle degli altri, cercare con discrezione il consenso con le aree con interessi geopolitici analoghi ma incluse in Stati di diversa gravitazione (si pensi ad esempio alla Baviera e alla Germania meridionale in genere). C’è insomma un lavoro da fare. Speriamo che Renzi e i suoi lo facciano.