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EDITORIALE

Renzi al Meeting, tanta simpatia nessuna speranza

Il presidente del Consiglio davanti alla platea di Rimini conferma la grande capacità comunicativa, ma tace - anche perché nessuno glielo chiede - sui temi più dibattuti del momento: famiglia e scuola. Che sono il cuore del problema economico e sociale. Perché un paese che non mette al mondo figli, e non li educa, non potrà mai riprendersi.

Editoriali 26_08_2015
Renzi con Emilia Guarnieri

Se c’è una cosa apprezzabile dell’intervento del presidente del Consiglio Matteo Renzi al Meeting di Rimini è l’aver privilegiato l’aspetto umano, l'aspetto dell’incontro. Con il racconto semplice dei suoi contatti con il movimento di Comunione e Liberazione, prima da studente e poi da politico fiorentino, ha anche voluto affermare il primato dell’umano e dell’amicizia sul calcolo politico. Non c’è motivo di pensare che non fosse sincero in questo modo di porsi, che crea immediata empatia con chi lo ascolta.

Diverso quando il discorso si è fatto più strettamente politico. “L’Italia e le sfide del mondo” era il titolo dell’incontro, una sorta di tema a piacere non fosse stato per le domande che a nome del Meeting in apertura d’incontro gli ha rivolto Giorgio Vittadini. Riforme, tasse, Mediterraneo, Europa: molte parole, una carica umana che spinge a guardare avanti con ottimismo, a mettersi a lavorare piuttosto che a lamentarsi («L’Italia deve essere la terra delle opportunità e non del rimpianto» è lo slogan lanciato). Tutto giusto, ma poi alla fine ti chiedi: cosa propone esattamente?

Bene dire che l’Europa non deve guardare alla Russia come a un nemico, ma cosa ha fatto il suo governo a parte piazzare la bella statuina Federica Mogherini a capo dell’inutile politica estera dell’Unione Europea? E cosa pensa di fare ora vista la situazione più che drammatica in Ucraina?

E sugli immigrati: va bene salvare vite, va bene guardare più all’aspetto umano che a raccogliere qualche voto in più, come ha detto a Rimini; ma compito di un governo è uscire dall’emergenza, gestire un fenomeno complesso che richiede un affronto del problema alla radice, come ieri molto lucidamente diceva monsignor Silvano Tomasi nell’intervento pubblicato su La Nuova BQ. Quindi cosa intende fare il governo, quale linea adottare, ed eventualmente qual è il piano B? Nessuna risposta, solo bei princìpi sulla valorizzazione dei rapporti tra Italia e paesi del Nordafrica.

Ma a fare più notizia sono senz’altro i temi non toccati, anzi evitati con cura anche dalla direzione del Meeting, visto che non figuravano tra le domande. La scuola anzitutto, dato che la libertà di educazione è da sempre un cavallo di battaglia di CL e la recentissima riforma della Buona Scuola ha fatto appena un impercettibile movimento in quella direzione. Quale migliore occasione per sfidare il capo del governo su una proposta educativa e quale migliore occasione per il presidente del Consiglio per rassicurare sull’obiettivo, malgrado le oggettive difficoltà del cammino? Sarà per un’altra volta.

L’altro argomento neanche sfiorato è quello della famiglia, malgrado fosse di estrema attualità. Non solo per il tentativo di ridefinire la famiglia con il progetto di legge Cirinnà che il governo sostiene. Da giorni le prime pagine dei giornali titolano sullo scontro a distanza tra il presidente dei vescovi italiani, cardinale Angelo Bagnasco, e Renzi che vuole andare avanti sul progetto di legge delle unioni civili, in pratica un simil-matrimonio per le relazioni omosessuali.

Una domanda in proposito al presidente del Consiglio l’avrebbero volentieri posta i giornalisti presenti, gliene fosse stata data l’opportunità, ma il passaggio di Renzi al Meeting era blindato, nessuna possibilità di affrontare temi controversi. Si dirà che probabilmente sono condizioni poste dallo stesso Renzi, o che è stato il Meeting stesso a voler evitare argomenti che avrebbero creato polemiche infinite, distogliendo invece dal messaggio principale che è l’invito a rimboccarsi le maniche e costruire e far ripartire questo paese.

Ma è proprio qui il punto. Aldilà dell’ottimismo della volontà, come può ripartire un paese che non genera figli e dove è ammalata la cellula fondamentale della società (che ad ogni buon conto è la famiglia, non la persona)? Certo anche la riduzione delle tasse è importante (ma drastica, però) e anche la semplificazione burocratica; ma un paese che ogni anno batte il record negativo di nascite non può pensare seriamente di ripartire. Già oggi la diminuzione della popolazione è mascherata dall’immigrazione, ma nel giro di 40 anni – a questi ritmi - la popolazione italiana è destinata a diminuire di 10 milioni, e la loro sostituzione con gli immigrati non è la soluzione del problema ma un suo aggravamento.

È un disastro iniziato 45 anni fa, guarda caso in coincidenza con l’introduzione della legge sul divorzio, a conferma di quanto la natalità sia legata alla stabilità della famiglia. Da quel momento il tasso di fertilità è sceso in picchiata, l’età media della popolazione continua ad alzarsi così come la percentuale di ultra65enni sulla popolazione totale, che oggi già supera il 20%.

Sull’importanza della famiglia nella formazione del capitale umano, chiave di volta per lo sviluppo di un paese, c’è già un’ampia letteratura economica. Basta voler guardare la realtà, non obbedire a una ideologia; bisogna amare la verità, non sottostare ai ricatti delle lobby.

La questione della famiglia (e del gender) non è dunque un tema etico controverso da evitare per non creare contrapposizioni, ma è il cuore del problema economico e sociale, è il suo fondamento. Come può essere credibile un capo di governo che parla di ripresa economica mentre si dà da fare per dare la mazzata definitiva alla famiglia con la legalizzazione delle convivenze omosessuali? E che, come se non bastasse, persegue l’indottrinamento gender nelle scuole (alla faccia della libertà di educazione)?