Regioni rosse, ma di rabbia. Ingiustizia chiamata lockdown
Le misure in vigore da oggi scontentano tutti a cominciare dalle regioni inserite in fascia rossa che sono insorte contro il Governo. Guarda caso, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Calabria sono tutte regioni in mano al centrodestra. Contestano le modalità di determinazione delle aree a basso o alto contagio e quindi i 21 nebulosi criteri che avrebbero ispirato la delibera del Ministro. La disparità di trattamento, ad esempio, tra Campania e Lombardia.
Da oggi e fino al 3 dicembre sarà in vigore l’ennesimo dpcm anti-Covid, figlio di una estenuante mediazione tra Governo e regioni. Non si sa se raggiungerà l’obiettivo di frenare i contagi. Si sa, però, che un traguardo l’ha già messo al sicuro: scontentare praticamente tutti, sia gli allarmisti che avrebbero voluto il lockdown totale, sia i realisti, che chiedevano più tolleranza per alcune attività commerciali e culturali (musei), al fine di non provocare ulteriori fallimenti aziendali e restrizioni alla socialità.
Le regioni sono insorte contro il Governo, non solo per la durezza delle misure ma anche per le modalità della loro adozione, senza una condivisione piena, e con una comunicazione tardiva e scomposta. Pare che il Ministro della Salute, Roberto Speranza, abbia comunicato ai governatori delle regioni classificate come rosse o arancioni la relativa decisione soltanto l’altra sera alle 20,15, cioè cinque minuti prima della conferenza stampa del Presidente del Consiglio.
Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Calabria, inserite nella zona rossa, e obbligate a una sorta di lockdown molto simile a quello di marzo e aprile, contestano i criteri di determinazione delle aree a basso o alto contagio e quindi i 21 nebulosi criteri che avrebbero ispirato la delibera del Ministro.
A prescindere dai parametri medico-scientifici, va rilevato un inevitabile disorientamento nell’opinione pubblica, visto che da settimane tutti i telegiornali e i principali organi di informazione cartacea raccontano di una situazione esplosiva, anche sul piano ospedaliero, in Campania, nel Lazio e nel Veneto, regioni che invece sono finite nella fascia gialla, la stessa nella quale si trovano regioni come il Molise o la Basilicata, che hanno contagi e ricoveri assolutamente sotto controllo.
Il governatore lombardo, Attilio Fontana, ha definito la zona rossa imposta alla Lombardia “uno schiaffo ai lombardi”, considerato che il Pirellone aveva varato misure restrittive già prima degli ultimi tre dpcm e che quindi confidava negli effetti positivi di quei provvedimenti. Sia il presidente della Regione sia il sindaco di Milano avevano fatto presente, nei giorni scorsi, come non ritenessero opportuna una chiusura territoriale.
«Il Governo giallorosso ha deciso di chiudere, contro il parere del governatore lombardo, senza rispetto degli enormi sforzi fatti in queste settimane dai cittadini e dal sistema produttivo – hanno sottolineato i vertici della Lega, Matteo Salvini in primis - Una decisione grave che avrà gravi ripercussioni economiche per la Regione che garantisce più di un quinto del Pil nazionale, più di un terzo dell'export italiano. La Campania, con una giunta di centrosinistra, è zona gialla, il livello minimo, mentre la Lombardia, con una giunta di centrodestra, è zona rossa, il massimo livello. Ognuno tragga la propria conclusione».
Profonda contrarietà al decreto la manifestano anche quattro sindaci di città lombarde (Brescia, Bergamo, Mantova, Cremona), che scrivono al Ministro Speranza e allo stesso Fontana per chiedere «tutti gli elementi necessari per comprendere la fase epidemica sulle nostre province e i parametri che ne determinano l’inserimento nella zona rossa, al pari di tutta la Regione». Anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, pur assicurando rispetto delle regole, non manca di criticare le scelte governative («Sistema complesso e non equo»).
Sul piede di guerra Nello Musumeci, Presidente della Regione Sicilia, che adombra il sospetto di una punizione tutta politica per le regioni amministrate dal centrodestra: «Ci hanno imposto la zona arancione. È un provvedimento unilaterale, non concordato. E a molti appare dettato più da motivazioni politiche che scientifiche. L'autonomia in questi giorni è in vacanza. Per il governo centrale lo è da un pezzo. Gli episodi sono tali e tanti da farmi convincere sempre più del fatto che siamo di fronte a un pericoloso ritorno al centralismo romano che tende a mortificare e avvilire le autonomie regionali. Oggi la Campania ha avuto oltre quattromila nuovi positivi, la Sicilia poco più di mille. La Campania ha quasi 55 mila positivi, la Sicilia 18 mila. Vogliamo parlare del Lazio? Ricovera oggi 2.317 positivi a fronte dei 1.100 siciliani, con 217 in terapia intensiva contro i nostri 148. Eppure Campania e Lazio sono in zona gialla. Perché questa spasmodica voglia di colpire centinaia di migliaia di imprese siciliane? Al governo Conte chiediamo di modificare il provvedimento, perché ingiusto e ingiustificato».
I dati snocciolati da Musumeci non sono i soli a suscitare mugugni. La Lombardia ha 10.060.000 abitanti, 43.716 tamponi, 7.758 positivi pari al 17,7%; la Campania 5.780.000, 21.684 tamponi e 4.181 positivi pari al 19,3%. Massime restrizioni in Lombardia (zona rossa), minime in Campania (zona gialla). I conti davvero non tornano.
Ci sono amministratori regionali e locali che non si limitano ad esternare delusione. Il governatore della Calabria, Nino Spirli annuncia: «Impugneremo la nuova ordinanza del Ministro della Salute che istituisce la zona rossa in Calabria. Questa regione non merita un isolamento che rischia di esserle fatale».
Analogo annuncio arriva dai sindaci di 10 comuni del Basso Lodigiano: «Non possiamo permetterci un nuovo lockdown. La situazione è grave ma monitorata e non desta grande preoccupazione come a marzo. Il 92% dei positivi si trova a casa e viene curato a domicilio senza particolari problemi. Nuove chiusure andrebbero a pesare troppo sulle attività produttive. Siamo pronti a scendere in piazza al fianco dei cittadini e a impugnare l’ordinanza del Ministro».
La pazienza di chi si trova nella zona rossa sembra davvero a tempo. Fra due settimane è previsto un nuovo monitoraggio per verificare l’andamento della pandemia e rivedere la classificazione delle tre aree. Facile prevedere cosa succederebbe nelle regioni condannate al lockdown qualora non ci fosse una revisione del trattamento riservato loro dal Governo.