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Regionali: governo rafforzato al primo test elettorale

Schiacciante successo della coalizione di centrodestra che si conferma in Lombardia e conquista il Lazio. L'esito delle urne avrà conseguenze sugli equilibri interni a destra e a sinistra e sulla risposta alla disaffezione segnalata dal crescente astensionismo. Per ora Meloni ha buon gioco di fronte alle opposizioni ulteriormente indebolite.

Politica 14_02_2023

Alle politiche del settembre scorso il centrodestra prevalse ma le opposizioni, se fossero state unite, avrebbero potuto impedirne la vittoria. Ieri, invece, nel Lazio e in Lombardia, non c’è stata partita. Il successo della coalizione trainata da Fratelli d’Italia è stato schiacciante. Anche se si fossero coalizzate le forze di centro e di sinistra, dal Terzo polo ai 5 Stelle, passando per il Pd, avrebbero comunque perso sonoramente.

Attilio Fontana in Lombardia e Francesco Rocca nel Lazio raccolgono più del 50% dei voti e pertanto saranno i due governatori per i prossimi cinque anni. Il primo lo era già, mentre Rocca strappa alla sinistra la guida della regione più importante dell’Italia centrale. Di conseguenza, si allunga la lista delle regioni guidate dal centrodestra.

In meno di 4 mesi di governo, la Meloni è riuscita a consolidare il consenso e a incrementare il vantaggio sugli oppositori. Il centrodestra viaggia col vento in poppa, mentre tra le opposizioni volano gli stracci. Fratelli d’Italia non sfonda in Lombardia , dove perde due punti rispetto alle politiche, raccogliendo il 26% (nel Lazio il 32%), mentre la Lega e Forza Italia tengono. Nel centrosinistra la rincorsa dei grillini al Pd si ferma, mentre il Terzo polo crolla sia nel Lazio che in Lombardia.

In ogni caso va segnalato il record delle astensioni. In Lombardia hanno votato solo il 41,67% degli elettori, mentre nel Lazio solo il 37,20%. Quest’ultimo è il dato peggiore in assoluto della storia repubblicana, perfino al di sotto di quello negativo delle regionali 2014 in Emilia Romagna (37,7). Nelle due regioni cinque anni fa si era presentato ai seggi il 73,81 dei lombardi e il 69,84% degli aventi diritto del Lazio. Dunque il crollo in Lombardia è di oltre 30 punti percentuali.

Ci si dovrà interrogare nel prossimo futuro sulla crescente distanza della politica dai problemi reali delle comunità, visto che la gente preferisce sempre più non andare a votare anziché dare fiducia a una classe dirigente che evidentemente non reputa all’altezza. Anche le alternative ai partiti più strutturati non convincono e infatti le liste civiche collegate ai candidati presidenti non raggiungono più del 5-6%.

Quali saranno le conseguenze del voto regionale di ieri e di domenica? Anzitutto il Governo esce rafforzato da questo primo test che arriva dopo i fatidici 100 giorni di guida del Paese. Le scelte dell’esecutivo, compresa l’approvazione del disegno di legge autonomista, sembrano ottenere l’apprezzamento crescente degli italiani, visto che lombardi e laziali rappresentano una fetta consistente dell’intera popolazione nazionale.

La seconda conseguenza dell’esito delle urne è il riequilibrio interno al centrodestra in favore di Fratelli d’Italia. In Lombardia, dove il governatore è leghista, al partito della Meloni andranno gli assessorati più importanti (in particolare il welfare, che gestisce l’80% del bilancio regionale) e la vicepresidenza. Nel Lazio Rocca è stato scelto dal cognato della Meloni, Francesco Lollobrigida e quindi Fratelli d’Italia occuperà le poltrone più importanti, lasciando quelle di secondo piano a Lega e Forza Italia.

Il terzo impatto del voto si avrà sul centrosinistra. In qualche modo l’arretramento dei 5 Stelle equivale a una boccata d’ossigeno per il Pd, che si avvia alle primarie di domenica 26 senza più sentire sul collo il fiato del partito di Conte, che paga l’errore delle alleanze variabili (corsa solitaria nel Lazio e appoggio a Majorino in Lombardia, dove però raccoglie appena il 4% dei consensi).

Infine il terzo polo, che crolla anche in Lombardia, dopo il bel risultato delle politiche. È assai probabile che i dissapori latenti tra Carlo Calenda e Matteo Renzi possano esplodere e portare all’implosione di un contenitore ambiguo, fatto di rimasugli e scarti dei partiti di destra e di sinistra. La cocente sconfitta di Letizia Moratti in Lombardia conferma che la contesa politica alla fine si polarizza sempre, stritolando le forze che stanno nel mezzo, soprattutto quando non hanno un programma riconoscibile e non esprimono identità forti e coerenti.

Ora il governo Meloni avrà buon gioco nel rintuzzare gli attacchi di opposizioni moribonde, indebolite ulteriormente dal voto dei cittadini e impegnate faticosamente a ripensarsi e ricostruirsi.