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ETICA ED ECONOMIA

Reddito universale? Non bastano le buone intenzioni

I limiti di un salario universale così come proposto dal Papa all’Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari. Sarebbe assurdo proporre un aumento di welfare ai cittadini quando il PIL nazionale soffre e precipita. Se ci sono meno buste paga e fatture emesse, altrettanto meno tasse vengono inviate al tesoro nazionale per sostenere i vari tipi di “sicurezza sociale”. La soluzione passa ancora una volta dai mercati, purché non siano bloccati non solo dai virus, ma da corruzione, criminalità, alta tassazione e ogni tipo di contagio politico-economico.

Economia 22_04_2020 English Español
Il Papa coi movimenti nel 2016

Ha fatto discutere nei giorni scorsi la lettera che papa Francesco ha inviato ai Movimenti popolari, resa pubblica proprio il giorno di Pasqua. La lettera esprime tutto l’affetto e la sintonia che il Papa prova per i suoi “cari amici” dell’Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari (IMMP), già incontrati tre volte in questi anni, ma che quest’anno – per i noti motivi - non sono riusciti ad aver un’udienza papale. Sono i “poeti sociali”, spesso criticati per i loro progetti ispirati da ideologie della “nuova sinistra”. Il motivo della polemica però non sta negli interlocutori del Papa, ma proprio sul contenuto del messaggio, e precisamente in una proposta che il Papa ha lanciato. Due sole parole nello spagnolo originale: salario universal, una specie di reddito di cittadinanza che egli ha chiesto per i “lavoratori precari”:

«Voi, lavoratori precari, indipendenti, del settore informale o dell’economia popolare, non avete uno stipendio stabile per resistere a questo momento... e la quarantena vi risulta insopportabile. Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità ai nobili e insostituibili compiti che svolgete; un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti».

Certamente si tratta di una fortissima preoccupazione del Papa per chi lavora precariamente, come accade a tanti operatori sociali dell’IMMP, in questo periodo di blocco economico. Chi guadagnava già poco prima della crisi pandemica ora percepisce quasi niente.

Come spiega Nicola Iannello, uno studioso dell’economia: “Il papa si rivolge a chi lavora nell'economia informale e che in questo momento terribile sta soffrendo in modo particolare gli effetti economici della crisi provocata dalla pandemia”. Ma poi lo stesso Iannello commenta la proposta: “Se il papa ha in mente una misura temporanea e di emergenza, l'economia può sopportare quest'onere. Però se si trattasse di un reddito permanente e incondizionato, la misura sarebbe da evitare, a maggior ragione in un momento di crisi globale”.

Quali sono i motivi che portano a contestare la validità di quello che gli economisti sociali definiscono “reddito di base universale e incondizionato” (RBUI)? In termini economici la risposta più immediata si trova nel senso comune: quando mancano gli introiti mancano pure le uscite. Niente fatturato, niente pagamenti. É una teoria economica basilare di “in-out” che conta sulle più semplici discipline e verità matematiche. Perciò quando c’è quasi zero input economico, l’output soffre in perfetta proporzione. 0+0=0. Si applica sia alle aziende che ai tesori nazionali e neanche il Papa può cambiare queste leggi.

Sarebbe assurdo proporre un aumento o un nuovo tipo di welfare ai cittadini quando il PIL nazionale soffre, anzi precipita. Nell’arco di poche settimane si è dimezzato il PIL di moltissimi paesi, e proprio all'inizio del secondo quadrimestre primaverile, quando tradizionalmente tante imprese deboli si rilanciano dopo un inverno duro. É vero che alcuni stipendi continuano a essere pagati, specie quelli blindati per gli impiegati statali, ma certamente questo non vale per tutti e senz’altro non per i lavoratori autonomi con partita IVA  che non riescono a prestare i loro servizi. Quindi è solo un fatto di logica: se ci sono meno buste paga e fatture emesse, altrettanto meno tasse vengono inviate al tesoro nazionale per sostenere i vari tipi di “sicurezza sociale”.

Sul perché un reddito universale non sia possibile c’è però anche un motivo meno immediato, e più complicato. Cominciamo con gli “in”, gli introiti. Come dice il professore Iannello, se un RBUI è una “misura temporanea”, ossia pagamenti per qualche settimana, il tesoro nazionale, anche sotto grave stress economico, probabilmente potrebbe reggere. Ma non di più.

Facciamo qualche esempio e calcolo per evidenziare il problema più dettagliatamente. Prendiamo l’Italia, che ha già in vigore una specie di RBUI (il “redditto di cittadinanza” attivato nel marzo del 2019): valore minimo 780 Euro e massimo di 1330 Euro. Ma per implementare questa misura il governo ci ha messo mesi e mesi e poi ha posto tanti ostacoli burocratici, al punto che è sembrato volesse evitare i pagamenti ai precari potenzialmente qualificati. Perché? Appunto per gli scarsi fondi nel tesoro nazionale, per cui non si può promettere ciò che non è disponibile. Secondo l'ISTAT, lo scorso anno c’erano 2.400.000 candidati italiani che aspettavano di essere qualificati per il loro livello di reddito, oltre al 9,8% della popolazione attualmente disoccupata (circa 10.000.000 sui 60.000.000 abitanti) che probabilmente sono esclusi dal benefit pubblico (per altri motivi mostrati qui di seguito).

Scorrendo il sito di Economia Italia che spiega tutti i regolamenti per accedere al reddito di cittadinanza, notiamo che il governo ha messo più di qualche bastone tra le ruote con tanti “se” e tanti “ma”.  Ad esempio, possono accedere al reddito di cittadinanza tutti i precari “single”, “ma” non quelli:

1) con un reddito complessivo annuo superiore a € 9.360
2) con un patrimonio immobiliare superiore a € 30.000 euro 
3) con un patrimonio mobiliare (conti correnti, carte di credito, libretti e altri strumenti finanziari) superiore a € 6.000 euro

Tutto ciò è logico per eliminare candidati che nascondono un secondo lavoro in nero e/o ha tanti risparmi messi da parte. Poi, se non fosse già abbastanza, passiamo a leggere gli altri fattori contingenti, i “se”. Tutti si qualificano, di nuovo, ma non:

1) Se si ha una macchina con cilindrata superiore a 1.600 cc
2) Se si ha uno scooter superiore a 250 cc
3) Se si è possessori di una barca da diporto
4) Se si è in carcere, o si sta scontando una pena
5) se si è ricoverati in ospedale

Poi si qualifica solo se uno…

1) si rende disponibile a lavorare per il proprio Comune almeno 8 ore alla settimana in modo gratuito
2) frequenta i corsi di formazione organizzati dall’INPS

Basta mentire su uno dei prerequisiti, secondo il sito, e  c'è l’ultimo “se” come una pistola puntata in testa: “se si sono fatte dichiarazioni mendaci per avere il RDC si rischia l’arresto da 2 a 6 anni di carcere.”

Dunque, se è già impossibile attuare un RBUI a tutti i precari in Italia, ottava economia del mondo e dove la parola del pontefice è più sentita, che senso ha sognare tale retribuzione per paesi messi ancora peggio durante la pandemia? Sebbene abbiamo tutte le buone intenzioni di sfamare i più poveri concittadini, quelli che il Papa dice che sono forzati a raccogliere “la briciola caduta dalla tavola”, tali sentimenti riempiono solo i nostri cuori di solidarietà e compassione cristiana ma non le casse pubbliche. Sono invece gli stessi mercati che il papa lamenta che “non raggiungono le periferie” che riescono ad offrire già redditi di base ai lavoratori quando non sono bloccati non solo dai virus, ma dalla corruzione, criminalità, alta tassazione e ogni tipo di contagio politico-economico.