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I CASI SCHIAVONE E BOTTERI

Rai Di peggio Di più

Servizio pubblico in agonia. Il caso della fiction “Rocco Schiavone”, vicequestore dedito a droga, prostitute e corruzione. E l'inviata Giovanna Botteri che dopo Trump si è chiesta: «Noi giornalisti a che che cosa serviamo, se non riusciamo a influenzare il voto?». Già. Ce lo chiediamo anche noi perché continuiamo a pagarvi. 

Editoriali 13_11_2016
Marco Giallini è Rocco Schiavone

Che la crisi della Rai sia irreversibile è un po’ che lo andiamo dicendo. Ma che si arrivasse a promuovere tra le vocazioni del servizio pubblico pagato dai cittadini anche i reati peggiori è un’involuzione preoccupante che indigna. Le ultime chicche di questa ingloriosa galleria degli orrori vengono dalla fiction Rai Rocco Schiavone interpellata da Marco Giallini e terminata ieri sera su Rai 2. 

Schiavone è il personaggio di alcuni romanzi polizieschi dello scrittore Antonio Manzini. E’ un vicequestore che odia il suo lavoro e che non esita a infrangere le regole per arrivare al suo scopo. La mattina la inizia facendosi una canna, poi prosegue la giornata corrompendo e facendosi corrompere, ma anche procacciando prostitute e utilizzando una violenza da recupero crediti della Mala. 

Nulla da dire sul genere, ma se si voleva fare il verso ad un anti Serpico in salsa romanesca, beh, il tentativo è piuttosto malriuscito. Oltre che grave dato che il personaggio tratteggiato nella fiction compie tanti di quei reati da far impallidire un galoppino di Gomorra. 

Infatti la miniserie finirà davanti al Parlamento dopo che i senatori Carlo Giovanardi e Gaetano Quagliariello hanno denunciato la vergognosa operazione pagata dai contribuenti due volte dato che la fiction ha ricevuto anche il placet preventivo della Polizia di Stato, evidentemente in piena sindrome Tafazzi. 

«La fiction Rai Rocco Schiavone è una vergogna che ridicolizza gli sforzi di milioni di educatori nelle scuole, nelle parrocchie, nelle famiglie, che indicano ai giovani la necessità di rispettare la legalià e coltivare stili di vita non pericolosi», è la critica di Giovanardi mentre il sindacato di Polizia Co.i.s.p. chiede la cancellazione della miniserie dal palinsesto.

Ma la crisi della Rai non si ferma qui, anzi per certi versi sta emergendo solo ora nella sua candida evidenza. 

Mentre paghiamo fiction dove la Polizia viene dipinta come ladra e corrotta, rovesciando il cliché che ha retto per oltre 80 anni di cinematografia del bene che combatte il male, assistiamo ad un’altra curiosa epifania del servizio pubblico: la definitiva morte dell’imparzialità del giornalismo targato Rai. 

E’ curioso che nessun giornalista di mamma Rai si sia sentito in dovere di rispondere alla collega Giovanna Botteri, caporedattrice di Rai 3 e corrispondente da New York per la già fu “Telekabul”. Ma in fondo è stato meglio così, perché che molti giornalisti Rai fossero al soldo del potere di turno è sempre stato il segreto di Pulcinella, ma che ce lo dicessero esplicitamente in un moto di delusione post elettorale, beh, anche questa è una chicca della quale ci ricorderemo quando ci toccherà obtorto collo di pagare la vergognosa tassa chiamata Canone Rai. 

Nella "funesta" (per loro) notte elettorale che ha sancito la vittoria di Donald Trump, la Botteri ha così commentato: «Non si è mai vista una stampa così compatta ed unita contro  un candidato…che cosa succederà quando evidentemente la stampa non ha più forza e peso nella società americana. Le cose che sono state scritte, le cose che sono state dette evidentemente non hanno contato su questo risultato e non hanno influito su questo risultato». 

Non male per una giornalista che sta ammettendo come tutta la stampa, dunque lei stessa, facesse il tifo per la Clinton con lo scopo di orientare non tanto il voto degli americani, quanto l’opinione degli italiani in patria in religioso ascolto nei tg. Non male davvero. La Botteri potrebbe trovare posto in uno dei tanti corsi per giornalisti organizzati in questi mesi dall’Ordine professionale per una lezione sui cartelli di cronisti. 

Chi fa il nostro mestiere li conosce: si lavora tutti insieme, perché è decisamente più comodo, ci si copia a vicenda perché tanto nell’informazione mainstream le sfumature di pensiero sono già una pericolosa concessione. Ma quel che è penoso, è che queste cose le subodoravamo, sentircele dire in faccia dalla Botteri, che tra l’altro prenderà lautamente lo stipendio, pagato da noi, per il suo servizio da ultrà della Clinton, ci fa sentire un po’ come cornuti e mazziati. 

Chissà che cosa si inventeranno la prossima volta. Noi un’idea ce l’avremmo. Un bello spot: «Rai, di peggio, di più».