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La lettera

Ragione vs ragione ristretta

La ragione, se “leale”, partendo dal dato di realtà, non rimane ancorata al dubbio ma si apre a riconoscere Qualcuno più grande di lei. Un concetto da ricordare, anche in campo ecclesiale.

Caro direttore,
leggendo il "supplemento" domenicale di L. Scrosati non ho potuto non pensare a quanto si chiedeva il mio maestro:

Se un uomo, aprendo gli occhi alla vita, potesse guardare il mondo con la coscienza di un adulto, quale sarebbe il primo contraccolpo che ne avrebbe?

Forse il dubbio kantiano?

O non piuttosto lo stupore? Anzitutto perché la realtà c'è e poi per l'ordine e la bellezza che essa manifesta. 

Così, da questo primo contraccolpo inizia un percorso, al termine del quale, se si mantiene "leale" verso il dato originario, la ragione si apre fino a giungere alla categoria della possibilità e quindi al riconoscimento di Qualcuno di più grande di lei, che la supera. 

Ciò che è evidente – come appunto il miracolo della realtà che c'è mentre avrebbe potuto non esserci – non va dimostrato, affermava del resto già la sapienza greca, va solo mostrato. 

Se invece viene deciso in partenza, a priori, che la ragione umana non possiede la forza di riconoscere l'irruzione di Dio nella realtà e nella storia, come ad esempio sembra suggerire il recente documento del Ddf sulle apparizioni e altri fenomeni soprannaturali, non resta che la necessità figlia di un’argomentazione logico-scientifica a dare valore veritativo a qualunque esperienza e conoscenza.

E, in ultima analisi, rispetto ad una gran parte delle "cose della vita", non può che dominare il sottile e permanente tarlo del dubbio. 

Ma possiamo realmente vivere – prima ancora che "credere", semplicemente vivere – affidandoci solo ad una simile ragione ristretta?

omo salvatico