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LA SVOLTA DI ADINOLFI E AMATO

Radicato e sul modello 5 stelle: «Ecco il Popolo della famiglia»

Il blogger e l'avvocato spiazzano tutti e lanciano il Partito della famiglia: venerdì prossimo la convention per le candidature alle amministrative: "Bisogna buttare il cuore oltre l'ostacolo, dovremo essere come il Movimento Cinque Stelle". Ma Pro Vita è già contraria: "Un suicidio". E c'è chi auspica una guida di Gandolfini.

Famiglia 04_03_2016
adinolfi

La chiamata alle armi avviene sotto forma di un editoriale pubblicato sul think tank di Mario Adinolfi, La Croce: «Ecco il popolo della #famiglia», con tanto di logo e manifesto programmatico: «Chiediamo il consenso degli italiani, perché l’Italia ha bisogno dei cattolici». Firmato Mario Adinolfi e Gianfranco Amato. Finisce così, prima ancora di essere iniziato veramente, con questa fuga in avanti, il dibattito sul destino politico del movimento nato al Circo Massimo il 30 gennaio per il Family Day.

Finisce così. Con una soluzione scontatamente partitica. Oppure, finisce cosi? Nel senso che in quel punto di domanda è racchiuso anche lo tsunami di reazioni, il più delle volte all’interno del comitato stesso, che lasciano trasparire una spaccatura in seno alla realtà del Circo Massimo o al massimo distinguo o scelte diverse. Segno che quella della strana coppia Adinolfi & Amato è comunque una fuga in avanti.

E’ lo stesso avvocato toscano a lasciarlo trasparire alla Bussola quando dice: «Bisognava che qualcuno buttasse il cuore oltre l’ostacolo. Eccoci qua». Però adesso che l’editoriale della Croce di ieri ha lanciato il sasso dell’opzione partitica è chiaro che il tema di dibattito diventa questo: con Adinolfi a raccogliere le firme che in 90 giorni sono necessarie per partecipare alle prossime elezioni amministrative o continuare con Massimo Gandolfini a curare le spinte lobbiste di un movimento che, nonostante la Cirinnà sia stata approvata, ha comunque dato prova di essere pesante, per lo meno dal punto di vista numerico?

Dilemma di non poco conto, sul quale si giocherà fondamentalmente la partita. Una partita che ieri ha avuto la sua svolta con un contropiede che ha lasciato di sasso la squadra. Obiettivo le elezioni amministrative, con Adinolfi e Amato a giocare in campo anche se è tutto da chiarire come possa servire alla causa l’idea di un Adinolfi parcheggiato in Campidoglio a occuparsi della derattizzazione di Roma. Perché, e forse questo è l’equivoco principale, nessuno ha tenuto conto che le elezioni amministrative non si giocano sui massimi sistemi, ma su varianti urbanistiche, parco tram da rinnovare e licenze edili da concedere. Gli interessi in campo da contrastare non sono quelli delle lobby gay, ma semmai di qualche palazzinaro.

Però la sfida è lanciata. E ha già il suo bel dibattitto interno. Amato ad esempio alla Bussola lo dice chiaramente: «E’ un passo obbligato – spiega - speravamo che il comitato potesse svolgere la sua funzione lobbistica nei confronti della politica, eravamo quasi convinti che Alfano e i suoi avrebbero fatto venire meno la fiducia e che il comitato avrebbe compreso la sua funzione come un soggetto extra politico, ma capace di condizionare la politica. Ma questo non è accaduto, è stato un grande fallimento. A quel punto si è imposta un’altra necessità: quella di intervenire direttamente perché alla battuta di Renzi, che ha irriso i due milioni in piazza, perché quello che conta sono i numeri in Parlamento non si poteva restare inermi: allora riempiamo il Parlamento».

Ma perché il ragionamento di Amato non appaia troppo presuntuoso, è bene fare un passo indietro. E raccontare qual è lo scenario entro cui la nuova formazione politica che Adinolfi e Amato hanno in testa, dovrebbe muoversi. «L’esperienza ci ha dimostrato che partire con esperienze velleitarie alla Ferrara o alla Magdi Allam alla fine non paga, si rischia di essere marginali. Una cosa più intelligente è invece vedere l’esperienza dei Cinque Stelle, che sono partiti a livello locale con le Liste civiche, per poi approdare in Parlamento».

Insomma: quello dell’ingresso nei consigli comunali è l’obiettivo di brevissimo termine, ma perché aspiri a diventare realtà bisogna che in pochi giorni si riesca a compiere un miracolo «portando a frutto il lavoro di due anni che io, Mario Adinolfi e Costanza Miriano abbiamo raccolto girando l’Italia per difendere la famiglia naturale, per difendere il diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà. Abbiamo conosciuto un popolo, adesso dimostreremo che non siamo tre matti, ma che dietro abbiamo un popolo e ci giochiamo la faccia il tutto per tutto».

L’obiettivo sembra Roma, dove Adinolfi potrebbe candidarsi a sindaco e Amato entrare comunque in lista. Più evanescente lo scenario di Milano dove si sta pensando ad intercettare il bisogno che il candidato civico Nicolò Mardegan ha di uscire dalla morsa di Parisi e Sala. Scenari, si dirà, ma non del tutto campati per aria, se è vero, come è vero, che i Cinque stelle in fondo sono nati da un’idea e neanche dai volti degli stessi candidati: «Invece noi le persone ce le abbiamo perché girando l’Italia abbiamo visto i volti di migliaia di persone deluse dalla politica e disposte a mettersi in gioco per prime per difendere il valore della famiglia come prisma da cui si può leggere tutto il vivere civile, come diceva Giovanni Paolo II».

Così Amato, che il giorno dopo l’annuncio attende di conoscere la location di quella che sarà la prima convention del neonato movimento politico. Sarà venerdì 11 marzo a Roma. Dai presenti, e soprattutto dagli assenti, si inizieranno a capire come sono le carte sul tavolo e chi sono i giocatori e soprattutto se sarà Adinolfi, esperto giocatore di poker a mostrare le carte.

Costanza Miriano nel frattempo sta in panchina, anche se a chi l’ha sentita direttamente ha dato l’impressione di essere restia ad una discesa in campo vera e propria. «Aspetto l’esito dell’incontro che avremo come comitato Difendiamo i nostri figli tra pochi giorni», ha confidato alla Bussola che l’ha cercata per avere una chiave di lettura. «Ma quello che auspico in ogni caso è che si arrivi all’unità perché se c’è una cosa di cui non abbiamo bisogno ora è di dividerci».

L’allusione è al fatto neanche troppo nascosto che c’è una buona fetta dei sostenitori e organizzatori del Family Day che non vede proprio di buon occhio la fuga in avanti di Adinolfi & co. Tra questi il vulcanico Toni Brandi di Pro Vita, che, dopo essersi speso per il Circo Massimo considera la soluzione di un partito come una sciagura: «Mario e Gianfranco sono cari amici però se volete cito Tacito quando diceva che i partiti sono il cancro della società».

Affermazioni estreme? «Se io sono di un partito e condivido le tesi di un altro sarò costretto per ordini di scuderia a fargli la guerra», spiega l’attivista. Che ricorda anche un excursus: «Quando sono tornato alla Madre Chiesa, mi sono recato in Lituania per sostenere progetti specifici per il movimento pro life che stava sorgendo. Ebbene: volevano fare un partito, dissi loro che sarebbero morti. Infatti…». Brandi ammette poi che le modalità di discesa in campo sono quanto meno discutibili: «Ne avremmo dovuto parlare tra qualche giorno in una riunione, ma …..».

Chi invece non si fa cogliere impreparato dall’effetto sorpresa è Simone Pillon del Forumfamiglie che affida a Facebook il suo pensiero per cercare una soluzione di mediazione, purché che sia unitaria: «Gli amici Mario Adinolfi e Gianfranco Amato mi hanno chiesto di dirigere insieme a loro la costituenda realtà politica del popolo della famiglia. Domenica terremo una riunione tutti insieme e spero davvero di poter accettare a patto che nel metodo e nel merito si lavori come sempre in questi anni privilegiando la comunione e l'unità attorno alla leadership morale di Massimo Gandolfini».

Secondo Pillon infatti «bisogna integrare altre realtà perché un partito che si chiama Popolo della famiglia deve poter parlare di tutto, dalle relazioni internazionali alla politica economica. Ma Gandolfini deve esserne la guida in prospettiva. Così, se Mario si dovesse candidare a Roma, resterà Gandolfini a fare la parte che aveva il primo Beppe Grillo nei primi meet up”.

Insomma, come partito non c’è male: appena nato ha già tre anime. Nella speranza che non siano invece già una tripla scissione.