Quelle manovre per manipolare i lavori del Sinodo
C'è stata una manipolazione durante i lavori del Sinodo straordinario dell'anno scorso? Ad avanzare il sospetto è il giornalista britannico Edward Pentin in quel suo nuovo ebook, The Rigging of a Vatican Synod? An Investigation of Alleged Manipulation at the Extraordinary Synod on the Family (Ignatius Press, San Francisco 2015) che in Italia sta praticamente passando sotto silenzio. Ecco cosa dice Pentin in questa intervista alla Nuova Bussola.
Domenica, Papa Francesco ha sottolineato che il Sinodo dei vescovi non è un parlamento, ovvero che la verità non è il frutto della democrazia dei “secondo me”. Chiaro. Forse. Perché monsignor Bruno Forte, che del Sinodo è il Segretario speciale, insiste nel dire che l’assemblea dei vescovi ha natura “pastorale” e c’è il rischio che le sue parole vengano strumentalizzate da chi auspica separazioni imbarazzanti tra pastorale e dottrina. Infatti, il Relatore generale del Sinodo, il cardinale Péter Erdö, ha tenuto a ribadire che tra bene e male non ci può essere compromesso: sì, insomma, che siamo nella Chiesa cattolica, non dal barbiere. Necessario?
Sì, perché evidentemente non tutti stavano prendendo appunti mentre il Pontefice, in un secondo intervento, ha ricordato con piglio che il Sinodo non riguarda solo i temi già da tempo decisi da alcuni, padri sinodali o mass-media, e che, tra chi gli appunti non li ha presi, qualcuno sta fuori dal Sinodo - vedi monsignor Krzysztof Charamsa, il suo Eduard o un don Alberto Maggi (clicca qui) - e altri dentro (vedi monsignor Paul-André Durocher, già presidente della Conferenza episcopale canadese, che ha sparato la proposta di ordinare diaconi le donne). Insomma, il rischio che il Sinodo 2015 sia come quello straordinario del 2014 c’è. Una manipolazione, anzi «una presunta manipolazione», come precisa il giornalista britannico Edward Pentin in quel suo nuovo ebook, The Rigging of a Vatican Synod? An Investigation of Alleged Manipulation at the Extraordinary Synod on the Family (Ignatius Press, San Francisco 2015) che in Italia sta praticamente passando sotto silenzio.
«Nelle stanze vaticane la preoccupazione abbonda», dice Pentin a La nuova Bussola Quotidiana. «Molti considerano il Sinodo una creazione di coloro che si oppongono all’insegnamento della Chiesa e questo ne fa un’impresa estremamente rischiosa che alla fine può risultare parecchio divisiva, fino magari a portare - alcuni lo dicono - persino allo scisma. Il Santo Padre ci esorta a confidare nello Spirito Santo e alla fine tutto potrebbe finire per il meglio, ma i presagi non sono meravigliosi».
L’Assemblea straordinaria dei vescovi dell’ottobre 2014 fu insomma una trappola per far inghiottire all’intera Chiesa Cattolica il boccone indigesto del declassamento del divorzio, dello sconto ai “risposati”, addirittura della benedizione dei rapporti omosessuali? Certo che no, Pentin non si sogna nemmeno di affermarlo. Primo perché, se così fosse stato, ora non si potrebbe più parlare di Chiesa cattolica. Secondo perché chi pensò di farlo non ci è affatto riuscito. Terzo perché, nonostante quel che pensano e vorrebbero i media, un’assemblea generale di vescovi non è un’arena di scontro tra piromani e pompieri. Eppure la sensazione che al Sinodo straordinario dell’anno scorso sia accaduto qualcosa d’insolito resta. Anzi, a leggere The Rigging of a Vatican Synod? la sensazione si fa certezza, per di più ratificata dai contributi di un bel numero tra principi della Chiesa e osservatori di lusso, inclusi il cardinale Wilfrid Fox Napier e il cardinale Paul Cordes, Stephan Kampowski (ordinario di Antropologia filosofica presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia di Roma) e Austen Ivereigh (fondatore di Catholic Voices e autore di Tempo di misericordia. Vita di Jorge Mario Bergoglio [trad.it., Mondadori, Milano 2014]). Testimoni autorevoli, cioè, che hanno partecipato ai lavori sinodali oppure che sono informati oltre ogni ragionevole dubbio, e che non provengono solo dallo stucchevole partito di quelli che pensano di sapere come si fa il Papa meglio del Papa (e che per questo ogni giorno gli ammanniscono lezioni e ammonimenti non richiesti), che amano il Papa basta che non sia questo Papa, che studiano da cattolici protestatari se non già protestanti.
Pentin è invece un cronista di lungo corso e di grande esperienza che da più di 12 anni segue Papi e cose vaticane (clicca qui). Consulente per la comunicazione del Dignitatis Humane Institute, fondato e diretto da Benjamin Harnwell, è corrispondente per il quindicinale National Catholic Register (la più antica testata cattolica degli Stati Uniti) e per il periodico online Catholic World Report della Ignatius Press. Insomma, al gruppetto degli antipatizzanti di papa Francesco non appartengono nemmeno lui e il suo editore, il padre gesuita Joseph Fessio, allievo di Papa Benedetto XVI, che nel 1976 ha fondato e da allora controlla la californiana Ignatius Press nota per la cristallina fedeltà al Magistero e mai in odore di fronda. Tant’è che per il cardinale Napier, arcivescovo di Durban, in Sudafrica, e copresidente del Sinodo sulla famiglia apertosi domenica, The Rigging of a Vatican Synod? è «una esposizione assolutamente affascinante del Sinodo 2014, specialmente per le macchinazioni che lo hanno circondato».
Il verbo inglese usato per titolare il suo libro evoca il “broglio” e l’idea di “avere truccato le carte”. Il Sinodo straordinario del 2014 nientemeno che manipolato. Non le pare esagerato?
«Il titolo del libro è una domanda. Ed è così perché nelle pagine che lo compongono io presento solamente quelle che sarebbero le prove di una sua presunta manomissione, lasciando poi al lettore il compito di trarre conclusioni. Chi considera quelle prove convincenti dice che il punto interrogativo andrebbe sostituito con il punto esclamativo, ma invece altri - partecipanti e no ai lavori sinodali - dicono che le cose non sono state così nette. Sia come sia, quel che è sicuramente possibile dire è che gl’incaricati del Sinodo, certamente a partire dal suo Segretario generale, il cardinale Lorenzo Baldisseri, e da monsignor Bruno Forte, Segretario speciale, più un 6, 7 altri responsabili, hanno spinto un determinato ordine del giorno e lo hanno fatto in modo aggressivo oltre che spesso inetto».
Quale ordine del giorno?
«Di fatto hanno premuto affinché la discussione sul matrimonio e sulla famiglia andasse nel senso di una “modernizzazione” della Chiesa e questo perché ritengono che la pastorale tradizionale, superata, necessiti di riforma. Pensano, infatti, che così la Chiesa saprà rapportarsi meglio alle complesse problematiche di oggi, facendosi sia “più misericordiosa” sia più adeguata ai tempi. Al Sinodo straordinario la discussione si è concentrata sul divorzio e sulle “seconde nozze”, ma è stato da subito chiaro che per qualcuno quelli erano “cavalli di Troia” utili a introdurre cambiamenti surrettizi nell’approccio della Chiesa verso la sessualità in generale e le relazioni omosessuali in specie. Chi la pensa così dice che al Sinodo non c’è stata alcuna manipolazione, ma al contempo ammette che per vincere certe forti resistenze si è andati giù con mano davvero pesante...»
Nel libro lei pone l’accento soprattutto sulla Relatio post disceptationem…
«La maggior parte degli osservatori si è resa conto che probabilmente qualcuno stava pilotando il Sinodo in una certa direzione proprio il 13 ottobre dell’anno scorso, il giorno in cui il Relatore generale, cardinale Péter Erdö, ha letto quella relazione parziale sui lavori. E quella relazione ebbe un effetto enorme sull’opinione pubblica. I media l’hanno subito definito “rivoluzionario”. Si tenga presente che i giornali ne ricevettero il testo ancora prima dei padri sinodali e così ci fu il tempo per preparare quella velina che, come ha detto George Weigel (nell’articolo "Between Two Synods", pubblicato sul mensile First Things nel gennaio 2015, tradotto su La Nuova Bussola Quotidiana il 2 febbraio successivo), ha consentito di strombazzare, qualunque fosse il vero andamento del Sinodo: “Finalmente! La Chiesa sta cambiando!”. Come ha detto il cardinale Napier, una volta che i media si furono fatti una loro idea dell’affaire, “non vi è più stato modo di farli ricredere”. Molti poi sono stati colpiti dal fatto che la Relatio non contenga alcun riferimento alle Scritture e alla Tradizione, e che lì il magistero di san Giovanni Paolo II (1920-2005) brilli per assenza. Sono esattamente cose come queste che fanno pensare a un copione preparato in anticipo».
Sul quindicinale National Catholic Reporter (clicca qui), una delle testate più diffuse negli Stati Uniti, scopertamente progressista, Michael Sean Winters ha bollato il suo libro come un «pericoloso attacco al Sinodo» e apostrofato il cardinal Raymond L. Burke come «petulante». Davvero lei ce l’ha con qualche padre sinodale o addirittura con l’intero Sinodo?
«Ci mancherebbe, semmai proprio il contrario. Lo scopo del libro è quello di aiutare il Sinodo sulla famiglia che è stato inaugurato domenica a essere più equo, aperto e aderente alla prospettiva del Santo Padre di una discussione libera in cui tutti possono intervenire con parresìa, ovvero in modo franco e schietto (cfr. At 4,31). Spero che il libro possa pure servire come strumento catechetico e aiutare i lettori a capire qual è la posta in gioco, ciò che davvero la Chiesa insegna su temi chiave come il matrimonio e la famiglia, e anche il motivo per cui ci si accalora così tanto attorno a essi. Va pure detto, peraltro, che il giornalista che ha definito in quei termini il cardinale e il mio libro inizia la sua recensione dicendo di non avere letto… il mio libro»
Qualcuno dirà che, per quanto bene intenzionato, il suo libro è divisivo e persino troppo duro nei confronti di alcuni alti prelati…
«Ho pensato e ripensato a lungo se fosse davvero il caso di scriverlo, e questo perché non volevo generare scandalo né riaccendere nuove discussioni sterili. Comprendo dunque la preoccupazione cui lei accenna, ma perché il libro fosse un resoconto vero di ciò che è avvenuto al Sinodo straordinario occorreva evitare ogni tipo di autocensura. I media e i giornalisti cattolici debbono rispettare sempre la gerarchia ecclesiastica, ma la deferenza non può mai essere motivo di oscuramento della verità, la quale va sempre detta per intero ancorché con carità. Aggiungo anche che i resoconti, se si basano sui fatti e se cercano di presentare integralmente la verità, non sono loro a essere divisivi; lo sono invece coloro che compiono atti divisivi».