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POPOLO ED ELITES

Quella virtù della Fortezza oggi sparita

Uno strumento-chiave della fase post-democratica, neo-autoritaria, nella quale rischiamo di cadere è la costruzione in sede internazionale di pseudo-obblighi, che in realtà tali non sono affatto, nonché di linee di tendenza presunte irrefrenabili cui presto o tardi tutto il mondo si dovrebbe piegare. Pericoloso sviluppo da contrastare con ogni forza.

Editoriali 24_07_2015
La virtù della Fortezza, dipinto del Perugino

Uno strumento-chiave della fase post-democratica, neo-autoritaria, nella quale stiamo rischiando di cadere è la costruzione in sede internazionale di pseudo-obblighi, che in realtà tali non sono affatto, nonché di linee di tendenza (trend) presunte irrefrenabili cui presto o tardi tutto il mondo si dovrebbe piegare. È un pericoloso sviluppo che occorre contrastare con ogni forza. E ciò vale non solo per il proverbiale addetto ai lavori, ma anche per ognuno di noi. Quale che sia il suo ruolo personale e sociale, ciascuno di noi ha il diritto/dovere di attrezzarsi per resistere e per reagire a queste pressioni. Nella misura poi in cui la gente torna a essere popolo è proprio questo che fa la differenza, come esemplarmente venne dimostrato dal grande gesto popolare di affermazione del valore della famiglia che ebbe luogo a Roma lo scorso 20 giugno. L’esperienza dimostra, insomma, che non si possono lasciare da sole le élites dinnanzi a un compito che spesso risulta superiore alle loro forze. 

Secondo una nobile tradizione di pensiero che risale all’antico filosofo greco Platone, e che poi la Chiesa ha ripreso e continuato, i quattro cardini dell’esperienza umana sono le virtù dette appunto cardinali: Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza. Rappresentate con simboliche figure femminili, le si ritrovano quasi sempre nelle chiese ancora corredate di immagini d’arte in modo non casuale. A esse si aggiungono le  virtù teologali, Fede, Speranza e Carità, che sono proprie del cammino della fede. Di fronte al caos di sempre più bassa lega della cultura di massa del nostro tempo l’antico modello delle virtù, così semplice e così profondo, merita di venire riscoperto. Le virtù cardinali presiedono in particolare alla vita civile e politica. Perciò in antico venivano associate ai sovrani. Ai due estremi del nostro Paese le si ritrovano, ad esempio, sia sull’arco di trionfo di Alfonso d’Aragona a Napoli sia nel mausoleo del marchese Ludovico di Saluzzo nella bella città piemontese che fu capitale del suo Stato. 

Le virtù cardinali sono beninteso un insieme inscindibile. Prese in modo isolato possono anche produrre esiti perversi, come ahimè venne ben dimostrato quando con Tangentopoli si pretese di riformare la vita italiana brandendo soltanto la Giustizia. Fermo dunque restando che vanno tutte quante tenute in conto, oggi risulta di particolare attualità la Fortezza, in latino Fortitudo, parola che nell’italiano corrente si può forse meglio tradurre con il termine “fermezza”. Di fronte a pseudo-obblighi internazionali che non sono tali affatto, e di fronte alle presunte tendenze irrefrenabili di cui si diceva occorre appunto dare prova di fermezza.

C’è una bella pagina in cui Luigi Giussani ricorda lo scoramento della Chiesa del secolo XIX di fronte al dilagare del potere dello Stato moderno, con tutte le prevaricazioni e le spogliazioni di beni ecclesiastici che l’accompagnavano, e rievoca le conseguenze disastrose del suo tentativo di venire a patti con tale potere. Oggi non ci si deve più confrontare con lo Stato moderno, vacillante sotto il peso della crisi finanziaria che lo attanaglia, ma con dei nuovi poteri transnazionali molto più fluidi, ma forse anche più forti la cui vulgata è il “politically correct”.  Di fronte a questa vulgata spesso si registra oggi nelle élites una sorprendente arrendevolezza. Come nel secolo XIX pure oggi nella Chiesa troppi puntano soltanto a… salvare il salvabile senza capire che così facendo non salvano nulla. Di questo stato di cose la cronaca ci sta offrendo degli esempi che vale la pena di considerare attentamente. 

Uno è quello della sentenza con cui lo scorso 21 luglio la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha dato ragione a tre coppie di omosessuali che vi avevano fatto ricorso contro lo Stato italiano. In effetti la sentenza non è affatto così perentoria come la stampa italiana ha raccontato, piegandosi ancora una volta alla volontà dell’esigua, ma potente “lobby” che sta lavorando per introdurre in Italia il cosiddetto “matrimonio” omosessuale. Soprattutto, però, la sentenza non ha affatto il valore imperativo che tale “lobby” pretende che abbia. Infine, non è affatto vero che il matrimonio omosessuale, e l’ideologia “gender” di cui esso è uno degli esiti, siano il sol dell’avvenire. Questo cosiddetto matrimonio è legge soltanto in circa 20 Stati sui 200 di cui le Nazioni Unite si compongono. Sono per lo più Stati rivieraschi del Nord Atlantico, cui se ne aggiungono tre in America Latina, uno in Africa e uno in Oceania; nessuno invece in Asia. Per inciso, ricordiamo che in sede di Unione europea tutti gli Stati membri dell’Est vi sono attivamente contrari. 

Ma di quale “trend” internazionale stiamo parlando? Il “trend” insomma non c’è. Ad ogni modo -- non solo riguardo a questo dettaglio, ma pure a questioni ben più ampie -- anche se ci fosse il “trend” a noi che ce ne importa? Se si fossero preoccupati del “trend” quei dodici poveretti sarebbero tornati con le pive nel sacco in Galilea.