Quando Blaise Pascal seppelliva il multiculturalismo
Nelle prossime elezioni francesi una certa fetta di voti sarà determinata dal modo con cui i francesi guardano all'islam. Come lo giudicavano nel passato? Nell'Illuminismo era tale il rancore anti-cristiano che l'islam veniva preferito. Il razionalista Pascal, un secolo prima, al contrario, dimostrava a rigor di logica che il cristianesimo era l'unica religione vera.
Nelle prossime elezioni francesi una certa fetta di voti sarà certamente determinata dal modo con cui i francesi guardano al rapporto con l'islam, interno ed esterno. Può allora essere interessante vedere come la cultura francese ha considerato la religione islamica in secoli passati.
In età illuminista l'avversario dei filosofi è il cristianesimo: bisogna letteralmente "schiacciare l'Infame". Non lo pensa solo Voltaire, ma anche il barone di Montesquieu, che nelle sue Lettere persiane del 1721 presenta l'islam come immune dai mali della cristianità; pochi anni dopo un importante enciclopedista, il marchese Nicolas du Condorcet, si chiede stupito come mai la scienza sia nata "sotto le superstizioni più assurde, nel mezzo della più barbara ignoranza", cioè nei paesi cristiani, e non invece nelle terre dominate dalla “religione di Maometto, la più semplice nei suoi dogmi, la meno assurda nelle sue pratiche, la più tollerante nei suoi principi”. Nello stesso periodo Voltaire dedica un'intera opera al tema: Maometto ossia il fanatismo è una sua tragedia rappresentata a Parigi nel 1742. Ma a differenza di quello che si può credere leggendo il titolo, il bersaglio preferito è ancora una volta il cattolicesimo, perchè è piuttosto evidente che Voltaire ha utilizzato Maometto come metafora per colpire la Chiesa cattolica. La quale risponde mettendo la tragedia all'Indice. Solo pochi anni dopo, nel 1756, nel suo Saggio sui costumi, Voltaire elogia ampiamente Maometto, l'islam e la cultura araba.
Prima degli illuministi le cose stanno diversamente. Il giudizio più sintetico e celebre su Maometto è quello di Blaise Pascal, filosofo, matematico, fisico di primissimo ordine. Pascal dedica a Maometto il pensiero numero 356, intitolato Differenze tra Gesù Cristo e Maometto. Recita così: "Maometto, non predetto; Gesù Cristo, predetto. Maometto, che uccide; Gesù Cristo che lascia uccidere i suoi. Maometto che vieta di leggere; gli apostoli che comandano di leggere. Infine, il contrasto è tale che, se Maometto ha scelto la via del successo umano, Gesù Cristo scelse quella di perire umanamente; e, invece di concludere che siccome Maometto è riuscito, Gesù Cristo doveva fare altrettanto, bisogna dire che, siccome Maometto riuscì, Gesù Cristo doveva perire".
Perchè Pascal affronta il tema islam? La Francia cattolica della sua epoca non è ancora la Francia laica e imperialista che nel 1830 attaccherà l'Algeria iniziando la colonizzazione dell'Africa islamica. Non vi è dunque nessun riferimento stretto all'attualità, e non vi sono nel paese milioni di immigrati di fede maomettana. La Francia è invece un paese che sta smettendo di essere cattolico, e in cui serpeggia un crescente scetticismo, l'idea cioè che non esista una verità, o che, se esiste, è inutile cercarla perchè è impossibile trovarla.
Pascal crede invece nella verità e nella ricerca di essa: nelle verità limitate indagate dalla scienza, dalla sua amata matematica, e nelle Verità eterne indagate dalla teologia. Qual'è la "vera religione"? Questa domanda lo porta a concludere che solo Cristo è la vera risposta alla natura dell'uomo, perchè Egli, in quanto uomo, incontra la nostra miseria, il nostro essere "indegni di Dio"; in quanto Dio realizza la nostra natura di creature "capaci di Dio". Scrive infatti: "Noi non conosciamo Dio che tramite Gesù Cristo. Senza questo Mediatore è tolta ogni comunicazione con Dio..."; e aggiunge: "Non solamente noi non conosciamo Dio che per mezzo di Gesù Cristo, ma non conosciamo noi stessi se non per suo tramite".
La natura dell'uomo, per Pascal, sta qui: nell'essere immensamente grande, perchè "l'uomo supera infinitamente l'uomo", perchè è tensione, ricerca, desiderio infinito, ed è capace di amore e di pensiero (cosa di cui l'intero universo non sa nulla), e nell'essere infinitamente piccolo, misero, peccatore, a causa della Caduta originaria.
Ebbene, per Pascal le Scritture e la Chiesa, oltre ad avere dalla propria profezie e miracoli, hanno dell'uomo l'idea corretta, un'idea che non è frutto del loro ragionamento umano, ma che si può riconoscere vera e razionale una volta che è stata rivelata da Dio. Maometto, invece, non ha compreso affatto la natura umana nel profondo, ma è rimasto alla superficie, come può fare una mente limitata, non divina: ciò che lui insegna, dunque, non deriva da Dio. Infatti Allah è inaccessibile, lontanissimo, non si coinvolge nella storia, non mostra il suo volto, non si fa Mediatore ma manda un uomo a rivelare la sua legge. Se da un lato è inaccessibile, dall'altra il suo paradiso è invece un premio puramente materialistico. Ciò significa, in altre parole, che per Pascal Allah è troppo "in alto", e il suo paradiso troppo "in basso", laddove Cristo, invece, è un Dio che scende incontro all'uomo miserabile, bisognoso di aiuto, per portarlo dove l'uomo però vuole davvero arrivare, non ad un somma di piaceri finiti e terreni (i fiumi di miele e le donne-amanti in quantità del paradiso islamico), ma ad una Felicità infinita, qualitativamente diversa, quella propria del Paradiso cristiano.
Viene da domandarsi, alla luce di quanto si è detto, cosa avrebbe pensato Pascal dei giudizi sull'islam che vanno oggi per la maggiore, non solo nel mondo che si richiama ai Montesquieu, ai Condorcet, ai Voltaire, ma nel suo mondo cattolico. Sarebbe certamente rimasto spiazzato a sentir dire che "tutte le religioni sono religioni di pace" o affermazioni analoghe. Non solo perchè, come dice espressamente nel passo citato, Pascal definisce Maometto come un predicatore armato e guerriero (come effettivamente fu), mentre Cristo è un Dio disarmato e pronto al sacrificio proprio e dei propri apostoli, ma soprattutto perchè troverebbe illogico, contrario al buon uso della ragione, mettere sullo stesso piano religioni del tutto diverse, finendo per negarle, a rigor di logica, tutte quante. Se infatti in matematica tanti sono gli errori possibili, ma uno solo il risultato giusto, così tante possono essere le vie, le religioni, inventate dagli uomini per salire a Dio, ma uno solo è il Dio sceso ad incontrare gli uomini e a portare loro il suo messaggio, a svelare chi è davvero Dio e chi è davvero l'uomo.
Ma le religioni non dovrebbero "allearsi contro il secolarismo oggi vincente"? A questa affermazione odierna, se potesse sentirla, Pascal risponderebbe non solo citando il I comandamento ("Non avrai altro Dio all'infuori di me") ma anche ricordando che lui è vissuto proprio alle origini del secolarismo, nel paese, la Francia, che più di tutti lo ha diffuso. Ebbene questo secolarismo, che oggi possiamo definire relativismo religioso ed etico, è nato proprio mettendo tutto, verità ed errori, sullo stesso piano. Esso è dunque figlio dello scetticismo, cioè dell'idea che la verità o non c'è o non va cercata, e del deismo, anch'esso originariamente seicentesco, che mantenendo Dio, ma negando Cristo, il "Dio con noi", ha funto da battistrada per l'ateismo.
L'unico antidoto allo scetticismo ed all'incredulità è allora l'idea secondo cui l'uomo è fatto, agostinianamente per la ricerca della Verità. Se l'uomo cerca, Dio lo troverà: "Consolati: tu non mi cercheresti, se non mi avessi trovato"