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il conflitto

Putin aggiorna la dottrina nucleare, un monito all'Occidente

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Aumentano i casi in cui la Russia minaccia il ricorso alle armi atomiche, anche contro Paesi che non ne possiedono. Un rafforzamento della deterrenza che giunge in un momento fatidico per la guerra in Ucraina.

Esteri 02_10_2024
IMAGOECONOMICA (Sergei Bobylev, RIA Novosti)

L'aggiornamento della dottrina nucleare russa, annunciato da Vladimir Putin il 25 settembre, sembra fatto su misura rispetto al più attuale contesto del conflitto in atto in Ucraina e Russia. E lancia un monito alle potenze occidentali.
Pochi cambiamenti rispetto a una dottrina nucleare che già prevedeva il possibile impiego di armi atomiche in caso di attacchi in grado di minacciare la sicurezza nazionale, anche se non necessariamente nucleari.

Le modifiche proposte da Putin consentirebbero a Mosca di usare armi nucleari anche contro Stati che non ne possiedono ma sono sostenuti da potenze nucleari, come nel caso dell’Ucraina. Oppure di colpire preventivamente con le atomiche qualora vi fossero conferme di un imminente attacco su vasta scala; o di ricorrere al nucleare in risposta a un attacco massiccio dal cielo e dallo spazio. Inoltre la Russia si riserva di ricorrere alle armi atomiche in caso di attacco all’alleata Bielorussia che già da un anno ospita testate nucleari tattiche russe. In questo caso si tratta della copertura assicurata all’unico alleato di Mosca in Europa, secondo uno schema ben noto in Occidente, dove il deterrente nucleare statunitense protegge le nazioni della NATO alcune delle quali (Italia inclusa) ospitano da tempo armi nucleari tattiche americane.

L’aggiornamento della dottrina russa deve essere considerato come un avvertimento all'Occidente, ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, e del resto i documenti dottrinali hanno un evidente obiettivo di deterrenza e vengono resi pubblici proprio allo scopo di “chiarire le idee” ad avversari e competitor. «È un segnale che avverte questi Paesi delle conseguenze se partecipano a un attacco al nostro Paese con vari mezzi, non necessariamente nucleari», ha detto Peskov ai giornalisti. Senza menzionare l'Ucraina Peskov ha affermato che la «deterrenza nucleare della Russia è in fase di adeguamento a causa di elementi di tensione che si stanno sviluppando lungo il perimetro dei nostri confini».

Il 30 settembre Peskov è tornato sull’argomento ribadendo l'importanza di non «prendere sottogamba» il recente annuncio del presidente russo, Vladimir Putin, di «adeguare» la dottrina nucleare della Federazione Russa in base agli sviluppi dell'attuale crisi geopolitica. «Questo documento è estremamente importante», in esso «sono state prese decisioni importanti», che presto «saranno formalizzate».
Peskov ha precisato che, sebbene al momento non ci siano piani per espandere l'arsenale nucleare russo, la revisione della dottrina nucleare è una risposta alle nuove minacce emergenti assicurando che qualsiasi decisione relativa alla pubblicazione della dottrina nucleare aggiornata sarà comunicata «in modo tempestivo» al pubblico.

Il rafforzamento della deterrenza russa giunge in un momento fatidico per il conflitto in Ucraina. Gli avvertimenti di Putin sembrano aver contribuito a scoraggiare le potenze occidentali, almeno per ora, dall’autorizzare l’impiego delle armi a raggio più esteso (missili ATACMS statunitensi e Storm Shadow franco-britannici innanzitutto) fornite all’Ucraina contro il territorio russo.
Una decisione che secondo l’intelligence statunitense non avrebbe dato benefici militari tangibili a fronte di gravi rischi specie dopo che lo stesso Putin aveva detto che Mosca considererebbe belligeranti le nazioni che autorizzassero tale impiego delle armi donate a Kiev.

Inoltre le vane pretese di Zelensky di coinvolgere direttamente la nazioni aderenti alla NATO nel conflitto mostrano la crescente debolezza dell’Ucraina sui campi di battaglia di cui, non a caso, si parla sempre meno nei consessi politici pubblici e sui media in Italia e in Europa.
Eppure mentre Zelensky propone al mondo il suo “Piano per la vittoria” le truppe ucraine continuano a subire disfatte e a perdere terreno in tutto il Donbass: ogni giorno i russi espugnano alcuni centri abitati nelle regioni di Kharkiv, Luhansk e soprattutto Donetsk dove è circondata e sta per cadere la roccaforte di Ugledar mentre le truppe russe sono penetrate nei capisaldi di Toretsk e Chasov Yar e sono a due chilometri dal grande centro logistico di Pokrovsk di cui l’artiglieria e i droni russi hanno già paralizzato l’afflusso di rifornimenti lungo strade e ferrovie.

E le cose non vanno meglio nella regione russa di Kursk dove le truppe ucraine continuano a perdere terreno e i russi avanzano lungo i fianchi dello schieramento nemico e soprattutto lungo il confine minacciando di accerchiare le forze di Kiev spintesi più in profondità in territorio russo.Difficoltà riconosciute anche dagli osservatori ucraini e dagli stessi think-tank americani più vicini alla causa di Kiev e ammesse ieri anche dal nuovo segretario generale della NATO, l’olandese Mark Rutte che ha sostituito il più volte sopra le righe norvegese Jens Stoltenberg, in più occasioni distintosi nell’esprimere proprie valutazioni che non rappresentavano l’intera comunità delle 32 nazioni che appartengono all’Alleanza Atlantica.

«Chiaramente sul campo di battaglia la situazione è difficile. Da una parte l'esercito ucraino tiene in una parte della regione di Kursk, in Russia, ma abbiamo anche visto le forze russe ottenere guadagni limitati sul campo di battaglia», ha detto Rutte esortando gli alleati a continuare a fornire aiuti aggiuntivi all'Ucraina.
Aiuti però di cui non vi è più disponibilità immediata tenuto conto che la gran parte delle nuove forniture promesse da americani ed europei riguardano armi ed equipaggiamenti che devono ancora venire prodotti.

Rutte sembra anche consapevole del possibile tragico epilogo del conflitto. Il neo-segretario generale della NATO ha dichiarato che è complesso prevedere quando l'alleanza sarà pronta ad invitare l'Ucraina a unirsi ufficialmente. Rutte ha sottolineato che la situazione attuale rende difficile stabilire una tempistica chiara, invitando a concentrarsi principalmente sugli sforzi per risolvere il conflitto in corso. «Dobbiamo valutare gli sviluppi che si verificheranno nei prossimi sei mesi, un anno o anche due anni, specialmente nel contesto della possibile adesione futura dell'Ucraina alla NATO».

A fornire un quadro più realistico della situazione militare e del rischio di un prossimo collasso delle forze ucraine contribuiscono più le rivelazioni degli ufficiali di Kiev ai media internazionali che le dichiarazioni dei vertici politici della NATO.
Comandanti ucraini hanno raccontato nei giorni scorsi al Financial Times che le nuove reclute, in molti casi arruolate a forza, sono prive di addestramento basico e motivazione, molti non sanno impugnare correttamente un'arma, tra la metà e i due terzi di loro vengono uccisi o feriti nei primi giorni al fronte dove cadono nel panico al primo bombardamento. L'età media di un soldato ucraino oggi è di 45 anni e secondo alcuni ufficiali solo uno su sei ha meno di 30 anni.
Se a questo contesto si aggiunge la crescente diffusione delle diserzioni appare chiaro che gli sviluppi sul campo di battaglia rischiano di condizionare presto ogni valutazione politica e ogni percezione mediatica intorno a questo conflitto.



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