Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Francesco d’Assisi a cura di Ermes Dovico
LA STORIA

Prostituzione e aborti: non è accoglienza, ma schiavitù

Un abortificio spagnolo è accusato di aver aiutato la mafia nigeriana nel far abortire due sorelle costrette a prostituirsi. Una storia drammatica: vendute dalla sorella, le botte nel Sahara, la partenza in Libia e il salvataggio a Lecce. Fino in Spagna: una tratta che chiamiamo accoglienza. 

Attualità 20_11_2017
La clinica dove avrebbero abortito le sue ragazze

Costrette a prostituirsi e ad abortire da una organizzazione criminale in Spagna passando per l’Italia dove le donne sono arrivate con i barconi della speranza. E’ la storia che arriva da Madrid e che getta ancora una volta una luce oscura sulla tratta degli esseri umani che si svolge al di sopra delle autorità italiane dietro la motivazione apparentemente consolante del soccorso umanitario. In realtà di umanitario in questa storia c’è ben poco. A cominciare dal sistema di accoglienza dei barconi e dei salvataggi di disperati con la motivazione che scappano da guerre e povertà. La storia di Sandra e le sue sorelle, che il quotidiano El Mundo ha raccontato dimostra – ancora una volta - che a organizzare le traversate lungo il Mediterraneo sono organizzazioni criminali che hanno come unico obiettivo quello di spedire come “pacchi postali” le donne perché arrivino in Europa per prostituirsi o per altri scopi dettati dalla criminalità organizzata.

La storia inizia l’anno scorso con Sandra una prostituta nigeriana che dà in mano alla mafia nigeriana le sue due sorelle, una delle quali minorenne. Con riti voodo e coercizioni tribali per suggestionarle, le due poverette vengono letteralmente sequestrate con destinazione Europa, dove la sorella maggiore le promette di farle arrivare nella civiltà, strappandole dalla miseria.

Invece le donne hanno già il destino segnato: l’organizzazione le recluta e le fa arrivare attraverso il Sahara in Libia dove entrano in contatto con arabi senza scrupoli che le imbarcano a suon di botte o minacce alla volta dell’Europa. E’ al largo delle coste di Lecce che l’imbarcazione viene intercettata e fatta sbarcare. Una volta arrivate sul suo italiano, le due ragazze vengono prese dall’organizzazione che sfrutta così le maglie troppo larghe del sistema di controllo dei richiedenti asilo. E passando da Milano arrivano a Madrid dove si ricongiungono con la sorella. Appena il tempo di essersi rallegrata per la buona riuscita del viaggio, che Sandra le spedisce al poligono Marconi, il più grande postribolo a cielo aperto della capitale.

E’ qui che – sei mesi dopo - una pattuglia di Polizia, notando la giovane età di quella minorenne, le intercetta e le interroga. La polizia spagnola viene così a sapere che le due hanno persino abortito in una clinica della città. Secondo gli investigatori si tratta della clinica Dator, l’abortificio più grande di Spagna che avrebbe stretto un patto con la Mafia nigeriana che necessita di procedura “easy” per far abortire le prostitute senza dare nell’occhio.

L’inchiesta è appena partita e – sempre dalle colonne del Mundo – i vertici della Dator smentiscono i fatti. Nelle carte della clinica infatti non risulta alcun passaggio delle due ragazze, ma è evidente che i magistrati spagnoli dovranno cercare prove ulteriori. In ogni caso, già l’inchiesta, partita dal drammatico racconto delle due sorelle, getta una luce inquietante sui traffici umani che stanno dietro alla nuova tratta delle schiave del sesso.

Le quali arrivano in Europa, guarda caso sempre passando per l’Italia, con i barconi che politici e giornali occidentali hanno deciso essere sempre carichi di rifugiati politici. In realtà, molti occupanti sono già ridotti in schiavitù da un sistema che non si vuole vedere, ma che sta facendo affari d’oro anche sfruttando l’ingenuità di una politica buonista.