Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Natale del Signore a cura di Ermes Dovico
LE PAROLE DEL PAPA

Proprietà privata diritto secondario: un assist ai regimi

Chiamare la proprietà privata un diritto “secondario” apre la strada a forme di limitazione della stessa da parte di poteri oppressivi. Dire invece che è un diritto primario, ma che bisogna bene impostare il suo uso, chiama in causa la persona, le famiglie, le società naturali. Altrimenti le richieste di limitare il diritto di proprietà favoriscono i poteri statali e sovranazionali come sta avvenendo in questo momento. Considerazioni sulle ultime parole di Francesco alla Conferenza Onu

Editoriali 20_06_2021 English Español

Papa Francesco afferma spesso che quello alla proprietà privata non è un diritto assoluto e che può essere limitato. Di recente è tornato sull’argomento con il videomessaggio alla Conferenza internazionale sul lavoro dell’ONU del 17 giugno scorso con queste parole: «A volte quando si parla di proprietà privata, dimentichiamo che è un diritto secondario, che dipende da questo diritto primario, che è la destinazione universale dei beni». Anche stavolta, le sue affermazioni si sono accompagnate ad altre sulla società “dello scarto” e sulla necessità di ripensare completamente questa economia “che uccide”. Chi ascolta i discorsi del papa è spinto a collegare il richiamo alla proprietà privata come diritto “secondario”, e quindi che si può manomettere in virtù di quello primario, e la necessità di opporsi all’economia “che uccide” perché non accetterebbe manomissioni alla proprietà privata.

Innanzitutto va richiamato che nessun diritto è assoluto, perché tutti i diritti sono legittimati, e quindi limitati, da dei doveri che li precedono. Affermare quindi che quello alla proprietà privata non è un diritto assoluto è dire una cosa ovvia.

Chiamare invece quello alla proprietà privata un diritto “secondario”, come ha fatto Francesco in questa occasione, non è ovvio e può essere molto pericoloso. Se un diritto è legittimato da uno o più doveri che si radicano nella natura umana e nell’ordine finalistico della società, allora è primario. La proprietà privata ricade in questo ambito. Infatti la Rerum novarum fonda questo principio - che essa definisce “naturale” - nei doveri del lavoro, della famiglia, della vocazione della persona intelligente e libera. Se un diritto è “naturale” è senz’altro primario e non può essere secondario. Ovviamente, primario non vuol dire assoluto. Nelle parole di Francesco si coglie questa identificazione impropria tra “primario” e “assoluto”.

Dicendo che quello alla proprietà privata è un diritto “secondario”, Francesco fa intendere che, per contro, il principio della destinazione universale dei beni sarebbe un diritto “primario” da cui esso dipenderebbe. Il primo non sarebbe assoluto, il secondo sì. Non c’è dubbio, invece, che anche quello della destinazione universale dei beni non sia assoluto, anche se primario, in quanto richiede delle condizioni di esercizio che lo limitano. In particolare richiede di non contrastare il principio della proprietà privata, ma di intenderlo come il modo per realizzare la destinazione universale. Non in senso strumentale, come se la proprietà privata fosse solo un mezzo usa e getta privo di titolarità etica, ma in senso finalistico: non si può realizzare la destinazione universale dei beni senza il rispetto del diritto alla proprietà privata. In caso contrario verrebbe corrotto il bene comune. Se si afferma che quello alla proprietà privata è un diritto “secondario”, allora la stessa cosa si dovrebbe dire per quello della destinazione universale dei beni. Ambedue i principi possono essere manomessi e non solo quello della proprietà privata. Gli ecclesiastici tuonano volentieri contro la proprietà privata e mai contro la tassazione di rapina imposta dagli Stati con la scusa di realizzare la destinazione universale dei beni. Ma nella realtà, questa economia “uccide” anche per questo ultimo motivo.

I due principi sono allora ugualmente primari (anche se non assoluti), frutto ambedue della creazione divina. Dio ci ha dato tutto, ha anche dato l’uomo a se stesso, ci ha dato la terra ma anche il dovere di lavorarla che fonda il diritto di possedere quanto il lavoro ci permette legittimamente di acquisire e di mettere da parte: “Dio ha dato la terra a tutto il genere umano … ora la terra non dona i suoi frutti senza una particolare risposta dell’uomo al dono di Dio, ossia senza il lavoro” (Centesimus annus, 31) dove ha origine la proprietà individuale. Il fatto che la proprietà privata non sia un diritto assoluto non deriva dal fatto che sia un diritto secondario, ma dalla distinzione che risale a Leone XIII, poi confermata dal magistero, tra possesso e uso dei beni. Il possesso è un diritto primario, ma la sua relazione con la destinazione universale ne impone un uso, diciamo così, sociale.

Chiamare la proprietà privata un diritto “secondario” apre la strada a forme di limitazione della stessa da parte di poteri oppressivi. Dire invece che è un diritto primario esso stesso ma che bisogna bene impostare il suo uso, chiama in causa la persona, le famiglie, le società naturali che sono i primi soggetti a dover intervenire per “socializzare” l’uso della proprietà, ben prima dello Stato e degli attori di un Nuovo ordine mondiale. Altrimenti le richieste di limitare il diritto di proprietà favoriscono i poteri statali e sovranazionali come sta avvenendo in questo momento. Da questi ultimi stanno arrivando infatti inquietanti segnali di una società senza proprietà privata. Dire che questa è un “diritto secondario” può essere un assist molto negativo.