Prodi e l'economia made in China
Da presidente dell'Iri a "privatizzatore e mercatista", da convinto europeista a salvatore di Africa e Cina. I mille volti di Romano Prodi, un uomo che più di altri ha contribuito all'indebolimento economico del nostro Paese.
Prodi è la persona di potere politico più difficile da qualificare, interpretare e connotare. Certo è che non è quel che sembra, ma dovendone valutare il profilo economico, cerchiamo di basarci sui fatti e sull’esperienza. Non prendiamo qui in esame le sue vicende giudiziarie (vendita SME, Cirio, consulenze Nomisma) né le famose sedute spiritiche su Aldo Moro, o presunte appartenenze a servizi. Neanche ci soffermiamo su alcuni trascorsi quale presidente dell’advisory board di Goldman Sachs (cui affidò il ruolo di advisor nelle privatizzazioni delle imprese di stato italiane), o suoi rapporti con Unilever (cui vendette un’impresa di stato), o i collegamenti con il Partito Democratico Usa (Rubin), perché tutto questo non spiega un granché delle sue performance.
Possiamo però dire che Prodi è stato uno, se non il maggiore, dei fautori dell’indebolimento economico del paese. Anche se l’impressione è che le sue “idee” fossero in realtà farina del sacco di quelli che si era scelto come consiglieri o suggeritori. Dal punto di vista dell’indirizzo economico, Prodi è curiosamente assimilabile a ciò che Giulio Andreotti ha rappresentato dal punto di vista squisitamente politico. Di Andreotti possiamo valutare i compromessi di potere e le leggi promulgate, per Prodi parlano i numeri conseguenza dei suoi ruoli istituzionali, alla presidenza dell’Iri e al governo. Ma entrambi hanno sempre cercato di far credere il male sarebbe stato senz’altro peggiore se non ci fossero stati loro: è così che Prodi ha sempre fatto passare per successi quelli che sono semplici errori. A sentire lui ha salvato economicamente l’Italia almeno tre volte. Le cose stanno però diversamente.
Cominciamo dalla presidenza dell’Iri, che egli ha tenuto dall’ottobre 1982 all’ottobre 1989, caduta del regime sovietico, e poi ancora dal 1993 al 1994): i risultati furono disastrosi per perdite e crescita dell’indebitamento; praticamente nel 1994 il patrimonio dell’Iri venne azzerato per perdite e potenzialmente insolvente (i debiti finanziari Iri raddoppiarono dal 1983 al 1993). Ma la sua giustificazione fu che con altri Presidenti sarebbe stato molto peggio e poi il bene prodotto al Paese (in realtà la parte che sta a Nord…) giustificava l’assistenzialismo di stato, la crescita del debito pubblico e le tasse.
Ma negli anni ’90 arriva il bello. Da grande “statalista” Prodi si converte in grande “privatizzatore e mercatista” . Sempre tra il 1993 e il 1994 (presidente Ciampi) si avviano le privatizzazioni delle imprese di stato italiane secondo le imposizioni concordate nel trattato di Maastricht per poter entrare nell’Euro. Le privatizzazioni del sistema economico italiano, dalle banche alle maggiori imprese, furono la peggior parte della storia economica italiana. Prodi le avviò nel 1993-94 quale Presidente dell’Iri e poi ancora quale Presidente del Consiglio tra il 1996 e il ’98. Si pensi solo alla privatizzazione del Credito Italiano, della Comit e di Telecom , tanto mal concepiti e gestiti da rappresentare un problema ancora oggi per il nostro paese. E lo si può chiedere agli azionisti Telecom. Eppure Prodi ha sempre cercato di accreditarsi come il virtuoso ed eroico Presidente che ha finalmente reso competitive le imprese italiane di stato, mettendole sul mercato.
Sempre per entrare nell’Euro, tra il 1996 e il ’98 (è presidente del Consiglio) si perpetra un’altra incredibile operazione, quella che Prodi chiamò il risanamento del Paese. In pratica per ridurre il deficit del bilancio pubblico italiano (dal 7% al 3% secondo le esigenze di Maastricht), Prodi aumentò le tasse, diminuì in brevissimo tempo la remunerazione dei titoli di stato (portando allo sbando il risparmio degli italiani) e tagliò i costi della ricerca. Grazie a queste attività, utili alla creazione dell’Euro, venne premiato e fu nominato Presidente della Commissione europea (dal 1999 al 2004), per poi tornare a salvare l’Italia ancora una volta nel 2006 - fino al 2008 - quale Presidente del Consiglio. Da allora si è occupato di Africa , di Cina, e di biciclette. Ma ora è pronto a salvare l’Italia per la quarta volta, come Presidente della Repubblica. Sperando che non ci assesti il colpo di grazia.