Prima nata in provetta festeggia. Ma c'è poco da esultare
Ovvio che Louise celebri la vita, data da Dio anche se "costretto" a creare un’anima in vitro. È il fatto angosciante di un uomo che piega la creazione a sé, i cui effetti oggi sono devastanti, basti pensare al farmaco che blocca la pubertà approvato ieri dal governo, nel tentativo di strappare a Dio, dopo la vita, anche la sessualità.
Cinquant'anni fa esatti il beato Papa Paolo VI pubblicava contra mundum quel monumento indiscutibile di verità, bellezza e sapienza che è l’enciclica Humanae Vitae. Dieci anni esatti dopo, il 25 luglio 1978, al culmine degli “anni di piombo”, nasceva il primo essere umano concepito in provetta. Contro-rivoluzione e Rivoluzione.
Oggi Louise Joy Brown festeggia con torta e candeline i suoi primi quarant’anni e dice: «Agli uomini e alle donne che stanno tentando la fecondazione in vitro dico: non abbandonate mai la speranza. Ai medici e agli embriologi: continuate così. A tutti coloro che sono impegnati per queste procedure: grazie, a nome di milioni di bebè, per tutto quello che avete fatto». È il paradosso surreale del diavolo che fa le pentole, ma non i coperchi. Ovvio che Louise celebri la vita che vibra in lei, la sua chiamata all’essere dal nulla. Anche se in questo caso Dio è "stato costretto", accettando la libertà umana, a creare un’anima in vitro.
Epperò si resta sbigottiti davanti al fatto. Nella sua orgia di onnipotenza, l’uomo, che non può strappare a Dio il potere misterioso e sublime della vita, colpisce come riesce. Oggi Louise consiglia a tuti la fecondazione artificiale. Lo sappiamo, un bel tacere non fu mai scritto. Non oso nemmeno entrare nel vortice dei pensieri, di cosa significhi essere concepiti in provetta eppure ringraziare (implicitamente) Dio del dono della vita. Mi astengo, non oso, non voglio. Epperò resta sempre quel fatto. Agghiacciante, angosciante benché Dio sappia scrivere diritto pure sulle righe storte.
Louise nacque con parto cesareo 40 anni fa presso il General Hospital di Oldham, nell’area metropolitana di Manchester, in Inghilterra, seguita dopo pochi anni anche dalla sorella, in un Paese che dopo i tanti Charlie Gard e Alfie Evans sta colando a picco come un fuso. Oggi parrebbe che i nati in vitro nel mondo siano otto milioni.
Nello stesso giorno in cui il mondo celebra il primogenito di quell’esercito la stampa riferisce che il Comitato nazionale per la bioetica consulente della presidenza del Consiglio dei ministri di un governo che aveva promesso il silenzio in tema di prìncipi non negoziabili, quello italiano, ha dato parere favorevole alla triptorelina, il farmaco antitumorale composto da una molecola sintetica che, se somministrato in modo prolungato, inibisce l’ormone regolatore delle funzioni testicolare e ovarica bloccando la pubertà. Il semaforo verde del Comitato serve a trattare con la triptorelina gli affetti da disforia di genere, cioè a creare i trans in provetta nel tentativo prometeico di strappare a Dio, dopo la vita, anche la sessualità.
E arriva pure la notizia che il Viagra, la pillola blu che forza ancora una volta la natura nella sfera dell’intimità sessuale, se somministrato a donne, rafforzerebbe la placenta favorendo la crescita dei feti, così dice una ricerca del Centro medico dell’Università di Amsterdam che ha convinto ben dieci nosocomi dei Paesi Bassi, ma che finora ha invece soltanto ucciso 11 bambini a pochi giorni dalla nascita per insufficienza polmonare. È questo l’homunculus alchemico che il nostro mondo progredito sta preparando per i nostri figli?