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PAPA FRANCESCO

«Preti, più tempo in confessionale»

I sacerdoti sono ministri della fede, testimoni non delle loro soggettive opinioni ma della Parola di Dio. Lo ha ricordato domanica il Papa durante alcune ordinazioni. Poi è tornato sul tema delle vocazioni invitando i giovani a mettersi in gioco per grandi ideali. – Gesù avvocato, di A. Busetto

Ecclesia 22_04_2013
Papa Francesco

L'ordinazione di dieci sacerdoti in San Pietro, il 21 aprile 2013, e il successivo Regina Coeli per le vocazioni hanno offerto l'occasione al Papa per «riflettere attentamente» sul ministero sacerdotale, sulle vocazioni in genere e sul loro nesso con la preghiera.
«Come voi ben sapete - ha detto il Pontefice - il Signore Gesù è il solo Sommo Sacerdote del Nuovo Testamento, ma in Lui anche tutto il popolo santo di Dio è stato costituito popolo sacerdotale». Non bisogna però confondere il sacerdozio comune a tutto il popolo di Dio e il sacerdozio ministeriale. «Tra tutti i suoi discepoli, il Signore Gesù vuole sceglierne alcuni in particolare, perché esercitando pubblicamente nella Chiesa in suo nome l’officio sacerdotale a favore di tutti gli uomini, continuassero la sua personale missione di maestro, sacerdote e pastore».

Ne scelse «alcuni», così distinguendoli rispetto a «tutto il popolo». Solo a questi «alcuni» fa conferito il sacerdozio ministeriale. «Come, infatti, per questo Egli era stato inviato dal Padre, così Egli inviò a sua volta nel mondo prima gli Apostoli e poi i Vescovi e i loro successori, ai quali infine furono dati come collaboratori i presbiteri, che, ad essi uniti nel ministero sacerdotale, sono chiamati al servizio del Popolo di Dio».

I sacerdoti sono anzitutto ministri della fede, testimoni non delle loro soggettive opinioni o emozioni ma della Parola di Dio: e non della Parola di Dio interpretata come sembra meglio a ciascuno, ma di una Parola di cui la Chiesa è sempre riconosciuta come custode.
«Ricordate - ha detto ai nuovi sacerdoti Papa Francesco - le vostre mamme, le vostre nonne, i vostri catechisti, che vi hanno dato la Parola di Dio, la fede…. il dono della fede! Vi hanno trasmesso questo dono della fede. Leggete e meditate assiduamente la Parola del Signore per credere ciò che avete letto, insegnare ciò che avete appreso nella fede, vivere ciò che avete insegnato. Ricordate anche che la Parola di Dio non è proprietà vostra: è Parola di Dio. E la Chiesa è la custode della Parola di Dio».

Se buona dottrina e santità di vita sono richieste a ogni sacerdote, in ogni tempo, oggi sembra particolarmente necessario che i preti dedichino il tempo necessario alle confessioni, accogliendo quei fedeli che raccolgono l'invito del Papa ad affidarsi senza riserve alla misericordia di Dio, di cui il confessore dev'essere testimone.
«Con il Sacramento della Penitenza rimetterete i peccati nel nome di Cristo e della Chiesa. E oggi vi chiedo in nome di Cristo e della Chiesa: per favore, non vi stancate di essere misericordiosi». Il Papa, inoltre, ha chiesto particolare attenzione al sacramento dell'Unzione degli infermi. «Con l’olio santo darete sollievo agli infermi e anche agli anziani: non abbiate vergogna di avere tenerezza con gli anziani».

Riprendendo il tema della Messa crismale del Giovedì Santo e della lettera resa pubblica il 18 aprile scorso ai vescovi argentini, il Pontefice ha insistito sulla gioia, che è una caratteristica necessaria di sacerdoti che esercitano «in letizia e carità sincera l’opera sacerdotale di Cristo, unicamente intenti a piacere a Dio e non a voi stessi», e sulla necessità di evitare ogni autoreferenzialità, clericalismo e burocratismo.
«Siete Pastori, non funzionari. Siete mediatori, non intermediari». «Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore - ha concluso Francesco - che non è venuto per essere servito, ma per servire, e per cercare di salvare ciò che era perduto».

Il riferimento al Buon Pastore, che ha concluso l'omelia della cerimonia delle ordinazioni, è stato il punto di partenza del successivo Regina Coeli di Papa Francesco.
I fedeli lo hanno sentito nel Vangelo della domenica: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,27-30). «In questi quattro versetti - commenta il Pontefice - c’è tutto il messaggio di Gesù, c’è il nucleo centrale del suo Vangelo: Lui ci chiama a partecipare alla sua relazione con il Padre, e questa è la vita eterna».

La relazione principale, da cui tutto scaturisce, è quella fra Gesù e il Padre. «Gesù vuole stabilire con i suoi amici una relazione che sia il riflesso di quella che Lui stesso ha con il Padre: una relazione di reciproca appartenenza nella fiducia piena, nell’intima comunione». Proprio a questa relazione con il Padre si riferisce l'immagine del pastore e delle pecore, in cui l'elemento decisivo è la voce dello stesso pastore: «lui le chiama ed esse riconoscono la sua voce, rispondono al suo richiamo e lo seguono. È bellissima questa parabola! Il mistero della voce è suggestivo: pensiamo che fin dal grembo di nostra madre impariamo a riconoscere la sua voce e quella del papà; dal tono di una voce percepiamo l’amore o il disprezzo, l’affetto o la freddezza. La voce di Gesù è unica! Se impariamo a distinguerla, Egli ci guida sulla via della vita, una via che oltrepassa anche l’abisso della morte».

Un'altra espressione dei quattro versetti di Giovanni è stata al centro del commento del Pontefice: «Il Padre mio, che me le ha date…» (Gv 10,29). Qui, afferma Papa Francesco, «c'è un mistero profondo, non facile da comprendere: se io mi sento attratto da Gesù, se la sua voce riscalda il mio cuore, è grazie a Dio Padre, che ha messo dentro di me il desiderio dell’amore, della verità, della vita, della bellezza…». Se Gesù mi attrae, è perché dentro di me c'è già «qualcosa» che il Padre ha deposto nel mio cuore.

Questo ci aiuta a capire anche «il mistero della vocazione, specialmente delle chiamate ad una speciale consacrazione», oggetto della Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni celebrata il 21 aprile.
«A volte - ha detto il Papa - Gesù ci chiama, ci invita a seguirlo, ma forse succede che non ci rendiamo conto che è Lui». E ai tanti giovani presenti in Piazza San Pietro il Pontefice ha chiesto: «qualche volta avete sentito la voce del Signore che attraverso un desiderio, un’inquietudine, vi invitava a seguirlo più da vicino? L’avete sentito? Non sento? Ecco… Avete avuto voglia di essere apostoli di Gesù? La giovinezza bisogna metterla in gioco per i grandi ideali. Pensate questo voi? Siete d’accordo? Domanda a Gesù che cosa vuole da te e sii coraggioso! Sii coraggiosa! Domandaglielo!».

La vocazione nasce sempre dalla preghiera. «Dietro e prima di ogni vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata, c’è sempre la preghiera forte e intensa di qualcuno: di una nonna, di un nonno, di una madre, di un padre, di una comunità… ». Dunque, «le vocazioni nascono nella preghiera e dalla preghiera; e solo nella preghiera possono perseverare e portare frutto».