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CENTRODESTRA

Presto nuove fughe. Ncd è a rischio d'estinzione

Le dimissioni da coordinatore nazionale del Nuovo centrodestra di Gaetano Quagliariello hanno aperto una riflessione molto profonda nel partito di Alfano. Sullo sfondo c’è il ddl Cirinnà e la prova di forza del governo sulla maggioranza. Il partito è profondamente diviso e si profila minaccioso il rischio estinzione.

Politica 16_10_2015
Nicola Quagliariello

Le dimissioni da coordinatore nazionale del Nuovo centrodestra di Gaetano Quagliariello hanno aperto una riflessione molto profonda nel partito di Alfano, nato, lo ricordiamo, da una scissione all’interno di Forza Italia. Quagliariello ha posto da tempo il problema della linea politica, che secondo lui sarebbe troppo appiattita sulle posizioni renziane. 

A scatenare i malumori tra i centristi l’atteggiamento deciso del premier in materia di disegno di legge Cirinnà sui diritti civili. Scavalcando il dibattito in commissione e portando in aula il provvedimento con l’appoggio di Sel, Movimento Cinque Stelle e transfughi vari, Renzi conta di farlo approvare in tempi relativamente brevi. Così facendo, però, Palazzo Chigi rischia di creare una frattura nella maggioranza, visto che il disagio di numerosi cattolici, soprattutto in Area popolare, ma anche nel Pd, si è manifestato in modo netto, in particolare in materia di adozioni alle coppie gay. Dal punto di vista politico, però, occorre leggere tra le righe e provare a scrutare gli orizzonti futuri, tutt’altro che nitidi. 

É innegabile che dentro il partito di Alfano ci siano sensibilità diverse: c’è chi, ricordando di chiamarsi “nuovo centrodestra”, vorrebbe uscire dal governo (è la posizione di Quagliariello e di una decina di deputati e senatori) e provare a costruire un’area neocentrista con Fitto, Tosi, Mauro e altri ex di Forza Italia, nel tentativo di creare un cuscinetto tra il Pd renziano e un centrodestra sempre più a trazione leghista. Ci sono invece posizioni ben più filogovernative, come quella del ministro Beatrice Lorenzin, che non nasconde la sua piena sintonia con le politiche di questo governo e non ha alcuna intenzione di tornare con Berlusconi e Salvini. In mezzo, tante sfumature, come quella di Fabrizio Cicchitto, che auspica un confronto interno per individuare una linea unitaria che eviti la dissoluzione di un partito già esiguo in termini numerici (gli ultimi sondaggi lo danno al 2%).

Il disegno di Renzi è quello di svuotare Area popolare, attraendo nell’orbita Pd gran parte dei suoi esponenti, onde evitare che cedano alle sirene di Berlusconi e Salvini. Appare evidente che questo disegno del premier può riuscire nella misura in cui Alfano, Lupi e altri rappresentanti di primo piano del Nuovo centrodestra non riuscissero a marcare una distanza dal governo sui temi etici. Il motivo di fondo che può spingere oggi un elettore a votare per il Nuovo centrodestra anziché per il Pd o per Forza Italia è quello della difesa della famiglia naturale e della ferma opposizione all’ipotesi di reversibilità delle pensioni e di adozione dei figli per le coppie omosessuali. Se anche su questi temi il Nuovo centrodestra dovesse cedere alle forze laiciste e avallare provvedimenti legislativi potenzialmente in grado di aprire la strada all’utero in affitto, la ragione identitaria di quel partito evaporerebbe e resterebbero soltanto le ambizioni personali di qualcuno dei suoi leader.

C’è chi insinua che Quagliariello possa essersi dimesso da coordinatore e aver preso le distanze da Alfano soltanto perché Renzi si sarebbe opposto al suo ingresso nel governo. A prescindere dalla veridicità di tale sospetto, la necessità di chiarire al più presto la linea politica di Ncd appare inderogabile. Renzi ha condotto in porto la votazione più difficile sulla riforma del Senato, per la quale ora il cammino è decisamente in discesa. Si accinge a varare una legge di stabilità ricca di provvedimenti assai graditi all’elettorato moderato, come l’abolizione delle tasse sulla prima casa, e quindi in grado di raccogliere voti in Parlamento anche nelle file dell’opposizione. Inoltre, ha il coltello dalla parte del manico nei confronti del partito di Alfano, perché può usare con lui l’arma di ricatto dell’Italicum. 

Se la legge elettorale, infatti, non dovesse essere modificata, e quindi se restasse il premio di maggioranza al primo partito, l’unica speranza per il ministro dell’Interno di rientrare in Parlamento sarebbe quella di superare la soglia di sbarramento del 3%. Se invece, con una modifica, venisse introdotto il premio alla coalizione, Area popolare sarebbe comunque chiamata a scegliere tra un’alleanza con il Pd o una ritrovata intesa con un centrodestra post-berlusconiano. Infine, sul Nuovo centrodestra pende anche un’altra spada di Damocle, quella dell’irrilevanza numerica: da quando il governo può contare, sia pure a fasi alterne, sulla ritrovata compattezza nel Pd e, soprattutto, sull’appoggio dei verdiniani, il peso specifico dei voti dei parlamentari alfaniani si è ridotto e, su alcuni temi, potrebbe anche azzerarsi.