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LA FEDE EROICA

Presto beati i genitori di Giovanni Paolo II

Karol ed Emilia trasmisero ai figli la fede, insegnarono la preghiera, li ammaestrarono nella dedizione e nella carità, esemplificarono la virtù fino al suo esercizio eroico, di un eroismo quotidiano fatto di gesti che non riempiono i giornali o i libri ma che ci hanno dato un medico che ha dato la vita per una malata a perfetta imitazione di Cristo e un santo Pontefice dal magistero ricchissimo e modello della fede.

Ecclesia 25_03_2020

I genitori di Karol Wojtyła (1920-2005), Papa san Giovanni Paolo II, sono sulla via della beatificazione, un grande dono alla Chiesa e all’umanità. L’11 marzo, mons. Marek Jędraszewski, arcivescovo metropolita di Cracovia, ha annunciato l’apertura del processo di canonizzazione di Karol Wojtyla (1879-1941), il papà omonimo del Pontefice, e della moglie, Emilia Kaczorowska (1884-1929), dopo che in ottobre era giunto il parere positivo della Conferenza episcopale polacca e quindi l’approvazione della Congregazione delle Cause dei Santi.

Sposatisi il 10 febbraio 1906 a Cracovia, Karol ed Emilia ebbero tre figli: Edmund nel 1906, Olga nel 1916 (che morì poco dopo la nascita) e Karol junior (il futuro Papa) nel 1920. Edmund (1906-1929), ricorda il giornalista polacco Wlodzimierz Redzioch, fu medico, di quelli che si spendono totalmente per gli ammalati, un argomento oggi tornato prepotentemente alla ribalta. Dopo gli studi di Medicina nell’Università Jagellonica di Cracovia e la tesi di dottorato nel 1930, il giovane dottore operò in un ospedale pediatrico della stessa Cracovia e poi, dal 1931, nell’ospedale di Bielsko, dove, l’anno dopo, divenne responsabile del reparto di malattie infettive. Un dì nel nosocomio giunse una ragazza affetta da scarlattina, morbo cui oggi facciamo poca attenzione perché il nostro organismo ha imparato a conviverci, ma di per sé altamente contagioso. Prima della scoperta degli antibiotici (la penicillina, causalmente, nel 1928) e della loro immissione sul mercato (a partire dal 1935) non di rado si moriva di gravi complicanze, tra cui polmonite, meningite, setticemia, encefalite, endocardite e febbre reumatica. Insomma, una specie di coronavirus dell’epoca, ovvero un male che si diffonde rapidamente e per cui non c’è cura (allora non c’era). Di fatti nessuno medico voleva avervi a che spartire e nessuno voleva avere a che fare con quella giovane malata. Nessuno tranne il dottor Wojtyła, che la accudì con cura e acribia, tanto da contrarre egli stesso il male. La giovane alla fine morì e così fu anche per Edmund in quello stesso 1932, a soli 26 anni. E questo ci riporta alla mamma e al papà di san Giovanni Paolo II.

Perché mai per loro è stato aperto il processo di canonizzazione? Cosa fecero di speciale? Niente, ovvero tutto. Furono una famiglia, una famiglia esemplare. Tanto esemplare da instillare nei figli Edmund e Karol junior l’amore indefesso per la vita e l’abnegazione per il prossimo anzitutto e soprattutto però per amore di Cristo. I ricordi che il santo Pontefice ci ha lasciato di loro fanno testo.

Emilia, tanto gracile quanto bella, se ne andò nel 1929, dopo 23 anni di matrimonio, lasciando a Karol senior, scomparso 12 anni dopo, il compito di allevare i figli. Lei era figlia di un sellaio lituano nata in Slesia e lui di un sarto. Iniziò anch’egli con il taglio e il cucito, ma poi si arruolò nell’esercito asburgico, facendo carriera da ufficiale. Karol ed Emilia si conobbero nella chiesa cattolica di Cracovia che entrambi frequentavano. Condussero una vita semplice, davvero familiare in tutti i sensi, non particolarmente agiata e non misera. Fu però una vita di fede, tutta costruita attorno a un matrimonio come un matrimonio dev’essere. Non una “leggenda bianca”, ma un’unione vera, sincera, vocazionale, tanto da imprimere ai figli un carattere non comune.

Karol ed Emilia trasmisero loro la fede, insegnarono la preghiera, li ammaestrarono nella dedizione e nella carità, esemplificarono la virtù fino al suo esercizio eroico, di un eroismo quotidiano fatto solo di piccole grandi cose che non riempiono i giornali o i libri ma che ci hanno dato un medico che ha dato la vita per una sorella a perfetta imitazione di Cristo e un santo Pontefice dal magistero ricchissimo e della fede modello. Piccoli gesti nascosti di una famiglia che nessuno conosce, ma bastevoli agli occhi del buon Dio.

Quando i coniugi Wojtyła saliranno alla gloria degli altari il mondo si rallegrerà per due altri patroni della famiglia e del matrimonio, come già è per i coniugi Martin, Louis (1823-1894) e Marie-Azélie Guérin (1831-1877), papà e mamma di Thérèse, santa Teresa di Lisieux (1873-1897), santi protettori della bellezza della famigli naturale e scudo celeste contro i violenti attacchi incrociati che la famiglia e il matrimonio subiscono ogni minuto che passa.