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Presentazione del Signore

La festa odierna, chiamata popolarmente Candelora, ebbe origine in Oriente con il nome greco di Hypapante, che significa «Incontro», intendendo l’incontro tra Gesù e Simeone. Il quale, prendendo il Divin Bambino tra le braccia, elevò il bellissimo "Nunc dimittis"

Santo del giorno 02_02_2020 Español

La festa della Presentazione del Signore chiude le celebrazioni natalizie e ricorda che Gesù, 40 giorni dopo la nascita, fu condotto al tempio da Maria e Giuseppe. Ciò avvenne sia per adempiere la Legge di Mosè sia soprattutto per l’incontro con il popolo dei credenti, simboleggiato dai profeti Simeone e Anna, che attendevano la salvezza promessa. Dopo che la salvezza portata dal Divin Bambino era già stata manifestata agli umili pastori d’Israele e poi ai pagani rappresentati dai Magi, il ricchissimo brano della Presentazione di Gesù al tempio (Lc 2, 22-39) prefigura il modo sofferente con cui si compirà la Redenzione.

La Passione del Figlio è preannunciata infatti nell’«anche a te» rivolto da Simeone a Maria: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima». Si scorge già qui il mistero di Cristo, anello di congiunzione tra l’Antica e la Nuova Alleanza, che realizzerà l’antica promessa di salvezza con il suo sacrificio sulla croce. Mentre i maschi primogeniti d’Israele, in ricordo della liberazione dall’Egitto, venivano offerti a Dio ma riscattati con un piccolo sacrificio (cfr. Es 13, 2-12; Lv 12, 1-8), Gesù, obbediente in tutto alla volontà del Padre, sarà l’unico Primogenito a non essere risparmiato, per offrire attraverso il suo sangue la vera liberazione dal peccato e dalla morte.

La profezia di Simeone, primo dei tradizionali «Sette dolori» inclusi nel culto alla Vergine Addolorata, esplicita allo stesso tempo la comunione della Madre con la sofferenza del Figlio, «servendo al mistero della redenzione in dipendenza da Lui e con Lui» (Lumen Gentium, 56). Questa verità è la base per la possibile definizione del titolo di Maria Corredentrice, che esprimerebbe la sua speciale cooperazione al mistero salvifico dell’unico Redentore, Gesù Cristo.

Va inoltre ricordato che prima della riforma liturgica del 1969 la festa era chiamata «Purificazione della Beata Vergine Maria», denominazione mantenuta nella forma straordinaria del rito romano, che mette in risalto la totale obbedienza di Maria alla Volontà divina (Lei, l’Immacolata e Tutta Santa, in cui non vi era nulla da purificare ma che da umile figlia d’Israele osservava la legge mosaica) fino all’offerta del suo amatissimo Gesù. I due titoli della celebrazione si illuminano perciò a vicenda e ricordano ancora una volta l’inestricabile legame tra i misteri del Figlio e della Madre.

La festa odierna, chiamata popolarmente Candelora, ebbe origine in Oriente con il nome greco di Hypapante, che significa «Incontro», intendendo l’incontro tra Simeone e Gesù. Il vecchio profeta prese Gesù Bambino tra le braccia e, con la grazia dello Spirito Santo, Lo riconobbe come il Messia atteso, elevando il suo bellissimo cantico: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da Te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».

In seguito la festa si diffuse in Occidente, dove sotto il pontificato di san Sergio I (687-701) fu istituita la più antica processione penitenziale romana, dalla chiesa di Sant’Adriano al Foro a Santa Maria Maggiore. Risale al X secolo la prima traccia del rito della benedizione delle candele (da cui il nome Candelora), simbolo di Cristo «luce per illuminare le genti», come Simeone chiamò il Divin Bambino che tutti siamo chiamati a prendere in braccio e accogliere nei nostri cuori, in attesa della ricompensa eterna.